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Il professor Ambrosini fa chiarezza sull’immigrazione: «Conoscere per superare i pregiudizi» (audio integrale)

Una vivace e documentata panoramica sullo stato dell’immigrazione in Italia. Una diversa prospettiva su una questione al centro delle cronache, offerta attraverso la lucida esposizione del prof. Maurizio Ambrosini -sociologo, docente presso l’Università di Milano, divulgatore e giornalista -, ospite di eccezione  dell’incontro organizzato da Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Acli, Masci, Volontariato Vincenziano e svoltosi nella serata di martedì 2 ottobre presso la Parrocchia dell’Annunciazione di Cassano d’Adda.

Molti i pregiudizi da sfatare e le errate informazioni da correggere in merito ai fenomeni migratori che interessano il nostro Paese. “Non consideriamo migrazione quella proveniente da Stati ricchi, né vi comprendiamo coloro che sono riscattati dall’eccellenza individuale come, per esempio, i calciatori . – ha esordito Ambrosini – Sono invece considerati immigrati coloro che rientrano nella duplice alterità di stranieri e di poveri”. “Le informazioni da Bar Sport  – ha proseguito – indicano che il fenomeno dell’immigrazione si troverebbe in drammatico aumento. I dati statistici, in verità, rivelano che l’immigrazione in questi anni si presenta come  stazionaria: circa 5 milioni e mezzo di immigrati regolari e circa 600.000 irregolari “.

Ascolta l’audio integrale dell’intervento

Da rivedere si mostrano anche le errate percezioni in merito alle caratteristiche sociali e culturali degli immigrati: “L’immigrazione in Italia, nel complesso, è prevalentemente di origine europea, femminile e di formazione cristiana – ha infatti  chiarito Ambrosini – L’immigrazione vista dalla gente comune è diversa dalla reale situazione. La percezione è che gli immigrati rappresentino il 25% della popolazione italiana, mentre assommano a poco più del 9%”.  Il fenomeno comunque esiste e va affrontato senza demonizzazioni; è così accaduto che “nel corso degli ultimi venticinque anni, i vari governi succedutisi in Italia con ben sette sanatorie abbiano regolarizzato  la posizione di molti immigrati irregolari. Un milione di arrivi sono stati regolarizzati dai governi di centro destra”.

Occorre poi procedere ad  ulteriori precisazioni. “I principali gruppi di immigrati presenti in Italia giungono da Romania, Albania, Marocco, Cina e Filippine: nazioni non ricche ma neanche ridotte alla fame.- rivelano i dati presentati dal docente  – Si tratta oltretutto di migranti poveri ma non poverissimi: l’emigrazione è infatti soprattutto un fenomeno della classe media, che si sente minacciata dalla situazione economica e politica del proprio Paese, temendo  l’impoverimento”.

“La gente comune nei confronti dell’immigrazione ha ansie e preoccupazioni spesso legate alla sicurezza, alla diminuzione della incolumità e delle certezze morali. – non ha inoltre esitato a precisare il professor Ambrosini – Nei sondaggi quasi sempre chi ha paura non conosce direttamente persone immigrate: le zone europee con pochi immigrati sono solitamente quelle che esprimono tanti voti elettorali a forze e partiti che sono contro le migrazioni”.

Una delle ricette possibili per evitare atteggiamenti prevenuti e ostili è quindi quella di “creare occasioni di scambio e relazione”. “Occorre scostarci da quello che i nostri occhi ci dicono – è stato il monito finale di Maurizio Ambrosini – ma per affrontare concretamente il fenomeno abbiamo anche bisogno di politici che sappiano ben governarlo: c’è necessità di saggi conservatori”. Variegato e intenso il dibattito suscitato, alla fine della corposa relazione, dal numeroso e interessato pubblico presente: una riprova di come l’argomento immigrazione sia vissuto con particolare intensità dalla quotidianità di ciascuno.

 




Quattro lampade per illuminare il cammino di S. Bernardo, Borgo, Zaist e Maristella

Una lampada, consegnata a ognuna delle quattro parrocchie della nuova unità pastorale, per illuminare il cammino da compiere, nella vita quotidiana di ogni comunità e nel legame di unità con la Chiesa diocesana. È questo il gesto che ha concluso la celebrazione di insediamento dei cinque sacerdoti di San Bernardo, Beata Vergine Lauretana e S. Genesio nel quartiere di Borgo Loreto, S. Francesco d’Assisi nel quartiere Zaist e Immacolata Concezione nel quartiere Maristella di Cremona.

Parroco delle prime due parrocchie – e moderatore dell’unità pastorale – è don Pietro Samarini, che assume anche l’incarico di vicario zonale della zona pastorale 3. Parroco delle altre due don Gianni Cavagnoli (già parroco dello Zaist).

Per loro un ingresso un po’ inusuale rispetto al solito. Non solo perché anziché una Messa, nella serata di sabato 28 settembre si è scelto di vivere una celebrazione della Parola. Ma soprattutto perché insieme a loro si sono ufficialmente insediati altri tre sacerdoti, condivisi da tutte e quattro le parrocchie: il vicario don Piergiorgio Tizzi e i collaboratori parrocchiali don Ottorino Baronio e don Antonio Agnelli.

Tutti loro, prima della celebrazione, hanno ricevuto il saluto dell’Amministrazione comunale di Cremona nelle parole dell’assessore Barbara Manfredini. Accanto a lei, in fascia tricolore, anche il primo cittadino di Spinadesco Roberto Lazzari.

Dopo che i due parroci – seguendo il rito proprio degli insediamenti – hanno asperso l’assemblea con l’acqua benedetta, un caloroso applauso ha dato loro il benvenuto. Un gesto più eloquente di tante parole e che ha sostituito il rituale saluto della parrocchia: così la piccola impasse nel trovare l’incaricato prescelto ha finito per offrire una sintesi neutrale di unità pastorale, senza alcuna preferenze tra parrocchie, che sono state comunque tutte egualmente rappresentate nelle letture della celebrazione.

Nell’omelia monsignor Napolioni ha voluto ricordare che è la vita di Dio a riempire di bellezza la vita umana prima di soffermarsi proprio sulla nuova «squadra» dei cinque sacerdoti. Quasi scherzando sulle formule giuridiche che definiscono il loro ruolo, ma con la certezza che per quattro parrocchie che insieme hanno circa 10mila abitanti è davvero una fortuna poter contare sulla presenza di un gruppo così consistente di preti, soprattutto nel confronto con altre regioni d’Italia. «Beati noi se cogliamo questa come una grande opportunità a crescere insieme. Io ve li do – ha affermato il Vescovo – nella misura in cui li aiuterete a camminare insieme». E ancora: «Non dividetevi e non divideteli! Chiedete loro di stare insieme, dialogare, pensare, capirsi e trovare le strade su cui poi ciascuno farà la sua parte con la propria comunità in un cammino di unità pastorale che nemmeno il vescovo sa con chiarezza come dovrà funzionare». E rivolto ai cinque sacerdoti ha affermato: «Vi chiedo di fare a gara di umiltà, di ascolto, di fiducia, di attenzione fraterna. Dio voglia che questo nuovo inizio del cammino di unità pastorale sia un cammino di famiglia presbiterale. Io so che lo desiderate!».

L’abbraccio di pace tra il Vescovo e i cinque sacerdoti e poi tra di loro è stato il successivo gesto significato, dopo la professione di fede da parte dei cinque sacerdoti. Per giungere quindi alla consegna di una lampada per ciascuna delle quattro parrocchie, che il Vescovo ha consegnato ai parroci e ai collaboratori, visto che ognuno di loro abiterà una una diversa comunità: don Samarini a San Bernardo, don Baronio a Borgo Loreto, don Cavagnoli allo Zaist e don Agnelli al Maristella, con il vicario don Tizzi che, pur risiedendo allo Zaist, sarà certamente il più facilitato nell’essere percepito come vicario “di tutti”.

Al Vescovo e ai cinque sacerdoti poi un regalo da parte della comunità: per alcuni una riproduzione dell’immagine della Madonna Lauretana, per altri quella della Madonna della Rosa, riprendendo due dei dipinti conservati nella chiesa di Borgo Loreto.

L’ultima parola è stata lasciata a don Pietro Samarini, in qualità di moderatore dell’unità pastorale. Il suo è stato il saluto rivolto ai nuovi parrocchiani, ma nello stesso tempo anche un “ben ritrovati” a quanti già aveva conosciuto negli anni da vicario a San Bernardo, dove ora ritorna da parroco. Lo sguardo però, più che al passato, è stato rivolto al futuro: al nuovo cammino da intraprendere, insieme.

Dopo le firme di rito sui verbali, l’accoglienza ai nuovi sacerdoti è proseguita in oratorio con un momento di festa. In attesa dell’appuntamento, all’indomani, nelle quattro chiese, per iniziare a tutti gli effetti il nuovo cammino.

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Biografia dei sacerdoti dell’unità pastorale

Parroco delle parrocchie di “S. Bernardo” e della “Beata Vergine Lauretana e S. Genesio” a Borgo Loreto, oltre che moderatore dell’unità pastorale costituita insieme alle parrocchie dello Zaist e del Maristella, è don Pietro Samarini. Classe 1956, originario di Genivolta, è stato ordinato il 20 giugno 1981. Ha iniziato il proprio ministero come vicario a Cremona, proprio nella parrocchia di S. Bernardo. Nel 1995 il trasferimento a Vescovato sempre come vicario. Nel 1995 è stato nominato parroco di Barzaniga e Mirabello Ciria. Dal 2004 era parroco di Spinadesco. Come vicario zonale della Zona pastorale 2 nel 2017 è stato amministratore parrocchiale di Soncino, Isengo, Melotta e Casaletto di Sopra. Mons. Napolioni l’ha scelto anche come nuovo vicario zonale per la Zona pastorale 3, quella della città di Cremona, prendendo il testimone da don Pierluigi Codazzi, diventato direttore della Caritas diocesana.

 

Don Giovanni Cavagnoli, già parroco di S. Francesco d’Assisi allo Zaist diventa parroco anche della parrocchia “Immacolata Concezione”  al Maristella. Classe 1950, originario di Trigolo, è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1974. Laureato in Liturgia a Roma, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Pomponesco, proseguendo poi, sempre come vicario, nella parrocchia di S. Imerio dal 1980 al 1991, anno in cui il vescovo Assi gli ha affidato la comunità di S. Bernardo come parroco. Nel 2000 il trasferimento, sempre come parroco, a Cristo Re, dove è rimasto per 16 anni. Incaricato per la Pastorale liturgica dal 1984, nel 1997 ha assunto la guida della sezione di Pastorale liturgica dell’Ufficio diocesano per il Culto divino. Inoltre, dal 1977, è insegnante in Seminario. Dal 2016 era parroco della comunità di S. Francesco d’Assisi, nel quartiere Zaist di Cremona. È anche direttore della Rivista Liturgica, l’importante pubblicazione delle Edizioni Camaldoli.

 

Vicario delle quattro parrocchie dell’unità pastorale è don Piergiorgio Tizzi. Classe 1978, originario di Sabbioneta, è stato ordinato il 21 giugno 2003. Ha iniziato il proprio ministero come vicario a Caravaggio. Dal 2009 era vicario delle parrocchie di Viadana (S. Maria Assunta e S. Cristoforo – S. Maria Annunciata – Santi Martino e Nicola e S. Pietro Apostolo) e dal 2015 anche di quella della parrocchia di Buzzoletto.

 

Collaboratore parrocchiale delle quattro parrocchie dell’unità pastorale è don Ottorino Baronio. Classe 1963, originario di Cremona (Cristo Re), è stato ordinato il 20 giugno 1987. Ha iniziato il proprio ministero come vicario a Bozzolo; nel 1995 il trasferimento a Viadana S. PIetro, sempre come vicario. Nel 2000 è stato nominato parroco di Motta Baluffi e Solarolo Monasterolo. Dal 2007 era parroco di Vicomoscano, Quattrocase, Fossa Caprara, Casalbellotto.

 

Collaboratore parrocchiale delle quattro parrocchie dell’unità pastorale è don Antonio Agnelli. Classe 1957, è stato ordinato il 19 giugno 1982 mentre risiedeva nella parrocchia di Scandolara Ripa d’Oglio. Ha iniziato il proprio ministero come vicario alla Beata Vergine di Caravaggio in Cremona; nel 1983 il trasferimento a Casalbuttano sempre come vicario. Dal 1995 al 2004 è stato parroco di Dosimo e Quistro e dal 2004 al 2017 di Corte de’ Frati. Dal 2016 è assistente spirituale delle Acli cremonesi. Dal 2017 era collaboratore parrocchiale di S. Bernardo in Cremona. È laureato in Teologia dogmatica.




Sabato a Fiesco l’ingresso del nuovo parroco don Marino Dalè

La comunità di Fiesco attende e si prepara all’ingresso del nuovo parroco designato dal vescovo Antonio Napolioni. Si tratta di don Marino Dalè, classe 1969, ordinato sacerdote nel 1996. Oltre agli incarichi come vicario prima e parroco poi, è stato anche insegnante. A Fiesco si avvicenderà a don Angelo Rossi, che ne è stato parroco negli ultimi dieci anni.

Per accogliere il nuovo pastore, la comunità di Fiesco ha programmato un triduo di preparazione che avrà inizio mercoledì 25 settembre (ore 20.30) con l’adorazione eucaristica guidata da don Gianluca Gaiardi sul tema “Il Sacerdote ministro dell’Eucaristia”. Giovedì 26 settembre sarà presente don Gianpaolo Maccagni che, durante la Messa delle 20.30, dedicherà l’omelia a “Il Sacerdote pastore della comunità”. Venerdì 27 settembre, invece, i ragazzi saranno protagonisti della preghiera pomeridiana (ore 17), mentre la sera è prevista la celebrazione penitenziale guidata da don Davide Osio che offrirà una riflessione su “Il Sacerdote segno della misericordia di Dio”.

L’ingresso di don Marino Dalè è previsto per sabato 28 settembre alle 16, durante la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Per l’occasione, la parrocchia di San Procopio avrà i colori dell’accoglienza, della gioia e della festa. Dopo la celebrazione la comunità potrà incontrare il suo nuovo pastore in un momento conviviale.

 

Biografia di don Dalè

Nato a Brescia il 25 aprile del 1969, perito elettrotecnico presso l’ITIS di Cremona, don Marino Dalè è entrato in Seminario, per diventarne sacerdote nel 1996. Ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale a Fornovo San Giovanni e insegnante presso la scuola casearia di Pandino; nel 2001 il trasferimento a Cremona, come vicario di S. Ilario. Dal 2002 al 2006 ha prestato servizio a Cassano d’Adda come incaricato per la pastorale scolastica e vicario della parrocchia dell’Annunciazione. Dal 2006 era parroco di Gombito e San Latino, e dal 2017 anche parroco di Formigara e Cornaleto. Dal 2018 è cappellano dell’Ordine di Malta.

 

Saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici di Fiesco,

è usanza scrivere qualche riga per presentarsi alla nuova parrocchia che si è chiamati a guidare. La tentazione può essere quella di scrivere qualcosa di tanto fumoso, entusiastico, dolciastro, quanto inutile. Uso quindi un linguaggio semplice e immediato come ci ha abituato anche papa Francesco. Vengo a voi dopo tredici anni di vita parrocchiale a Gombito e San Latino a cui, negli ultimi due anni, si erano aggiunti anche Formigara e Cornaleto. A queste parrocchie erano preceduti altri incarichi negli oratori e nelle scuole. Il mio bagaglio di esperienza mi ha segnato, maturato e lo porto nel cuore, non lo potrò certo dimenticare; non sarebbe giusto e nemmeno possibile. Un padre non dimentica i primi figli quando se ne aggiungono degli altri, li rende semplicemente partecipi di una storia, di una avventura che continua arricchendosi. Ho cinquant’anni. Qualcuno si è detto sorpreso del fatto che vengo in un paese che ha meno abitanti delle mie parrocchie precedenti, ma sono persuaso che la vita di un prete e ancor più delle parrocchie non dipende dal numero degli abitanti, ma da tanti altri fattori mossi in gran parte dalla provvidenza di Dio. Inoltre la vita talvolta ci impone scelte che sembrano irrituali o umilianti, ma occorre avere “fede e fiducia in Dio sempre” come ripeteva San Giovanni Bosco, ben conosciuto a Fiesco in ragione della presenza salesiana alla Badia. Mi rendo conto che fare il parroco oggi è impresa ardua, il mondo cambia velocemente e con esso anche le esigenze religiose e spirituali connesse a tale ministero.

In questo mutare e cambiare vedo comunque più opportunità che ostacoli che pure non mancheranno. Un antico proverbio ci ricorda che “quando si alza il vento qualcuno costruisce muri, altri costruiscono i mulini a vento”.

Mi piacerebbe fare così insieme a voi nella speranza di non trovarmi troppe volte a lottare invece, contro i mulini a vento. Per essere sinceri conosco poco la vostra, anzi la “nostra” parrocchia, se non per sentito dire. Programmi non ne ho e non saprei nemmeno come elaborarne uno, avendo sempre ritenuto temerari e presuntuosi tutti coloro che, nella storia, hanno preteso, o pretendono, di imbrigliare il lavoro dello Spirito Santo e la libera risposta dell’uomo entro schemi precostituiti. Infatti nella quasi totalità i vari programmi e riassetti sono falliti, falliscono e falliranno miseramente. Ciò che fiorisce è ciò che viene da Dio, ciò che è eterno, ciò che è sicuro perché fondato sulla parola di Dio, sull’insegnamento di Gesù Cristo e sulla Grazia che viene comunicata nella Chiesa attraverso i sacramenti e non sulle manie degli uomini. Sarebbe bello che al termine di questa mia esperienza, che mi auguro lunga, si potesse dire che, insieme, abbiamo lasciato il mondo migliore di come lo abbiamo trovato e che le nostre anime si sono indirizzate al paradiso di cui sentiamo poco parlare ma che ci attende come orizzonte ultimo e sicuro al termine della nostra vita. Per tutto il resto penso che si tratti di guardare al futuro con occhi limpidi e realistici e attingere alla grande tradizione della Chiesa che vede nello scorrere del tempo la mano di Dio che accompagna gli uomini e che noi chiamiamo più semplicemente “provvidenza”. Grazie della vostra accoglienza.

Non vedo l’ora di condividere con voi il tempo che il Signore ci donerà, poiché non c’è nulla di più prezioso del tempo perché è il prezzo dell’eternità.

Che il Signore ci benedica e la Madonna della misericordia ci custodisca.

Don Marino Dalè




Don Marino Dalé si presenta alla comunità di Fiesco

Nel pomeriggio di sabato 28 settembre ha fatto il suo ingresso come nuovo parroco don Marino Dalé nella parrocchia di San Procopio martire di Fiesco, una comunità piccola ma molto viva e unita.

Dall’oratorio antistante la chiesa parrocchiale è uscita la processione che si è fermata sul sagrato della chiesa per l’accoglienza del sindaco di Fiesco che ha salutato il nuovo presbitero con parole piene di speranza.

Il saluto del sindaco

Il canto del coro parrocchiale ha accolto in chiesa la processione formata dai chierichetti e dai presbiteri giunti per l’occasione: a presiedere la celebrazione eucaristica mons. Antonio Napolioni, concelebrata dal nuovo parroco insieme a don Giambattista Piacentini, vicario della Zona 2.

Al termine del saluto della comunità parrocchiale per bocca di un suo rappresentante, durante il quale si è espressa la gratitudine per l’arrivo del nuovo pastore, è stato donato un orologio a don Dalè: «segno del trascorrere del tempo, auspicio di un tempo fecondo da trascorrere insieme».

Il saluto della comunità

Nella sua omelia il Vescovo di Cremona ha ricordato come «anche il prete, che noi consideriamo un professionista delle cose di Dio, è un uomo di Dio battezzato chiamato alla santità: don Marino, fra poco, farà la sua professione di fede davanti a noi alla quale noi ci uniremo perché abbiamo bisogno di chi osa credere non solo insieme a noi ma anche davanti a noi». Infatti mons. Napolioni ha poi proseguito evidenziando come «ci accorgiamo che abbiamo bisogno di andare oltre le singole attività della parrocchia per riscoprire l’esperienza di fede più profonda anche con l’aiuto dei nostri parroci».

L’omelia di mons. Napolioni

Al termine della celebrazione eucaristica l’intervento di don Marino nel quale presentandosi ha salutato la comunità che è chiamato a guidare prendendo a simbolo quattro luoghi: «Il primo luogo è la chiesa parrocchiale: non abbiatene paura, frequentatela quotidianamente poiché custodisce il tesoro più grande che è l’eucarestia. Il secondo è la casa parrocchiale che non è una tana, ma sarà aperta a tutti per un caffè e l’ascolto. Poi c’è l’oratorio che la tradizione ci ha dato per i giovani, viviamolo! Infine il quarto punto sono le strade del paese, simbolo del cammino che abbiamo da percorrere insieme, salutandoci a vicenda e cercando di volerci un po’ bene, perché come dice il Papa siamo tutti un po’mendicanti di amore».

Il saluto di don Marino Dalé

Al termine della celebrazione eucaristica si è tenuto un felice momento conviviale presso l’oratorio parrocchiale, un’occasione conviviale per iniziare a fare conoscenza con don Marino all’inizio di questo nuovo cammino.

fotogallery

Matteo Lodigiani

 

Biografia di don Dalè

Nato a Brescia il 25 aprile del 1969, perito elettrotecnico presso l’ITIS di Cremona, don Marino Dalè è entrato in Seminario, per diventarne sacerdote nel 1996. Ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale a Fornovo San Giovanni e insegnante presso la scuola casearia di Pandino; nel 2001 il trasferimento a Cremona, come vicario di S. Ilario. Dal 2002 al 2006 ha prestato servizio a Cassano d’Adda come incaricato per la pastorale scolastica e vicario della parrocchia dell’Annunciazione. Dal 2006 era parroco di Gombito e San Latino, e dal 2017 anche parroco di Formigara e Cornaleto. Dal 2018 è cappellano dell’Ordine di Malta.

 

Saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici di Fiesco,

è usanza scrivere qualche riga per presentarsi alla nuova parrocchia che si è chiamati a guidare. La tentazione può essere quella di scrivere qualcosa di tanto fumoso, entusiastico, dolciastro, quanto inutile. Uso quindi un linguaggio semplice e immediato come ci ha abituato anche papa Francesco. Vengo a voi dopo tredici anni di vita parrocchiale a Gombito e San Latino a cui, negli ultimi due anni, si erano aggiunti anche Formigara e Cornaleto. A queste parrocchie erano preceduti altri incarichi negli oratori e nelle scuole. Il mio bagaglio di esperienza mi ha segnato, maturato e lo porto nel cuore, non lo potrò certo dimenticare; non sarebbe giusto e nemmeno possibile. Un padre non dimentica i primi figli quando se ne aggiungono degli altri, li rende semplicemente partecipi di una storia, di una avventura che continua arricchendosi. Ho cinquant’anni. Qualcuno si è detto sorpreso del fatto che vengo in un paese che ha meno abitanti delle mie parrocchie precedenti, ma sono persuaso che la vita di un prete e ancor più delle parrocchie non dipende dal numero degli abitanti, ma da tanti altri fattori mossi in gran parte dalla provvidenza di Dio. Inoltre la vita talvolta ci impone scelte che sembrano irrituali o umilianti, ma occorre avere “fede e fiducia in Dio sempre” come ripeteva San Giovanni Bosco, ben conosciuto a Fiesco in ragione della presenza salesiana alla Badia. Mi rendo conto che fare il parroco oggi è impresa ardua, il mondo cambia velocemente e con esso anche le esigenze religiose e spirituali connesse a tale ministero.

In questo mutare e cambiare vedo comunque più opportunità che ostacoli che pure non mancheranno. Un antico proverbio ci ricorda che “quando si alza il vento qualcuno costruisce muri, altri costruiscono i mulini a vento”.

Mi piacerebbe fare così insieme a voi nella speranza di non trovarmi troppe volte a lottare invece, contro i mulini a vento. Per essere sinceri conosco poco la vostra, anzi la “nostra” parrocchia, se non per sentito dire. Programmi non ne ho e non saprei nemmeno come elaborarne uno, avendo sempre ritenuto temerari e presuntuosi tutti coloro che, nella storia, hanno preteso, o pretendono, di imbrigliare il lavoro dello Spirito Santo e la libera risposta dell’uomo entro schemi precostituiti. Infatti nella quasi totalità i vari programmi e riassetti sono falliti, falliscono e falliranno miseramente. Ciò che fiorisce è ciò che viene da Dio, ciò che è eterno, ciò che è sicuro perché fondato sulla parola di Dio, sull’insegnamento di Gesù Cristo e sulla Grazia che viene comunicata nella Chiesa attraverso i sacramenti e non sulle manie degli uomini. Sarebbe bello che al termine di questa mia esperienza, che mi auguro lunga, si potesse dire che, insieme, abbiamo lasciato il mondo migliore di come lo abbiamo trovato e che le nostre anime si sono indirizzate al paradiso di cui sentiamo poco parlare ma che ci attende come orizzonte ultimo e sicuro al termine della nostra vita. Per tutto il resto penso che si tratti di guardare al futuro con occhi limpidi e realistici e attingere alla grande tradizione della Chiesa che vede nello scorrere del tempo la mano di Dio che accompagna gli uomini e che noi chiamiamo più semplicemente “provvidenza”. Grazie della vostra accoglienza.

Non vedo l’ora di condividere con voi il tempo che il Signore ci donerà, poiché non c’è nulla di più prezioso del tempo perché è il prezzo dell’eternità.

Che il Signore ci benedica e la Madonna della misericordia ci custodisca.

Don Marino Dalè




Domenica alle 18 in Duomo Messa in suffragio di mons. Boccazzi

Domenica 29 settembre alle 18 in Cattedrale, con l’Eucaristia presieduta da don Giosuè Regonesi, sarà ricordato – in occasione del 40esimo della morte – mons. Carlo Boccazzi, sacerdote originario di Viadana, personaggio di spicco della vita religiosa cremonese soprattutto durante il Ventennio fascista quando, per volontà dell’arcivescovo mons. Giovanni Cazzani, divenne intelligente interlocutore tra la Chiesa cremonese e i gerarchi fascisti.

“L’ultima settimana di aprile 1945 – scriveva mons. Carlo Pedretti nel volume dedicato proprio alla figura di mons. Boccazzi – fu “cruciale” per mons. Carlo Boccazzi, parroco della Cattedrale di Cremona, docente di teologia dogmatica nei Corsi riuniti, ospiti desiderati nel Collegio “Sacro Cuore” delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Nei primi mesi del ’45, l’arcivescovo Cazzani li aveva richiamati, da tutta la diocesi, in questo istituto educativo, per non perdere un anno di studi: aperto con pericolo fisico, ma con viva speranza di molti. Anche la mamma di mons. Boccazzi, nel suo buonsenso mantovano, diceva: «Per mal che vada, il mio don Carlo le calze rosse le ha per sempre». Alludeva al rischio politico, più che a quello fisico. La piccola cronaca di quei giorni (25 aprile-1 maggio) lo vide preoccupato in casa canonica: eppure, bastava percorrere la vicinissima via Cistello: ma il bravo e caro rettore mons. Virginio Dondeo, prefetto degli studi, giustamente gli impose di non uscire di casa: qualche malintenzionato poteva offenderlo pubblicamente. Egli ricomparve, tutto rivestito del rosso canonicale, al funerale cittadino dei fratelli Di Dio, capi partigiani della Repubblica della Val Toce”.

Classe 1901, originario della parrocchia di Castello in Viadana, è stato ordinato sacerdote nel 1924. Segretario del vescovo Cazzani dal 1926. Nel 1932 è stato nominato canonico e parroco della Cattedrale, incarico che ha ricoperto sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1979 .presso la clinica Ancelle della Carità.




A Romanengo visite guidate alla Chiesa Parrocchiale e alla Chiesa di Santa Maria della Misericordia

Domenica 29 settembre a Romanengo si svolgerà la quarta edizione della festa medievale “Castrum Rumenengi, arte e mestieri”, che vedrà la partecipazione attiva anche della parrocchia. Durante la manifestazione, organizzata dalla Proloco in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del comune di Romanengo e con l’associazione “Castrum Soncini”, sarà infatti possibile effettuare delle visite guidate alla Chiesa Parrocchiale e alla Chiesa di Santa Maria della Misericordia (solo esterno).

Il Tour proposto comprenderà la spiegazione della Rocca, della chiesa parrocchiale e della Chiesa di santa Maria della Misericordia, e avrà la durata di un’ora. I visitatori saranno accompagnati nella visita da alcuni ragazzi dell’oratorio, che si sono messi a disposizione per fare conoscere le ricchezze del territorio.

Durante la giornata, sarà inoltre possibile iscriversi alla commissione del consiglio pastorale parrocchiale che si occuperà della valorizzazione storica e artistica della chiesa di Santa Maria della Misericordia.

Gli orari in cui si effettueranno le visite sono: 11.30,14.30, 15.30, 17.00

Non è necessaria la prenotazione.

La Chiesa Parrocchiale

La chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Giovanni Battista e Biagio, fu costruita tra il 1807 e il 1813, a seguito del crollo del precedente edificio sacro avvenuto durante il terremoto del 1802. La chiesa è stata progettata dall’architetto Faustino Rodi e consacrata dal vescovo di Cremona Omobono Offredi.

L’opera di maggiore pregio che conserva al suo interno è la pala raffigurante la Madonna con i santi Giovanni Battista, Biagio e Domenico di Gian Battista trotti detto il Malosso, datata 1576.

Degne di nota sono anche: la pala della deposizione con Carlo Borromeo di Andrea Mainardi detto il Chiaveghino del 1580, gli affreschi dei primi anni del XX sec. del Secchi e il pregevole organo Tamburini, dotato di circa 2500 canne.

In essa è inoltre presente la sede/trono utilizzata da san Giovanni Paolo II durante la Messa al santuario di Caravaggio nel 1992.

Chiesa di Santa Maria della Misericordia

La chiesa (ed il convento ad essa legato) venne fondata nel 1480, consacrata nel 1556 e gestita dai francescani osservanti. Nel 1798 il convento esistente venne soppresso e la chiesa venne chiusa. Nonostante questo, a seguito della distruzione della vecchia parrocchiale, l’edificio venne utilizzato come chiesa dal 1802 fino alla erezione della nuova. Durante i secoli, la chiesa subì pesanti trasformazioni e venne riaperta al culto nel 1924. In quell’occasione venne dedicata a san Luigi Gonzaga.

Attualmente versa in condizioni precarie, pertanto la parrocchia si sta mobilitando per il restauro.

 




Padre Borghesi a Casalmaggiore: noi Saveriani in prima linea per l’Amazzonia

Giovedì 26 settembre presso lauditorium Giovanni Paolo II, nella Parrocchia di Santo Stefano in Casalmaggiore, si è tenuto un incontro con il padre saveriano Giuseppe Borghesi, missionario in Amazzonia dal 1979, dal titolo “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per unecologia integrale.

A partire dalla sua biografia e dalla visione di Sinodo para a Amazonia(Verbo Filmes), p. Borghesi ha trasmesso alcune suggestioni per permettere ai presenti di capire cosa significhi vivere in Amazzonia, terra di cui si sente tristemente parlare per i numerosi incendi che la devastano ultimamente.

«A differenza di quanto dichiarato recentemente dal presidente del Brasile Bolsonaro -afferma il relatore- lAmazzonia non è del Brasile ma di nove nazioni confinanti tra cui anche il Brasile. Ma se pure fosse brasiliana al 100%, se le politiche del Brasile danneggiano le nazioni vicine o il mondo tutto, allora bisognerebbe intervenire. Grandi sono gli interessi economici. Il petrolio era nazionale adesso è stato privatizzato. E come il petrolio anche i minerali, di cui li paese è ricco, vengono venduti alle grandi multinazionali che occupano il paese».

Il relatore ha infatti descritto come le multinazionali straniere sfruttino la terra dellAmazzonia, ricca di nichel, oro, ferro, rame, pietre preziose. Minerali che nella maggior parte dei casi vengono venduti a paesi stranieri per alimentare le batterie dei devices occidentali, quali computer, smartphone, cellulari, tablet. Mentre la popolazione muore di fame, di malnutrizione e di malattie. Molti dei lavoratori utilizzati per lestrazione dei minerali, infatti, sono cooptati irregolarmente e subiscono la coercizione di dover pagare dei debiti contratti quasi senza rendersene conto.

Ad aumentare il grado di pericolosità della missione dei saveriani, è la continua denuncia di questo tipo si sfruttamento. Manodopera a basso costo o a costo zero, schiavitù, violenze, sono solo alcune delle conseguenze di una pessima gestione del Paese, che i missionari non si sottraggono dal condannare pubblicamente. A cui si aggiunge lesternalizzazione ad aziende straniere della costruzione di dighe, che chiudono i fiumi e bloccano le acque. «Ne hanno fatte molte e distruggono unenorme quantità di foreste. La gente che abitava là è dovuta andar via. Lo scopo di questo ennesimo intervento è usare lenergia per produrre elettricità da vendere ad altri stati. E anche nelle dighe c’è il lavoro schiavo».

Deforestazione, manomissione dei corsi dacqua con conseguente siccità, nonché avversità dovute ai cambiamenti climatici, sono alla base dei conflitti sorti in seno alle popolazioni ataviche che vivono in Amazzonia e che vivono lAmazzonia da secoli. «Gli Indios sono 3 milioni (ndr esiste una missione saveriana che lavora solo con loro). Loro hanno non solo la terra ma anche la loro cultura e la loro lingua. Una ricchezza enorme. Per loro la terra è madre. Gli alberi contengono gli spiriti. Cultura che viene dai loro antenati. Ma se la terra viene venduta ai latifondisti o se la foresta viene devastata, ad andare a fuoco non è solo una fetta di polmone del mondoma anche la cultura di un popolo sul rischio di scomparire per sempre».

I saveriani, ha raccontato in ultimo p. Borghesi, fanno il possibile, rischiando anche la loro vita,  per difendere le popolazioni inermi, denunciando soprusi e irregolarità. «Il latifondista che ha molta terra ha bisogno di molti lavoratori. Ma questi lavoratori vengono tratti in schiavitù, privi di un orario di lavoro dignitoso e di un salario sufficiente per vivere. Questa si chiama schiavitù. Noi abbiamo liberato in una retata 223 schiavi e in unaltra 180. Questo crea vari pericoli. Bisogna stare attenti. Come dice Cristo Siate puri come colombe ma astuti come serpenti”».

Ancora molto c’è da fare, a partire da tutti, a partire dal prendersi cura di questo pianeta, come sollecitato nellenciclica di papa Francesco Laudato sì. Perché la salvaguardia dellintero pianeta, a partire dallAmazzonia, dipende da tutti. Anche da noi.




Castagnaro a Pandino: «Perché l’Amazzonia riguarda la Chiesa e tutta l’umanità» (Video)

Perché la Chiesa cattolica si occupa di Amazzonia? Lo ha chiesto l’Azione Cattolica parrocchiale a Mauro Castagnaro, giornalista di Crema, profondo conoscitore delle problematiche sociali, ambientali e religiose dell’America Latina e collaboratore di importanti riviste missionarie. Castagnaro è stato il relatore di un incontro che giovedì sera si è tenuto in oratorio.

Al centro del suo intervento, il Sinodo sull’Amazzonia che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre prossimi sul tema “Amazzonia. Nuovi cammini per la chiesa e per un’ecologia integrale”. «Un sinodo –ha precisato – che intende affrontare i problemi di un territorio ma che avrà una portata universale. Un sinodo che parlerà anche di ecologia. Perché la Chiesa si deve occupare di questo tema? Perché se la fede cristiana vuole essere rilevante oggi, non può non interessarsi ai grandi problemi del mondo, che sono la distruzione dell’ambiente, le guerre e le disuguaglianze sociali».

L’intervista a Mauro Castagnaro

E perché si parla nello specifico di “Ecologia integrale”? Perché secondo Castagnaro non c’è possibilità di vita migliore per l’umanità senza un ambiente rispettato, ma non c’è un ambiente che si possa salvaguardare senza tenere conto delle persone che ci vivono.

La lettura di papa Francesco è quindi che tutto ciò che c’è nel pianeta è interdipendente e l’Amazzonia è un microcosmo in cui si concentrano le contraddizioni del mondo. Il relatore ha definito questa regione un unicum, un bioma. «Ci sono stati diversi sinodi –ha proseguito- ma mai uno che avesse come tema un bioma. In quello di ottobre il focus sarà su un tipo di ambiente».

Castagnaro ha poi parlato della preparazione del sinodo stesso, pensato dal pontefice ben prima che l’Amazzonia finisse nelle cronache dei tg e dei giornali per i fatti drammatici che l’hanno colpita nei mesi scorsi. Il primo passaggio è stato la pubblicazione dell’enciclica “Laudato si” ma fondamentale, per papa Bergoglio, è stato che nella fase preparatoria fosse sentita la base, cosa che è accaduta fra giugno 2018 e febbraio 2019.

Infine il giornalista cremasco ha toccato tre macro-temi che affronterà il sinodo. «Il primo tema – ha spiegato – è questo: come facciamo a rimanere passivi di fronte alla distruzione di questa regione? Il secondo riguarda le popolazioni indigene, gli ultimi degli ultimi. L’Amazzonia ci mostra la crisi di un modello di civiltà che produce devastazioni mentre le popolazioni indigene ci mostrano che un modo di vita equo laggiù è ancora possibile. Il terzo tema è una Chiesa dal volto amazzonico. Una Chiesa che deve vincere la sfida di come riuscire a mantenere l’unità della cattolicità riconoscendo le varie diversità al suo interno. Le questioni che verranno sollevate nel sinodo – ha concluso Castagnaro – sono questioni che riguardano tutta l’umanità. Amazzonia come punto principale, quindi, ma lo sguardo su questa terra ci toccherà da molto vicino, sia per la parte socio-ambientale sia per quella ecclesiale». Al termine, spazio agli interventi del pubblico in sala.

La relazione integrale del prof. Castagnaro




Per don Giuliano Vezzosi l’inizio del ministero a Castelverde è con il «noi»

Nella mattinata di domenica 22 settembre don Giuliano Vezzosi ha iniziato il proprio ministero di parroco delle cinque parrocchie del comune di Castelverde. Per lui, però, prima dell’accoglienza ufficiale da parte delle comunità di “S. Michele arcangelo” in Castelnuovo del Zappa, “S. Archelao martire” in Castelverde, “S. Abramo” in Costa S. Abramo, “S. Biagio vescovo” in Marzalengo e “S. Martino vescovo” in San Martino in Beliseto, a dargli il benvenuto sono stati gli ospite della Fondazione “Opera Pia SS. Redentore” di Castelverde.

Insieme al direttore Giovanni Falsina, al Consiglio d’amministrazione e ai dipendenti c’erano naturalmente gli ospiti della casa di riposo, radunati presso la Rsa, dove la signora Angiola, a nome di tutti, ha rivolto il saluto al nuovo parroco. Uno spaccato di quella che è la sua nuova famiglia, un passaggio di generazione che idealmente inizia dai vicini asilo nido “Ciribiricoccole” e scuola dell’infanzia “Monsignor Gardinali” per passare poi dall’oratorio sino all’ultima stagione in questa vera e propria “cittadella della carità”, come l’amava definire mons. Gardinali.

All’esterno dell’Opera Pia, mentre qualche goccia di pioggia faceva tenere con il fiato sospeso, tutte le realtà parrocchiali e del paese attendevano don Vezzosi per accompagnarlo in modo solenne verso la chiesa parrocchiale, sul cui sagrato, a sorpresa, il nuovo parroco ha trovato un gruppo di amici che con lui condivide la passione per la bicicletta.

Intanto la pioggia più consistente ha costretto a cambiare un po’ i programmi e a lasciare la parola al primo cittadino non all’esterno della chiesa, ma solo una volta che i concelebranti hanno raggiunto il presbitero della chiesa di S. Archelao. Il benvenuto da parte del sindaco Graziella Locci, che ha tratteggiato la bellezza di questo territorio, tra tradizioni differenti e grande voglia di mettersi in gioco.

 

Dopo la lettura del decreto di nomina di don Vezzosi da parte di don Paolo Arienti, l’incaricato diocesano per la Pastorale giovanile che da un anno risiede a Costa S. Abramo, don Vezzosi ha compiuto due gesti caratteristici del rito di insediamento di un nuovo parroco: l’aspersione dell’assemblea e l’incensazione dell’altare. Poi a prendere la parola è stato Matteo Morandi, che ha salutato il nuovo parroco a nome delle cinque comunità parrocchiali, in cammino in una unità pastorale costruita senza non poche difficoltà cercando di mettere insieme le tante differenze. In questo senso parole di stima e gratitudine sono state espresse anche per il vicario. Non è mancato il grazie al Vescovo per il dono di uno nuovo pastore, che dovrà essere «aggrappato al cielo, ma radicato in terra, ammaliato dalla verità» oltre che un amico: queste le aspettative.

Nell’omelia il Vescovo, prendendo spunto dalla seconda lettura (1 Tm 2,1-8), ha invitato anzitutto a cambiare la prospettiva con cui si guarda alla parrocchia, orientando lo sguardo al Signore. Con un riferimento al brano evangelico dell’amministratore disonesto (Lc 16,1-13), monsignor Napolioni in qualche modo ha messo in relazione la funzione di amministratore al ministero del parroco, mettendo in guardia da quell’atteggiamento egoistico che con termine di legge ha definito «appropriazione indebita». Da qui l’invito a cambiare la prospettiva con cui si guarda alla parrocchia, orientando lo sguardo al Signore, per passare così dal «mia» al «sua», per scoprire la vera essenza di una comunità da vivere nel «noi».

La celebrazione, animata con il canto dalla corale parrocchiale diretta dal maestro Giorgio Scolari e servita all’altare da un nutrito gruppo di ministranti (in entrambi i casi all’insegna dell’interparrocchialità) coordinati dal vicario don Enrico Ghisolfi, è stata concelebrata da diversi sacerdoti, tra i quali il collaboratore parrocchiale don Luciano Carrer.

Al termine della Messa il commosso saluto di don Vezzosi che, insieme ai tanti grazie, ha guardato con fiducia al nuovo incarico.

Quello del nuovo parroco è stato un discorso breve, sostenuto dall’affetto dei tanti che gremivano la chiesa. E tra loro naturalmente i familiari di don Vezzosi.

Dopo le firme sui verbali da parte del Vescovo, del nuovo parroco e di cinque testimoni (uno per comunità parrocchiale), la festa è continuata in oratorio dove don Vezzosi ha potuto salutare gli amici che l’hanno accompagnato a Castelverde (in particolare da San Bernardo) e iniziato a conoscere meglio i suoi nuovi parrocchiani.

 

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Biografia di don Vezzosi

Classe 1958, originario della parrocchia di S. Sigismondo in Cremona, don Giuliano Vezzosi è stato ordinato il 19 giugno 1982. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di S. Stefano in Casalmaggiore; nel 1987 il trasferimento a Sesto Cremonese sempre come vicario. Nel 1995 è stato nominato parroco di S. Marino, incarico al quale dal 2003 ha affiancato anche quello di amministratore parrocchiale di Gadesco e Pieve Delmona. Dal 1993 al 2003 è stato anche incaricato diocesano per le vocazioni.

Dal 2007 era parroco di S. Bernardo in Cremona. Ora mons. Napolioni gli ha affidato le cinque parrocchie del comune di Castelverde: prende il testimone da don Roberto Rota. Sarà affiancato dal vicario don Enrico Ghisolfi con il collaboratore parrocchiale Luciano Carrer e il diacono permanente Umberto Bertelle.

 

Saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Qualche giorno fa don Enrico mi ha chiesto di scrivere due righe di presentazione per il giornalino parrocchiale: accetto volentieri l’invito e colgo l’occasione per porgere un cordiale saluto a ognuno di voi e a tutte le comunità parrocchiali che insieme formano un’unica famiglia.

Devo riconoscere che questa esperienza pastorale per me è totalmente nuova: sia perché non ho mai avuto l’occasione di ‘custodire’ così tante comunità, sia perché l’ambito che si apre davanti è molto ricco e variegato.

Ho diversi ricordi di Castelverde risalenti agli anni Novanta del secolo scorso (così avete già compreso di quale età sono!), quando ero vicario a Sesto Cremonese e nell’allora Zona VI si collaborava per tante iniziative, animate da sacerdoti quali don Giuseppe Soldi, don Eugenio Mondini, don Giuseppe Piacentini, don Luigi Mantia, don Carlo Rodolfi. Sono ricordi che testimoniano un impegno bello e generoso e che ci fanno capire come sia importante anche oggi continuare a condividere esperienze che aiutino le persone a crescere nella vita cristiana.

La storia di oggi ci presenta nuove sfide, nuove realtà da affrontare: soprattutto ci chiede di riscoprire una comunione e una collaborazione nella formazione delle persone e nella condivisione dell’esperienza cristiana.

Per questo da parte mia sarà necessario conoscere bene ogni comunità e scoprire tesori e tradizioni che hanno fatto la vita cristiana di Costa Sant’Abramo, di Marzalengo, di San Martino in Beliseto, di Castelnuovo del Zappa e di Castelverde! E non posso dimenticare gli ospiti della Fondazione Opera Pia SS. Redentore.

Mi sa che ci vorrà davvero un po’ di tempo per conoscere bene luoghi, persone e situazioni.

Penso, però, che l’impegno più grande sarà quello di costruire insieme una comunità, una famiglia, che educhi i suoi figli a seguire il progetto che il Signore affida loro, a vivere quella Parola che ci viene offerta e che deve guidare la nostra vita e le nostre scelte. Un progetto che come Chiesa siamo chiamati a costruire con pazienza e dedizione.

Chiedo a voi un ricordo per me nella preghiera (e da parte mia mi impegno già da ora a ricordare ognuno di voi) perché lo Spirito Santo ci guidi a camminare sempre alla luce della Parola di Dio.

Un grazie particolare a don Roberto per il lavoro svolto in questi anni e un augurio per la nuova missione che gli è stata affidata; un grazie a don Enrico per aver accompagnato don Roberto e per aver gestito questo ‘scambio’ di parroci; a don Luciano per la sua attenzione agli anziani.

Un grazie anche a tutte le persone, uomini e donne, che con la loro dedizione e la loro disponibilità rendono viva la vita delle comunità.

Ancora un saluto e un arrivederci a presto.

don Giuliano




Domenica a Castelverde l’ingresso di don Giuliano Vezzosi

Continuano in diocesi gli insediamenti del nuovo parroci. Nella mattinata di domenica 22 settembre don Giuliano Vezzosi inizia il suo servizio nelle cinque parrocchie presenti sul territorio comunale di Castelverde: “S. Michele arcangelo” in Castelnuovo del Zappa, “S. Archelao martire” in Castelverde, “S. Abramo” in Costa S. Abramo, “S. Biagio vescovo” in Marzalengo e “S. Martino vescovo” in San Martino in Beliseto.

A preparare l’insediamento del nuovo parroco alcuni eventi diffusi sul territorio (ore 21). Primo appuntamento la sera di mercoledì 18 settembre con la celebrazione penitenziale a Costa S. Abramo. La sera seguente adorazione eucaristica nella chiesa di Castelnuovo del Zappa. Ulteriore appuntamento venerdì 20 settembre con la Messa a S. Martino in Beliseto: il vicario generale don Massimo Calvi aiuterà a riflettere sul ministero del sacerdote nelle comunità. Ultimo incontro quello riservato agli adolescenti e i giovani la sera di sabato 21 settembre.

L’accoglienza del nuovo parroco inizierà alle 9.30 incontrando gli ospiti della Fondazione “Opera Pia SS. Redentore” di Castelverde, struttura legata alla parrocchia e nella quale sono inseriti anche l’asilo nido “Ciribiricoccole” e la scuola dell’infanzia “Monsignor Gardinali” della onlus “Servizi per l’infanzia”.

Proprio dal cortile dell’Opera Pia qui prenderà le mosse il corteo che accompagnerà don Vezzosi verso la chiesa parrocchiale intitolata a S. Archelao. Qui alle 10, dopo il saluto del sindaco sul sagrato, avrà luogo la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni. Dopo la celebrazione momento di festa in oratorio, dove sarà offerto un rinfresco per tutti i presenti.

 

Biografia di don Vezzosi

Classe 1958, originario della parrocchia di S. Sigismondo in Cremona, don Giuliano Vezzosi è stato ordinato il 19 giugno 1982. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di S. Stefano in Casalmaggiore; nel 1987 il trasferimento a Sesto Cremonese sempre come vicario. Nel 1995 è stato nominato parroco di S. Marino, incarico al quale dal 2003 ha affiancato anche quello di amministratore parrocchiale di Gadesco e Pieve Delmona. Dal 1993 al 2003 è stato anche incaricato diocesano per le vocazioni.

Dal 2007 era parroco di S. Bernardo in Cremona. Ora mons. Napolioni gli ha affidato le cinque parrocchie del comune di Castelverde: prende il testimone da don Roberto Rota. Sarà affiancato dal vicario don Enrico Ghisolfi con il collaboratore parrocchiale Luciano Carrer e il diacono permanente Umberto Bertelle.

 

Saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Qualche giorno fa don Enrico mi ha chiesto di scrivere due righe di presentazione per il giornalino parrocchiale: accetto volentieri l’invito e colgo l’occasione per porgere un cordiale saluto a ognuno di voi e a tutte le comunità parrocchiali che insieme formano un’unica famiglia.

Devo riconoscere che questa esperienza pastorale per me è totalmente nuova: sia perché non ho mai avuto l’occasione di ‘custodire’ così tante comunità, sia perché l’ambito che si apre davanti è molto ricco e variegato.

Ho diversi ricordi di Castelverde risalenti agli anni Novanta del secolo scorso (così avete già compreso di quale età sono!), quando ero vicario a Sesto Cremonese e nell’allora Zona VI si collaborava per tante iniziative, animate da sacerdoti quali don Giuseppe Soldi, don Eugenio Mondini, don Giuseppe Piacentini, don Luigi Mantia, don Carlo Rodolfi. Sono ricordi che testimoniano un impegno bello e generoso e che ci fanno capire come sia importante anche oggi continuare a condividere esperienze che aiutino le persone a crescere nella vita cristiana.

La storia di oggi ci presenta nuove sfide, nuove realtà da affrontare: soprattutto ci chiede di riscoprire una comunione e una collaborazione nella formazione delle persone e nella condivisione dell’esperienza cristiana.

Per questo da parte mia sarà necessario conoscere bene ogni comunità e scoprire tesori e tradizioni che hanno fatto la vita cristiana di Costa Sant’Abramo, di Marzalengo, di San Martino in Beliseto, di Castelnuovo del Zappa e di Castelverde! E non posso dimenticare gli ospiti della Fondazione Opera Pia SS. Redentore.

Mi sa che ci vorrà davvero un po’ di tempo per conoscere bene luoghi, persone e situazioni.

Penso, però, che l’impegno più grande sarà quello di costruire insieme una comunità, una famiglia, che educhi i suoi figli a seguire il progetto che il Signore affida loro, a vivere quella Parola che ci viene offerta e che deve guidare la nostra vita e le nostre scelte. Un progetto che come Chiesa siamo chiamati a costruire con pazienza e dedizione.

Chiedo a voi un ricordo per me nella preghiera (e da parte mia mi impegno già da ora a ricordare ognuno di voi) perché lo Spirito Santo ci guidi a camminare sempre alla luce della Parola di Dio.

Un grazie particolare a don Roberto per il lavoro svolto in questi anni e un augurio per la nuova missione che gli è stata affidata; un grazie a don Enrico per aver accompagnato don Roberto e per aver gestito questo ‘scambio’ di parroci; a don Luciano per la sua attenzione agli anziani.

Un grazie anche a tutte le persone, uomini e donne, che con la loro dedizione e la loro disponibilità rendono viva la vita delle comunità.

Ancora un saluto e un arrivederci a presto.

don Giuliano