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«Di fronte alla morte un nuovo sguardo sulla relazione con Dio». Intervista a don Rubagotti, guarito dal Covid-19

“Per una didattica dell’essere Chiesa”. Oppure “Nuova evangelizzazione dai letti di ospedale”. O ancora “Come fare Pasqua guardando al Covid-19”. Sono solo alcuni dei titoli che si potrebbero attribuire a questa intervista-fiume al parroco di Casalmaggiore, don Claudio Rubagotti, da pochi giorni rientrato alla sua abituale dimora dopo tre settimane di ricovero perché positivo al virus.

Tra riferimenti biblici e conciliari, passando attraverso le memorie dei suoi compagni di viaggio in questa avventura che non esita a definire «del tutto nuova», don Rubagotti riflette sul suo rapporto con Dio e con la comunità, con uno sguardo esteso a quanto la Chiesa può e deve essere oggi, in questo tempo di sofferenza.

Si è Chiesa partendo dal singolo prete, come ama definirsi, che rivedendosi per la seconda volta di fronte alla morte, realizza i vuoti e i pieni della sua esistenza.

E lo fa partendo dalla Parola di Dio e in particolar modo dal libro sapienziale di Giobbe, sinonimo del giusto per eccellenza che, perseguitato e afflitto, non perde mai la fede in Dio e afferma, nel tempo del dolore, «io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero». Come a dire che il giusto e Dio si riconosceranno anche dopo aver percorso il buio del dubbio e della domanda: «Fammi sapere, perché mi sei avversario?». È il tema filosofico-teologico della teodicea, della giustificazione del male nel mondo nonostante la presenza di un Dio creatore buono.

«In questo tempo – riflette don Claudio – sospeso ho pensato che lo incontrerò da straniero. Lo straniero è colui che ha l’odore diverso dal tuo. Io e Dio, due odori diversi. Impegnato a far del bene, o almeno a provarci, stando in mezzo alla gente, ho trascurato il sole. Amo citare l’immagine di Ambrogio di Milano e Atanasio di Alessandria “La luna che vive di luce riflessa”. La Chiesa brilla finché guarda il suo Sole. A volte io mi sono dimenticato chi era la luna e chi il sole. In questi anni non ho acquisito l’intimità di avere il suo modo di guardare, il suo profumo. Il suo battito di cuore. Ho vissuto senza l’idea di abbandonarmi a Lui».

Il ricovero di don Claudio, avvenuto il 3 marzo scorso presso l’Ospedale Oglio-Po, è stato solo il punto di partenza in questa revisione del suo rapporto con Dio. Il clou è arrivato il 12 marzo, quando, in procinto di essere dimesso, ha visto la morte.

«Ho avuto un tracollo. E ho visto la morte. E come uomo di fede ho rivissuto il mio rapporto con Dio, mi sono posto davanti a Lui. Non era la prima volta. Già dodici anni fa mi era capitato. Eppure non è stato un tornare indietro, ma un affacciarmi nuovamente, adesso, davanti al medesimo mistero, che non è la morte, ma il mio stare davanti a Dio».

E scherza, come sempre ama fare, sul suo abituale disordine, con un proposito nei tempi grigi per il tempo a venire: «Mai più disordine, mai più scatoloni. E invece… Ho pensato a me, che mi sarei presentato a Lui “tra gli scatoloni” e ho compreso la grandezza di Dio e la mia pochezza».

E, citando Lettera ai Romani, dice: «Come scrive San Paolo, “io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Anche le omissioni sono male. Anche il non curare l’amore è male. Anche il non curare il tuo ordine è male».

E continua: «Il 12 marzo ho vissuto un momento forte, intenso, di sguardo reale sulla morte a colui che è Dio. Morire a Dio. Dio come il totalmente altro di fronte a me che sono una creatura».

Un secondo aspetto che don Rubagotti ha voluto affrontare è stata la sua umanità.

«Quando una persona è abituata a essere fonte di benedizione e la sua presenza è gradita o addirittura attesa, sia per il ministero che rappresenta che per il suo carattere socievole, riconoscersi ora come fonte di malattia, fonte di problemi, cambia la prospettiva su sé e sul mondo. Ci si mette in un’ottica mai considerata prima. Tu diventi protagonista di male. Ti percepisci come una persona che procura del male, oserei dire non più fonte di benedizione ma di maledizione. Questo ribalta la vita. L’uomo di fede è disposto a soffrire con gli altri, a condividere l’emergenza, ma non è disposto a essere considerato male per gli altri».

Eppure, anche in questa dichiarazione don Rubagotti riscopre la visione teologico-pasquale dell’essere uomo nel suo tempo, ma non del suo tempo.

«La vera vittima è Cristo e il suo sacrificio non è mai fine a se stesso. Noi partecipiamo a questo elemento redentivo. La sofferenza, anche quella dell’essere “untore”, è vista come liberazione. La sofferenza è Resurrezione».

Riprendendo l’immagine di papa Francesco, che definisce «uomo sofferente, avvolto da un tempo inclemente in una piazza San Pietro deserta ma riempita dal grido sgraziato dei gabbiani e dalle sirene delle ambulanze, di fronte a un crocifisso grondante sangue e lacrime del cielo», torna all’idea centrale della fede cristiana: «Non chiedo mai “perché, Signore, il male?”. Quando vivo il male penso sempre che il Signore l’ha vissuto con me, per me. Allora se Lui ha vissuto lo scandalo della morte, se Lui è stato considerato la causa del male e pertanto è stato crocefisso, questo diventa fonte di salvezza anche per la mia vita. Quello che noi tutti vorremmo evitare, lo scandalo della croce, è la salvezza per tutti noi».

Due ultime considerazione ci avviano alla chiusura di questa riflessione.

La prima: come essere Chiesa in questo momento e da questo momento in poi?

«Quando si dice che la Chiesa non è in mezzo alla gente, ebbene, noi siamo tutti qua, a dare il conforto dell’uomo religioso anche per chi non crede e il conforto della fede per chi crede. La Chiesa fa sentire la sua voce. Mi rendo conto che siamo sempre in tensione tra ministero ordinato e popolo di Dio. La Chiesa non sono solamente i preti che sono presenti, ma anche i tanti infermieri che in questo tempo hanno accudito i malati sino alla morte e il popolo di Dio che esercita il suo ministero in questa presenza».

«Bisogna stare attenti – continua – che questo modo di comunicare diventi una modalità normale. L’Eucaristia è con la comunità poiché la Chiesa è il corpo di Cristo. Ma in quanto fatto di carne non possiamo e non dobbiamo pensare di entrare in un tempo di tecnocrazia, in cui si delega alla tecnologia il nostro essere comunità».

È molto netto il giudizio di don Rubagotti su questo tema. «La tecnica, laddove c’è una difficoltà, è utile. Ma questa non dev’essere l’unica modalità di fare Chiesa. E non perché lo dice il prete, ma perché lo dice l’esperienza cristiana, che è guardare avanti con gli occhi fatti di carne. In questo tempo il pericolo è di entrare nella tecno-oligarchia, come già avviene in alcuni stati dell’estremo oriente. Questa è una reale minaccia per il presente».

E giunge accorato un appello alla sua chiesa, dalla quale, ci tiene a sottolinearlo, non si è mai sentito abbandonato. «Ho sentito la Chiesa diocesana e le parrocchie di Casalmaggiore come respiro di sostegno, che mi stanno aiutando ancora a sentirmi parte attiva nonostante tutto. In particolare un grazie va ai miei sacerdoti, don Arrigo in primis, per aver mantenuto vivi gli ambienti e aperte le chiese. E un pensiero speciale a don Cesare, che sta combattendo contro la malattia».

Nonostante ciò, secondo don Claudio «è auspicabile che, a partire da queste circostanze, che non sono una fase, ma danno avvio a un nuovo tempo della nostra vita ecclesiale, la Chiesa faccia delle scelte. Aspettiamo un’indicazione che la Chiesa italiana deve essere autorevole nel dare». Il desiderio è che possa essere concordato, a livello nazionale, un piano di vicinanza della Chiesa con il popolo di Dio, sia quello che desidera ricevere l’Eucaristia, sia chi sta perdendo un famigliare e vorrebbe essergli accanto.

«Occorre legittimare il fatto che, con le dovute protezioni, si possa andare nelle chiese a pregare e si possa celebrare l’Eucaristia. Che il prete possa essere messo in sicurezza e stare accanto a un famigliare che ha perduto un caro. Occorre pensare che lo stesso famigliare che voglia assistere il suo amato malato lo possa farlo. Perché non è forse Chiesa anche il famigliare che chiede di stare accanto al morente? Sento l’urgenza della voce dei nostri Vescovi come senso del popolo di Dio. La Chiesa ha sempre trovato modalità per essere, nella storia, casa tra le case».

E conclude: «Noi siamo popolo di Dio e questo popolo deve giocare la sua carta. Compagno di viaggio in questo viaggio di dolore ma anche di speranza».




Cambonino, la Via Crucis nel video dei ragazzi del gruppo Emmaus (VIDEO)

La Parrocchia di San Giuseppe, nel quartiere Cambonino di Cremona, Cremona ha preparato una Via Crucis grazie al contributo in video dei ragazzi del gruppo Emmaus, con il supporto della loro catechista Paola Tacchini e del parroco don Alberto Martinelli. Un gesto semplice per esserci, nonostante questo periodo di impossibilità di celebrare insieme la Quaresima.

Grazie al consenso dei genitori, è stato deciso di condividerla con il resto della diocesi attraverso l’iniziativa #restiamocomunità.


#restiamocomunità – #chiciseparerà




Edizione rinnovata quest’anno a Pomponesco per la tradizionale rappresentazione della Passione di Cristo

Tre croci sull’argine racconteranno in modo suggestivo la via crucis che la popolazione è chiamata a percorrere in queste settimane di emergenza sanitaria. Per la Domenica delle Palme a Pomponesco era in calendario la “Passione di Cristo”, la tradizionale sacra rappresentazione promossa da Parrocchia e Pro Loco (in foto l’edizione dello scorso anno), ma ovviamente le restrizioni imposte dal Coronavirus hanno obbligato la cancellazione dell’evento. L’appuntamento è rimandato all’anno prossimo; ma gli organizzatori hanno pensato a un modo per «continuare a essere comunità, seppure distanti».

Sull’argine di fronte alla piazzetta saranno pertanto innalzate le croci che avrebbero dovuto simboleggiare il Golgota al termine della sacra rappresentazione. «Un segno di vicinanza a tutte le persone che si stanno facendo carico di questa croce». Niente figuranti né pubblico; alle 21 del Venerdì Santo sarà tuttavia acceso un fuoco, «a fare memoria di tutte le persone che ci hanno lasciato».

L’invito per i cittadini è di illuminare le finestre alla stessa ora con i lumini che saranno recapitati in ogni abitazione: «Per illuminare così di speranza questo momento buio; e per dire a tutte le persone ammalate, ai medici, agli infermieri, a chi combatte in prima linea, che siamo uniti, e che col nostro impegno e responsabilità ce la faremo».

La popolazione è invitata naturalmente a rimanere in casa, cogliendo l’occasione per un momento di riflessione, di preghiera e di silenzio.

Sarà inoltre esposto in piazza il Crocifisso utilizzato nel 1983 per la realizzazione del film su Don Camillo con l’attore Terence Hill.

 




La speranza corre sul web con i colori dei bimbi di Vailate

Sul territorio diocesano l’epidemia non interrompe le relazioni che, con creatività, alimentano la vita quotidiana delle comunità in questo tempo di fatiche. Ne è un esempio l’impegno del gruppo Emmaus della parrocchia di SS. Pietro e Paolo in Vailate che ha condivide attraverso #restiamocomunità le proprie attività.

Per non caricare i bambini e le famiglie, molte in questo periodo già provate da impegni e fatiche aggiuntive, il gruppo dei catechisti, pur senza regolarità, propone alcuni spunti di riflessione, chiedendo di rielaborare a casa in modo personale insieme ai genitori che  non fanno mancare l’impegno nel seguire ancora più da vicino i propri figli, con la preghiera e una riflessione più assidua in famiglia.

Ai genitori stessi è stato chiesto di collaborare con suggerimenti, che i catechisti poi tradurranno in attività.

Non un contributo multimediale, a partire dalla “buonanotte” del Rettor Maggiore emerito dei salesiani ( https://www.youtube.com/watch?v=-Z03F_zeg0A&t=119s ),  un messaggio non solo per i bambini, ma anche per gli adulti che stanno loro accanto che ha inaugurato questa nuova formula del catechismo per il gruppo Emmaus.

Sono poi i bambini, con la loro fantasia e il loro entusiasmo, a condividere un segnale di speranza con i loro coloratissimi disegni.




A Gerre de’ Caprioli la parrocchia affronta l’emergenza con favole, preghiere online e Divina Commedia

Ci sono molti modi con cui i sacerdoti oggi cercano di rimanere vicini ai loro parrocchiani, alle famiglie, al popolo che è stato loro affidato. Stiamo raccontando tanti esempi belli, oggi parliamo dell’oratorio di Gerre de Caprioli. Lì don Alberto Mangili – aiutato da alcuni parrocchiani  e amici – non si è lasciato scoraggiare dall’emergenza riuscendo a inventare diversi momenti ad hoc per la sua gente.

Il sabato pomeriggio è il momento di cantare e di ascoltare delle favole, lette dalla maestra Giuliana per tutti i bambini  e trasmesse sui social : si chiama « Favoliamo » e viene mandato in onda dall’Oratorio (rigorosamente a porte chiuse) . «Ogni domenica mattina trasmettiamo la santa Messa online, poi la via crucis il venerdì alle 20.45, il mercoledì alle 18.00 la proposta per i ragazzi è di connettersi insieme per guardarsi in faccia e scoprire un po’ quell’avventura incredibile che è ancora la Divina Commedia di Dante».

Ogni gesto è pensato, spiega don Alberto, per proseguire gli incontri fatti durante l’anno, che sono un aiuto a conoscere Cristo ogni giorno un po’ di più. La scorsa settimana sono state distribuite delle primule alle famiglie, la prossima ci sarà una giornata dove ci si alternerà per il Rosario e insieme ai genitori prosegue la lettura (bellissima) de “Il bambino di vetro” di Fabrizio Silei, testo su cui lavorare insieme «che è un modo di continuare a camminare, crescere e restare uniti nonostante queste circostanze eccezionali».

È schivo, don Mangili, non ama pubblicità e salamelecchi eppure la vita che continua intorno alla parrocchia racconta di un rapporto di unità e carità grande tra chi la amministra e chi la frequenta. «Con chi può continuiamo a distribuire aiuti alimentari e a sostenere famiglie o persone in situazione di difficoltà, ma è tutto parte di un cammino iniziato ben prima di questa crisi». Infine, dice, è contento perché nella chiesa – che rimane aperta – qualcuno entra sempre. Magari solo per un saluto veloce a Gesù, per una preghiera a mezza voce, ma non è mai vuota. E questo, forse, è il segno più bello.


#restiamocomunità – #chiciseparerà




Da Pandino un corso di portoghese online per prepararsi alla missione

Boom di partecipanti per il corso online di lingua portoghese organizzato dall’oratorio di Pandino. Sono venti le persone che collegandosi attraverso la piattaforma Zoom, strumento di videoconferenza e didattica a distanza utilizzato anche da diverse università ed istituti scolastici italiani, hanno partecipato alla prima lezione, quella di lunedì 23 marzo.

Dopo una breve introduzione da parte del vicario parrocchiale don Andrea Lamperti Tornaghi, la docente Monica Maggioni, giovane tour-operator con una laurea magistrale in lingue, un semestre di Erasmus a Lisbona ed una passione per il portoghese, ha dato il via al corso. Ci si è addentrati subito nella presentazione della lingua, parlata non solo in Portogallo e Brasile ma in diversi altri paesi del mondo con la distinzione tra portoghese lusitano (quello parlato in Portogallo ed in tutti gli altri Paesi) e brasiliano, il corso ha preso una curvatura più improntata alla lingua della nazione verde-oro, prossima meta di quasi tutti i corsisti.

La classe è infatti composta prevalentemente da giovani (ma non mancano signore ultrasettantenni che si sono lanciate con entusiasmo in questa avventura) che la prossima estate partiranno con don Andrea alla volta di Salvador de Bahia per un’esperienza di vita e condivisione dal 3 al 16 agosto nella parrocchia di “Jesus Cristo Ressuscitado”, guidata dai sacerdoti fidei donum cremonesi don Emilio Bellani e don Davide Ferretti. Non solo pandinesi però fra gli iscritti a questo corso: anche tre giovani bresciani ed una cremonese che faranno parte del gruppo coordinato dall’Ufficio Missionario della Diocesi di Cremona nell’ambito del Progetto Bahia (che vedrà oltre trenta giovani alternarsi in Brasile durante tutta l’estate).

A questi si sono liberamente aggiunti giovani e meno giovani che hanno visto in questo corso una possibilità accessibile per imparare una nuova lingua, conoscere altre persone ed impegnare iltempo sospeso” che stiamo vivendo in un modo proficuo. Per ora solo alfabeto e regole di pronuncia ma presto inizieranno lezioni interattive con sessioni di conversazione in piccoli gruppi. Il calendario delle prossime lezioni ne prevede una per giovedì 26 dalle 16 alle 17 ed un’altra per lunedì 2 aprile alla stessa ora mentre quello del mese di aprile si strutturerà con insegnante e partecipanti. «L’alto numero di partecipanti – commenta don Andrea- è stata una bella sorpresa, così come bello è il fatto che ragazzi non solo di Pandino abbiano risposto bene, anche sulla spinta dell’ufficio missionario diocesano».


#restiamocomunità – #chiciseparerà




«Digiuno eucaristico», una riflessione di don Franzini: «Il disagio dei fedeli può essere superato se ricordiamo…»

Come in tutta la Lombardia, la Quaresima 2020 è iniziata senza celebrazioni comunitarie in osservanza delle disposizioni di sicurezza sanitaria disposte per fronteggiare il contagio da Coronavirus. Tuttavia in tutto il territorio diocesano le chiese restano aperte per la preghiera personale. Così nel Mercoledì delle Ceneri il parroco della Cattedrale don Alberto Franzini ha esposto in Duomo una riflessione destinata a tutti coloro che fanno visita alla chiesa madre della diocesi per una sosta di preghiera, sulla particolare situazione di queste settimane.

«A tutti i fedeli che visitano la Cattedrale

Il disagio che il popolo cristiano vive in questi momenti, in cui l’Eucaristia non può essere pubblicamente celebrata,  può essere superato:

– se ricordiamo anzitutto che la celebrazione eucaristica sgorga dall’unico sacrificio che ha salvato il mondo, il sacrificio pasquale di Gesù sulla Croce, al quale possiamo e dobbiamo partecipare anche in forme diverse rispetto alla forma sacramentale: l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera personale e familiare, l’esercizio molteplice della carità…

– se ricordiamo che le tante Messe alle quali abbiamo partecipato richiedono una nostra testimonianza esistenziale: non basta che l’Eucaristia sia ben celebrata, ma deve essere fruttuosamente vissuta  nella nostra esistenza quotidiana: e dunque il digiuno eucaristico non solo ci fa riscoprire la preziosità dell’Eucaristia, ma anche la preziosità delle conseguenze di vita che sgorgano dall’Eucaristia;

– se ricordiamo che anche i nostri padri ebrei hanno vissuto stagioni senza tempio, senza sacrifici cultuali, senza l’esercizio del sacerdozio levitico, come ad esempio nei  70 anni dell’esilio a Babilonia, durante i quali hanno potuto purificare la propria fede e alimentarla e rafforzarla  con l’ascolto della Parola di Dio;

– se ricordiamo che anche oggi non sono poche le comunità cristiane, soprattutto in certe parti dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, che non hanno la gioia di poter partecipare ogni domenica all’Eucaristia: eppure da quelle comunità ci vengono testimonianze eroiche di fede cristiana, che arrivano fino al martirio e che ci fanno impallidire;

– se ricordiamo infine che il sacrificio che ci viene richiesto in questa circostanza è finalizzato al bene di tutti: è un vero atto di carità verso l’intera comunità umana, che possiamo e dobbiamo vivere come espressione di un forte atto di culto verso Dio, nella condivisione delle morti, delle sofferenze e dei dolori di tante famiglie, e nella consapevolezza dei tanti disagi anche economici e di alcune limitazioni del nostro vivere che non sono estranei allo spirito penitenziale del tempo quaresimale.

L’Eucaristia è un dono, non una pretesa. Ed è nelle prove concrete della vita che si plasma e si rafforza la fede. Viviamo dunque il digiuno eucaristico come momento di prova e di purificazione, non di sconforto e di desolazione

                                                               Don Alberto Franzini

Rettore Parroco

26 febbraio 2020, Mercoledì delle Ceneri»




A Pandino sarà online la Messa per i defunti di cui non si sono celebrati i funerali in questo momento di emergenza sanitaria

Da decenni quello del martedì mattina in chiesa parrocchiale era un appuntamento fisso per i fedeli pandinesi che erano abituati a partecipare alla messa delle 9 per i parrocchiani defunti.


Un appuntamento semplice ma sentito, soprattutto per guarire le ferite che ogni morte porta inevitabilmente con sé. Un appuntamento che però a causa del drammatico momento che stiamo vivendo e delle disposizioni governative sulle funzioni religiose è stato anch’esso temporaneamente sospeso. Così la parrocchia ha pensato di servirsi degli strumenti multimediali per consentire ai pandinesi che lo vorranno di pregare domani sera, uniti anche se a distanza, per i propri defunti, soprattutto per le persone decedute in quest’ultimo periodo.

“La nostra comunità – spiega il parroco don Eugenio Trezzi – è stata ed è toccata duramente dal ricovero e dalla scomparsa improvvisa di diverse persone, che non hanno avuto la possibilità di aver vicino un parente, un amico. Non è stato neanche possibile compiere un ultimo omaggio al funerale, viste le disposizioni vigenti. Questo non può che creare angoscia: possiamo fare qualcosa per sentirci più uniti? Sappiamo che possiamo seguire in TV la celebrazione delle messe, che i nostri social (Facebook, Instagram ed il canale Telegram cliccando sui rispettivi link o ricercando l’account @oratoriopandino) offrono quotidianamente occasioni di riflessione e preghiera. Allora utilizziamoli. Ma proprio per dare rilievo alla celebrazione del martedì, con l’aiuto del vicario e dei ragazzi dell’oratorio, stiamo predisponendo un momento a suo modo comunitario”. Sarà così possibile collegarsi ogni martedì, alle 21, attraverso i canali digitali della parrocchia, per ritrovarsi, pur distanti fisicamente, spiritualmente  uniti per fare memoria soprattutto degli ultimi parrocchiani deceduti e ricordarli attraverso l’Eucarestia, che sarà celebrata dai sacerdoti a porte chiuse. “Che lo spirito di fede –prosegue don Trezzi- non si spenga in noi; non abbiamo paura ad interrogarci su cosa ci insegna una situazione del genere e per tutti ci sia la volontà di diventare più saggi, più coraggiosi, più rispettosi e più solidali”.


 #restiamocomunita – #chiciseparera




Con il gruppo “Viadana’s Angels” whatsapp diventa un “vaccino spirituale” contro la solitudine

Gli spesso vituperati social permetteranno di mantenere vivi, per quanto possibile, quei legami e quelle abitudini che l’emergenza coronavirus sta mettendo a repentaglio. La parrocchia di Viadana ha attivato ad esempio il gruppo whatsapp “Viadana’s Angels”; ne fanno parte gli oltre cinquanta ragazzi della catechesi delle superiori, assieme al vicario don Luca Bosio e ai loro educatori: l’obiettivo è di condividere spunti di preghiera e riflessione, articoli, consigli di lettura e cinematografici, e insomma proseguire per quanto possibile, anche se in forma diversa, i tradizionali incontri del lunedì sera.


«In questi giorni di forzate vacanze scolastiche e isolamento – spiegano i catechisti – è grande il rischio di trascurare ciò che può aiutarci a crescere umanamente e culturalmente. Ma niente ci impedisce di incontrarci “virtualmente” e rompere la quarantena dell’anima. Questo gruppo whatsapp vuol essere un vaccino spirituale anche contro il contagio della noia e della pigrizia».
Nei primi giorni di attivazione, i ragazzi sono stati sollecitati a mettere in comune parole e frasi ispirate loro dalla situazione che stanno vivendo, e a commentarli liberamente. Sono usciti contenuti molto meditati e profondi, segno che la solitudine di questi giorni potrebbe anche diventare una opportunità di crescita interiore.


#restiamocomunita – #chiciseparera




L’unità pastorale Beata Vergine delle Grazie accanto agli anziani della comunità

L’unità pastorale Beata Vergine delle Grazie (che riunisce le parrocchie di Cicognara, Cogozzo e Roncadello) fa la sua parte per contrastare la diffusione del contagio da coronavirus.
Il parroco don Andrea Spreafico e il consiglio pastorale, riunitisi nei giorni scorsi via skype, hanno deciso innanzitutto di attivare un servizio di sostegno per gli anziani della comunità.

A tutti è stato inoltrato un avviso: «Trascorri tanto tempo da solo in casa? Ti serve qualcosa, ma hai più di 65 anni e non puoi uscire? Vuoi scambiare due parole o hai un dubbio da chiarire?». A chi si trova in questa situazione, viene offerta l’opportunità di ricevere un aiuto e un conforto: basterà telefonare al parroco don Andrea Spreafico, il quale si premurerà di far richiamare il parrocchiano «da un fratello o una sorella fidàti, che poi saranno sempre a disposizione per la spesa o altre richieste».

Poiché nel fine settimana i Comuni di Viadana e Casalmaggiore hanno attivato il servizio di consegna a domicilio mediante la protezione civile, in tale ambito la parrocchia passerà la palla; ma il lavoro di supporto telefonico resterà comunque in piedi.
C’è il rischio naturalmente che qualcuno tenti di approfittare della situazione, ad esempio suonando il campanello a nome del parroco; è però lo stesso don Spreafico a mettere sul chi va là: «Se qualcuno si presenterà a mio nome, evitate di aprire ma per sicurezza chiamatemi».

Intanto, in conseguenza delle note restrizioni, l’anno catechistico si è con ogni probabilità già chiuso anzitempo. Le occasioni di incontro e i momenti per socializzare e costruire qualcosa insieme si sono praticamente azzerati. I catechisti, col permesso dei genitori, si impegneranno comunque a chiamare ogni tanto i loro bimbi a casa: una telefonata per non perdere i legami e scambiare due parole.

Per adulti e bambini sono inoltre partiti gli incontri “virtuali” di catechesi, che potranno essere seguiti da casa in collegamento skype col parroco, oppure nelle dirette sui canali social.

I ragazzi delle superiori hanno infine già iniziato a lavorare da casa per la preparazione del Grest estivo.


#restiamocomunita – #chiciseparera