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Salvador de Bahia, la festa patronale che segue la Pasqua arricchita dal battesimo di giovane della parrocchia

Dopo la festa di Pasqua la tradizione vuole che nella parrocchia Jesus Cristo Ressuscitado di Salvador de Bahia, dove operano i fidei donum cremonesi don Davide Ferretti e Gloria Manfredini, si celebri la festa patronale.

In una settimana di preparazione la comunità è stata guidata dai sacerdoti della Forania (zona pastorale) a riflettere sulla Pasqua.

Domenica, dopo la processione nelle vie del bairo, la Messa è stata presieduta dal vescovo ausiliare di Salvador de Bahia, dom Marco Eugênio Galrão Leite de Almeida, che ha invitato la comunità a vivere il Vangelo nella gioia del Signore risorto.

Durante la Messa una festa nella festa: un giovane della parrocchia ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

La festa è poi continuata con un pranzo condiviso e con l’immancabile bingo.




Da Rivolta d’Adda a Salvador de Bahia: l’esperienza di condivisione di Elisa e Davide

Di seguito la testimonianza di Elisa e Davide dopo la loro esperienza nella missione cremonese di Salvador de Bahia.

 

Siamo partiti la mattina del 12 dicembre 2023. La nostra destinazione è stata Salvador de Bahia, una città intrisa di cultura, storia e, soprattutto, di una vibrante comunità. Ma non eravamo soli nel nostro viaggio; avevamo con noi la voglia di conoscere una nuova realtà e di metterci a servizio della comunità che avremmo incontrato.

Siamo stati accolti calorosamente dalla Parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado, dal parroco cremonese don Davide Ferretti, dal responsabile milanese della pastorale giovanile don Andrea Perego e dalla volontaria cremonese Gloria Manfredini. La comunità brasiliana, con il suo spirito accogliente e generoso, ci ha aperto le porte e ci ha invitato a prestare servizio, mettendo le nostre abilità e la nostra buona volontà al servizio delle necessità locali. È stato un inizio umile, ma ricco di significato, che ci ha subito immersi nella realtà della vita quotidiana dei residenti di Salvador.

Uno dei primi aspetti che abbiamo scoperto è stato il tessuto delle favela, i quartieri informali che ospitano una parte significativa della popolazione di Salvador. Qui abbiamo incontrato persone straordinarie che ci hanno accolto nelle loro case con un calore e una generosità che ci hanno toccato profondamente. Nelle loro storie di vita e nelle loro sfide quotidiane abbiamo trovato una nuova prospettiva sulla vita e sulla forza della comunità.

Uno dei momenti più significativi del nostro viaggio è stato l’incontro con i giovani animatori dell’oratorio estivo. Questi ragazzi, pieni di energia e vitalità, ci hanno accolti a braccia aperte e abbiamo subito stretto con loro un legame speciale. Insieme abbiamo condiviso momenti di gioco, di risate e di crescita reciproca, creando un rapporto che va oltre le barriere culturali e linguistiche.

Durante il nostro soggiorno, abbiamo collaborato per aiutare dove c’era bisogno. Dalle giornate di pioggia torrenziale che allagavano la chiesa, alla preparazione di ceste alimentari per i più bisognosi, fino alle visite a coloro che erano impossibilitati a muoversi autonomamente: abbiamo messo il nostro impegno e la nostra passione al servizio degli altri.

Ma non sono stati solo i compiti pratici a definire la nostra esperienza. Abbiamo avuto anche la possibilità di lasciare una piccola impronta, come quando abbiamo dipinto le aule di un asilo locale o quando abbiamo contribuito ai lavori di pulizia dell’oratorio. Oltre ai lavori manuali e agli sforzi pratici, il vero tesoro di questo viaggio sono stati i legami umani che abbiamo formato. I colori vivaci di un paese ricco di gioia, i sorrisi contagiosi dei bambini che hanno giocato con noi e gli abbracci calorosi di una comunità che ci ha fatto sentire parte della loro famiglia resteranno incisi nei nostri cuori per sempre.

In definitiva, il nostro viaggio a Salvador de Bahia è stato molto più di un’attività di volontariato; è stata un’esperienza di solidarietà e condivisione che ci ha dato tanto. Siamo grati per l’opportunità di aver vissuto questa avventura e ci auguriamo che i legami che abbiamo formato e i ricordi che abbiamo creato possano continuare a ispirare azioni di amore e di aiuto verso chi ne ha più bisogno.

Elisa e Davide




Estate di missione in Brasile e Camerun, al via il corso di formazione

Da sempre l’estate è tempo prezioso di gratuità, servizio e crescita. Lo può essere anche in terra di missione. È la proposta che la Diocesi di Cremona, attraverso la Pastorale missionaria e l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, offre ai giovani con due possibili destinazioni: in Brasile, a Salvador de Bahia, nella parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado, guidata dal sacerdote cremonese don Davide Ferretti, e in Camerun, dove sono presenti le Suore Adoratrici. Una significativa occasione di conoscenza e di condivisione nelle realtà del sud del mondo, da vivere in gruppo e con l’aiuto dei missionari, per cercare di relazionarsi con le persone del luogo, comprenderne lo stile di vita, i problemi e i motivi di gioia.

«Nel cuore dei giovani abitano insieme domande profonde, ferite, ribellioni, voglia di far del bene – spiega don Umberto Zanaboni, incaricato diocesano per la Pastorale missionaria –. In tanti di loro è ancora forte il desiderio di cambiare un pezzettino di mondo. Per poter realizzare questo sogno bisogna partire da se stessi, cambiare se stessi, mettersi in gioco». E aggiunge: «Un’esperienza di uscita e di missione, come quelle che stiamo proponendo, può aiutare a capire il proprio posto nel mondo e a realizzare qualcosa di concreto. Attraverso l’incontro con gli altri, soprattutto con chi è più povero o vive in una situazione di fragilità, si torna cambiati e desiderosi di testimoniare il Vangelo».

Parole a cui fa eco il pensiero delle Suore Adoratrici, che sottolineano come «non andiamo in missione per salvare qualcosa o qualcuno, ma per riscoprire come il Signore salva noi ogni volta. Non andiamo in missione per fare la differenza, ma per ritrovarci, al nostro ritorno, differenti. Questa è l’occasione che vorremmo offrire a tanti giovani desiderosi di condividere la vita e la fede con le persone che si faranno casa per loro durante l’esperienza missionaria».

In questo contesto, da febbraio a giugno, è proposto un percorso di incontri di preparazione a cadenza mensile, con l’intento di aiutare i giovani che in estate partiranno per l’esperienza missionaria (ma anche a coloro che pur non in partenza intendono approfondire questi temi) ad approfondire le motivazioni di fondo che spingono a partire e cercare di creare un gruppo compatto, per poter vivere al meglio l’esperienza missionaria. Attraverso attività, momenti di confronto e riflessione, si toccheranno i temi dell’apertura alla diversità, dell’incontro tra culture, dei rapporti tra nord e sud del mondo, della povertà e della missione.

Primo appuntamento in programma il prossimo 18 febbraio, presso l’oratorio di Antegnate, con la Cassetta degli attrezzi della missione. Motivazioni e aspettative, in cui interverrà Michele Ferrari, responsabile della Formazione missionaria giovani della Diocesi di Bergamo. Seguiranno, nei mesi successivi, altri appuntamenti: Li mandò a due a due. Bibbia e missione, con don Andrea Lamperti Tornaghi a Pandino il 17 marzo; Fare Missione. Un’esperienza dal Kenia, il 28 aprile a Castelleone in collegamento con Chiara Gallarini, volontaria missionaria; Abitare la favela. Informazioni utili per vivere l’esperienza con frutto, il 19 maggio ca Misano Gera d’Adda in collegamento con don Davide Ferretti e Gloria Manfredini da Salvador de Bahia. Un ulteriore incontro “pratico” riguarderà l’appuntamento di formazione specifica sul Camerun, le cui informazioni su programma e modalità saranno fornite durante i precedenti incontri.

“Occhi aperti, cuori ardenti, piedi in cammino” sarà quindi il tema della veglia di preghiera del 21 giugno, a Rivolta D’Adda, presso la Casa madre della Suore Adoratrici, durante la quale il vescovo Antonio Napolioni conferirà il mandato ai giovani in partenza.

Il percorso, che sarà arricchito anche da corsi online per l’apprendimento della lingua portoghese e della lingua francese, è aperto a chiunque lo desideri, anche a chi la prossima estate non vivrà l’esperienza missionaria all’estero.

Coloro che desiderano vivere una di queste esperienze missionarie estive sono invitati a concordare la propria partecipazione con don Umberto Zanaboni (331-8363752 – umbertozanaboni.75@gmail.com) e suor Daniela (389-6996199), referenti rispettivamente della Pastorale missionaria diocesana e dell’istituto delle Suore Adoratrici.




A Salvador de Bahia conclusa l’intensa esperienza della Colonia de Ferias

Nella soleggiata parrocchia di Jesus Cristo Resuscitado, a Salvador di Bahia, in Brasile, si è da poco conclusa con grande successo la 13ª Colonia de Ferias (il corrispettivo del Grest italiano), un’esperienza indimenticabile per i giovani provenienti da diversi barrios della zona attorno alla parrocchia.

Le due settimane sono state caratterizzate da gioia, giochi e attività, offrendo ai ragazzi (poco più di 200 tra gli 8 e i 16 anni) un’opportunità unica di crescita spirituale e sociale. I giovani partecipanti, suddivisi in quattro squadre e in due gruppi di età differenti, la mattina e il pomeriggio, hanno focalizzato le loro attività intorno alla figura di beato Carlo Acutis, giovane che ha divulgato la sua forte fede attraverso la tecnologia e le sue proposte di comunicazione religiosa.

Le giornate sono state scandite da momenti di preghiera, approfondimenti sulla vita del beato e attività ludiche mirate al coinvolgimento di tutti i ragazzi attraverso giochi, canti e balli.

Uno degli aspetti più significativi di queste due settimane è stata la creazione di un ambiente sicuro e conviviale, lontano dalle sfide quotidiane della vita di strada. L’oratorio ha offerto un rifugio per i ragazzi, permettendo loro di godere di un’esperienza positiva all’interno di un luogo dedicato alla fede e alla comunità.

Durante il periodo dell’oratorio, i giovani hanno avuto l’opportunità di vivere emozionanti “Passeggi”, autentiche gite che hanno ampliato gli orizzonti di molti ragazzi, alcuni dei quali hanno potuto scoprire nuovi luoghi e uscire, magari per la prima volta, dal proprio quartiere di provenienza. La prima escursione ha condotto i ragazzi al parco zoologico di Salvador e al “Parque da cidade”, dove le squadre hanno continuato a sfidarsi in giochi e attività. La seconda uscita ha portato i giovani sull’isola “Ilha de Marè”, regalando loro una giornata di divertimento e riflessione. Qui, immersi nella bellezza naturale dell’isola, hanno approfondito ulteriormente la conoscenza della figura del beato Carlo Acutis, trovando ispirazione nella sua fede e nel suo impegno digitale.

L’oratorio estivo presso la Parrocchia di Jesus Cristo Resuscitado si è rivelato un successo non solo come momento di crescita spirituale, ma anche come un’opportunità per i ragazzi di allontanarsi temporaneamente dalle sfide della favela, esplorando nuovi orizzonti e vivendo momenti di gioia e comunità.

Questa esperienza ha sicuramente lasciato un segno positivo nella vita dei giovani, contribuendo alla formazione di individui consapevoli e ispirati dal messaggio evangelico del Beato.

Due settimane che sono state un trionfo di gioia, comunità e solidarietà, merito dell’organizzazione guidata da don Andrea Perego, responsabile della Pastorale giovanile, con il supporto della catechista Nilzete e suor Renata, in collaborazione con il parroco don Davide Ferretti. Insieme a loro, venti giovani animatori si sono messi a disposizione per guidare le squadre e coordinare le varie attività, contribuendo a creare un ambiente dinamico e positivo.

Un altro aspetto fondamentale del successo dell’evento è stato il lavoro instancabile di un gruppo di donne della parrocchia, le quali hanno cucinato senza sosta durante le due settimane di colonia, offrendo ai ragazzi squisiti pasti in autentico stile Bahiano. Per molti giovani partecipanti, la possibilità di ricevere pasti durante l’oratorio estivo è stato un vero e proprio dono, evidenziando le necessità di coloro che vivono in un ambiente in cui la povertà e la violenza sono un grosso e diffuso problema sociale.

La Colonia de Ferias 2024 non ha solo offerto momenti di gioia e divertimento, ma ha anche rafforzato il senso di appartenenza e solidarietà all’interno della comunità di Salvador di Bahia, che sabato 20 gennaio ha festeggiato la fine di questa esperienza con la Messa in parrocchia, seguita da una festa aperta a tutte le famiglie.

«Abbiamo partecipato alle due settimane di Colonia in supporto agli animatori nelle varie attività. Questa opportunità – affermano Elisa e Davide – ci ha dato la possibilità di poter stare a stretto contatto con i bambini e i ragazzi delle varie squadre. La barriera linguistica è stata abbattuta dalla voglia di ridere e giocare insieme e ci ha permesso di poter creare dei legami positivi con i partecipanti, soprattutto con i più piccolini. Nella semplicità e nella naturalezza del gioco non sono state necessarie particolari presentazioni, tutto è avvenuto spontaneamente nel reciproco desiderio di stare insieme condividendo momenti di gioia e felicità». E proseguono: «Questa breve parentesi di vita quotidiana offerta dalla Colonia, attesa tutto l’anno dai bambini e dai ragazzi, ha riempito di gioia il loro cuore, oltre che al nostro, restituendoci molto più di quello che abbiamo potuto offrire. Siamo felici e grati di aver avuto la possibilità di vivere questa esperienza, che ci ha arricchito notevolmente e speriamo che il nostro semplice “esserci” abbia contribuito a far trascorrere ai ragazzi quindici giorni di serenità e divertimento, dimenticando temporaneamente pensieri e difficoltà quotidiane. Portiamo nel cuore e nella mente sorrisi, risate, volti e sguardi che difficilmente potremo scordare».




Iniziato il grest a Salvador de Bahia: giochi, preghiera e gite sulle orme di Carlo Acutis

 

È tempo di Grest a Salvador de Bahia. È iniziata infatti l’annuale esperienza della colonia de ferie della parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado, che giunge alla sua tredicesima edizione, sempre con grande partecipazione di ragazzi e giovani del quartiere, coinvolti dalle iniziative proposte da don Andrea Perego, suor Renata e Nilzete (la coordinatrice dei giovani animatori della parrocchia). Un’esperienza di incontro e relazione che animerà gli ambienti della parrocchia guidata dal parroco cremonese don Davide Ferretti e terminerà il 20 gennaio.

La mattina i più piccoli e il pomeriggio i più grandi, con l’aiuto di 30 animatori, divisi in 4 squadre circa 200 ragazzi si sfidano tra giochi, canti e danze… e come nel loro stile tanta gioia. Non mancheranno le gite, tanto attese e ancor più partecipate. Così come la proposta di momenti di preghiera e comunità.

Come ogni anno, si è scelto un personaggio da conoscere e approfondire durante le settimane della colonia. Quest’anno è il beato Carlo Acutis, il giovane studente milanese morto a soli 15 anni a causa di una forma di leucemia e riconosciuto beato da papa Francesco nell’ottobre del 2020.




A Salvador de Bahia la visita dell’arcivescovo Delpini

Dal 26 dicembre al 3 gennaio l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha fatto visita ai sacerdoti ambrosiani “fidei donum” in Brasile e le loro comunità. Il viaggio è iniziato proprio a Salvador de Bahia, facendo tappa anche nella parrocchia di Gesù Cristo Risorto, dove accanto al parroco cremonese don Davide Ferretti opera l’ambrosiano don Andrea Perego.

Non è mancato l’incontro con il cardinale Sergio da Rocha, che recentemente è entrato a far parte del cosiddetto C9, cioè il Consiglio dei nove cardinali scelti da papa Francesco per aiutarlo nel governo della Chiesa. Il porporato ha illustrato all’arcivescovo di Milano le dinamiche della Chiesa e della realtà civile locale, quella una megalopoli segnata dal grande contrasto tra i quartieri ricchi e le favelas.

Tra gli incontri dell’arcivescovo quello a “Casa Marta e Maria”, che si occupa dell’accoglienza di uomini che vivono per strada, il centro educativo Chilombo, o le due opere legate a Comunione e Liberazione nel quartiere Cabrito: un asilo e un centro educativo, entrambi intitolati a Giovanni Paolo II. L’occasioen per una riflessione sulle nuove sfide delle favelas: non si tratta più di questioni solo legate alla nutrizione e all’educazione alimentare, quanto del traffico della droga, con genitori giovanissimi (17-18 anni) coinvolti nello spaccio come piccoli “corrieri”.

Non è mancata la vista alle cappelle e alle comunità che compongono la parrocchia di Gesù Cristo Risorto. Percorrendo il dedalo di vicoli tra le case, l’arcivescovo Delpini ha incontrato anche alcune famiglie che vivono nella favela.

Alle celebrazione eucaristica è seguita la festa con l’esibizione di alcune ragazze della scuola di danza della parrocchia e di interpreti della capoeira, una danza tipica afro-brasiliana. Iniziative che, insieme alla scuola calcio, i corsi musicali (violino e chitarra), la scuola di cucito per le donne, rappresentano i progetti sociali portati avanti dalla parrocchia guidata da don Ferretti, impegnata anche nel sostegno ai più poveri attraverso la “cesta basica”, un pacco con generi alimentari di prima necessità che viene distribuito alle famiglie più povere e che anche la Diocesi di Cremona ha sostenuto con diversi progetti missionari, ultimo dei quali è stato la recente iniziativa per l’Avvento di fraternità.

«La visita pastorale per incontrare i preti originari di Milano e la gente che abita in questa terra – ha sottolineato l’arcivescovo Delpini – è un’esperienza spirituale, cioè lasciarsi condurre dallo spirito di Dio per riconoscere il bene che i padri e le persone operano, le fatiche che sopportano, le relazioni che si stabiliscono. Tutto questo come un dono di Dio che può portare molto frutto». E ancora: «Faccio visita ai preti e alle famiglie missionarie della Diocesi di Milano in ogni parte del mondo per invocare con loro “Venga il tuo Regno, il Regno di Dio, di giustizia e di pace”». L’Arcivescovo ha poi sottolineato anche l’arricchimento reciproco delle Chiese che inviano “fidei donum” e le comunità che li accolgono: «Attraverso l’incontro con altri popoli e tradizioni impariamo a dire il Vangelo per il mondo di oggi».




Una cesta di fraternità per vivere un Avvento di fraternità

 

Uno sguardo ai “lontani” – non solo geograficamente – si concretizza in ogni Avvento, attraverso l’iniziativa dell’Avvento di Fraternità, diventata ormai una solida tradizione per la Chiesa cremonese. Per quest’anno, come già successo nel recente passato, l’iniziativa, dal tema “Una cesta di bontà”, è destinata al sostegno di un’opera di solidarietà pensata, promossa e realizzata per le famiglie della favela di Salvador de Bahia, in Brasile: la distribuzione della “cesta basica”. Un gesto concreto di vicinanza a situazioni di profonda povertà reso possibile, anche grazie alle donazioni dei parrocchiani, dall’impegno della parrocchia bahiana di Jesus Cristo Ressuscitado, gemellata con la Diocesi di Cremona grazie al servizio di due missionari fidei donum cremonesi: il parroco don Davide Ferretti e Gloria Manfredini.

Ma, nello specifico, di che cosa si tratta? A spiegarlo è proprio il parroco di Jesus Cristo Ressuscitado, don Davide Ferretti: «È una vera e propria cesta che distribuiamo una volta al mese e, in casi particolari, anche una volta ogni quindici giorni. Contiene beni alimentari essenziali, come riso, fagioli, olio, zucchero, farina, latte in polvere e, alcune volte, anche prodotti per l’igiene, come sapone e shampoo». Un sostegno prezioso e sostanzioso, testimoniato anche dalla quantità di ceste che vengono distribuite ogni mese: «Il numero varia di volta in volta, ma arriviamo a distribuire fino a 60 o 70 ceste basiche nel quartiere».

«La cesta viene distribuita a famiglie povere con tanti bambini o con particolari situazioni di fragilità, ma anche chi vive momenti di difficoltà temporanei. È chiaro – osserva don Davide – che la cesta basica non risolve tutti i problemi, ma dà una mano per quel che riguarda perlomeno una delle cose essenziali, che è quella di poter mangiare». Un’attenzione, dunque, al povero, non soltanto nella dimensione della povertà economica; si tratta di incontrare e farsi carico di povertà trasversali a tutte le altre emergenze che caratterizzano la società in cui la parrocchia è inserita.

«La situazione di Salvador de Bahia non è come quella dell’Africa – evidenzia don Ferretti –. Noi spesso ci immaginiamo il povero come colui che non ha niente da mangiare e non ha l’acqua, ma qui non siamo a questi livelli: è una povertà di un altro tipo, spesso legata al problema del lavoro, di tipo culturale e sociale, con bambini e adulti che non sanno leggere e scrivere, e anche una povertà dal punto di vista medico e sanitario». Non un’estrema povertà economica, ma una povertà sociale «che purtroppo fa parte di questo mondo e per cui c’è bisogno di tanti altri aspetti, come scuole, presidi medici, ma anche luoghi di svago, che sono un modo per togliere ragazze e ragazzi dalla strada, che è sempre pericolosa». «In questi anni – conclude don Ferretti – ho capito che non possiamo venire qui e pensare di cambiare la loro vita e la loro storia, ma dobbiamo arrivare qui per imparare e per mettere qualcosa di bello, di positivo, dentro la loro storia, le loro fatiche e la loro quotidianità».

Con l’augurio «che la Diocesi di Cremona non si dimentichi di questa realtà, perché non è solo una questione economica, ma di attenzione, di presenza, di interesse a ciò che succede: è questa fraternità che fa sentire questa parrocchia, che è dall’altra parte del mondo, davvero come parte della Diocesi». Un percorso ancora lungo al quale dare supporto, un’esperienza di solidarietà che davvero testimoni la fraternità di questo Avvento.

 

Come donare

Sono diverse le modalità con cui sostenere l’iniziativa dell’«Avvento di fraternità». Anzitutto nelle parrocchie delle diocesi, rivolgendosi ai sacerdoti o aderendo alle specifiche iniziative di carità che potranno essere promosse a livello locale, in contesti di catechesi e non solo. Ma le donazioni possono essere effettuate anche direttamente a livello centrale, presso la Curia vescovile di Cremona, negli uffici di piazza Sant’Antonio Maria Zaccaria 5, o attraverso bonifico bancario intestato alla Diocesi di Cremona (iban IT28X0845411403000000080371) indicando come causale “Avvento di Fraternità 2023”.

 

Scarica la locandina dell’iniziativa

 

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Suore della Beata Vergine, quando la scuola è una missione

L e realtà missionarie in territorio cremonese sono molte e tra queste gioca un ruolo di particolare significato la Congregazione delle Suore della Beata Vergine di Cremona, con la sua preziosa presenza in Sri Lanka e Kenya.

Le suore della Beata Vergine hanno una storia antica, che inizia proprio a Cremona, nel 1610, grazie all’opera della nobildonna Lucia Perrotti che, con l’aiuto del gesuita padre Giovanni Mellino, scelse di dedicare tutta la sua vita all’aiuto caritatevole dei più bisognosi intuendo quanto fosse importante lavorare per l’educazione e l’istruzione delle donne ai margini della vita sociale, per permettere loro un riscatto e una vita dignitosa. Lucia Perrotti fondò così questa realtà religiosa e culturale insieme. Oltre alla presenza a Cremona e in diverse realtà italiane, da tempo le Suore della Beata Vergine sono impegnate in missioni all’estero. Ne abbiamo parlato con madre Anna Maria Longoni, già superiora generale dell’Istituto.

Madre, il carisma delle Suore della Beata Vergine ha a cuore l’educazione: quanto è importante oggi dedicarsi ai più giovani?

«L’esperienza di madre Lucia Perotti continua a interpellare la coscienza e l’intelligenza di quanti credono nella difficile arte di accostarsi ai giovani motivandoli con certezze: un impegno difficile, ma reso possibile dall’attenzione costante che rivolgiamo ai nostri ragazzi e ai nostri giovani. L’apostolato principale al quale ci dedichiamo è infatti la scuola, portato avanti con l’entusiasmo che esce da una coscienza di fede e da una lettura attenta al mondo dei giovani. A Cremona abbiamo una scuola paritaria che accoglie i bambini della scuola primaria e secondaria di primo grado e i ragazzi che scelgono di frequentare un liceo linguistico».

Oltre a Cremona, però, siete presenti in altre città italiane.

«Sì, a Milano e a Trieste, dove abbiamo scuole dell’infanzia e primaria; e a Roma dove abbiamo una scuola dell’infanzia. Abbiamo poi case in Liguria, a Sestri Levante, e a Castione della Presolana, in provincia di Bergamo, dedicate ad attività estive e momenti di villeggiatura».

Ad un certo punto l’Italia è diventata troppo piccola…

«Nel 1950 la Congregazione si apre alle missioni, precisamente in Sri Lanka per opera di un vescovo italiano, monsignor Bernardo Regno. Nella casa di Gampola, piccola isola a sud dell’India, chiamata “la perla dell’Oceano Indiano”, si accolgono i bambini abbandonati, senza famiglia, orfani. Oggi sono un centinaio quelli affidati alle cure delle suore che vivono lì».

Ed è stato solo l’inizio…

«In Sri Lanka oggi la Congregazione è presente con nove missioni, tutte dedite all’accoglienza e all’istruzione. Qui i ragazzi possono frequentare fino alla scuola superiore e, se riescono, vengono accompagnati anche nel cammino universitario. La Missione diventa la loro famiglia e li segue ovunque. Dal 1964 siamo anche in Kenya: con gli anni anche qui siamo diventati sempre più grandi e ora siamo presenti con venti comunità e scuole attraverso le quali ci dedichiamo all’educazione».

Che cosa significa per voi oggi dedicarsi alla missione?

«In missione si fa di tutto: si fa scuola, si insegna un lavoro, si aiutano i giovani a formare una famiglia, si seguono gli ammalati e si è attenti alle varie necessità delle persone anziane, soprattutto di chi vive nelle capanne. Il messaggio di madre Lucia Perotti, la nostra fondatrice, si diffonde e opera in un’area geografica che si apre al rispetto del patrimonio culturale e dinamico di popoli diversi. Fare scuola diventa una missione apostolica, azione pastorale, occasione privilegiata di annuncio».




Suore Adoratrici a fianco dei più deboli anche in Africa e in America Latina

Le Adoratrici nella missione di Trenque Lauquen in Argentina
Da sinistra: suor Carla Zappulla, suor Philomene Fayé, Regina Crespi Alomar e suor Veronica Sanvito

 

L’istituto delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento, con la sua Casa madre a Rivolta d’Adda, viene fondato alla fine dell’800 da san Francesco Spinelli. In pochi anni vengono aperte comunità in tutta Italia e nel 1958 si realizza un altro desiderio di don Francesco: andare in terra di missione. Si aprono così le comunità in Congo, Sénégal, Camerun, Colombia e Argentina. Abbiamo chiesto a suor Carla Zappulla di raccontarci l’esperienza a Trenque Lauquen, città di circa 50mila abitanti a ovest di Buenos Aires dove lei è nata e dove le Adoratrici sono presenti dal 2003.

Suor Carla, di che cosa si occupano le Suore Adoratrici in Argentina?

«La nostra comunità è ben inserita nella vita parrocchiale: io coordino la pastorale della scuola parrocchiale, che parte dal nido e arriva fino alle scuole superiori. Stiamo creando un cammino di fede per tutti i 1.200 ragazzi che ci sono affidati. La cosa bella è che tutti mi danno fiducia e mi aiutano in questo difficile compito. Suor Veronica Sanvito si dedica alla Caritas e alle visite agli ammalati in ospedale; suor Philomene Fayé è al servizio di alcune comunità periferiche della nostra parrocchia. Infine ci occupiamo di una casa di spiritualità. A causa della pandemia e per mancanza di risorse in passato purtroppo era stata un po’ trascurata, ma ora con l’aiuto prezioso della gente la stiamo ristrutturando ed è tornata a vivere: le persone sono in ricerca continua di questo tipo di luoghi».

Lei è argentina ed è nata proprio a Trenque. Dopo aver trascorso gli anni della formazione in Italia, come è Una mano tesa oltre ogni confine stato tornare a casa?

«Molto bello. Da un lato c’erano paure che si sono sciolte nel tempo. Dall’altro la fiducia nel Signore che dona la grazia degli inizi. Quando siamo arrivate qui, a novembre scorso, la comunità è stata rinnovata. Il Signore non ci ha mai deluse: ci ha accompagnate sempre, anche in momenti difficili. Non era scontato riuscire a inserirci in una realtà tanto grande e complessa e vivere pienamente questo primo anno, invece ci hanno accolte da subito, si sono aperte porte e abbiamo visto la fecondità di realtà che non immaginavamo così ricche».

Parlava di paure sciolte nel tempo. Ce le può confidare?

«Un po’ di timore riguardava il rapporto con la mia famiglia d’origine: per la vita che abbiamo scelto noi consacrate non possiamo stare così vicini quotidianamente e temevo di non riuscire a mantenere il giusto equilibrio. Invece i miei familiari hanno riconosciuto il mio cammino. È l’ennesima prova che il Signore opera in tutti, anche nella mia famiglia».

Che desideri coltivate per la vostra comunità?

«La mia speranza è quella di continuare a essere in continuo dialogo con la comunità parrocchiale e che questa si allarghi sempre più. Il mio desiderio più grande è che la casa di spiritualità sia sempre più viva. Ci sono molti laici impegnati nella vita parrocchiale, ma avremo sempre più bisogno di luoghi come questo per riposarci nel Signore, pregare e incontrarlo, per poi continuare a lavorare e servire. Questo luogo può essere fecondo per tutta la zona. Penso che questa sia la chiamata del nostro tempo. Tutte noi suore qui lo crediamo».

Dove avete sperimentato la fecondità?

«Dopo i primi mesi di preparazione e preghiera intense, abbiamo accolto Regina Crespi Alomar come postulante. È la prima volta che qui accompagniamo una giovane nel primo periodo di formazione. Raccogliamo l’eredità del bene che hanno fatto le suore che c’erano prima. Regina è stata un bel regalo del Signore, che in questo modo ci rende madri».

 

Il saluto di suor Carla Zappulla




Padre Gabriele Guarnieri, saveriano in Brasile: «La missione ti cambia, fa scaturire una conversione»

Sarà padre Gabriele Guarnieri, saveriano originario della parrocchia di San Bernardo, a Cremona, da circa venticinque anni in missione in Brasile, di cui gli ultimi cinque a San Paolo, a presiedere la veglia missionaria diocesana in programma sabato 21 ottobre alle 21 in Seminario. Per alcune settimane in Italia, dopo che per sei anni non vi aveva fatto ritorno, sta incontrando amici e comunità sensibilizzando sul tema missionario tra Cremona e Parma, dove attualmente risiede presso la Casa madre dei Saveriani. Abbiamo avuto l’occasione per incontrarlo e porgli alcune domande.

Padre Gabriele, come è nata la sua vocazione?

«Da giovane sono sempre stato coinvolto nella attività della parrocchia. Sono sempre stato un giovane di Chiesa, che amava anche leggere il Vangelo e ascoltare le parole del Papa. Studiavo alle Magistrali e avevo come professore don Giosuè Regonesi, che ha un po’ incentivato il mio discernimento. Poi un ritiro vocazionale a Folgaria, nel 1981, in cui c’era come conferenziere don Maurizio Galli, allora rettore del Seminario, che mi ha fatto capire che prima della professione ci deve essere la vocazione. Da una parte don Giosuè, dall’altra don Maurizio, mi hanno fatto capire che potevo fare un discernimento più serio sulla mia vocazione. Durante l’ultimo anno delle superiori ho poi conosciuto padre Bruno, un missionario savariano. E ho fatto con lui un cammino di un anno. Sono andato e sono rimasto dentro. E sono ancora qua».

In che cosa consiste la tua attività a San Paolo?

«Io sono un padre saveriano missionario. Non sono parroco, sono animatore. Sono padre spirituale e vocazionale, quindi accompagno ragazzi e ragazze nel loro discernimento. Sono anche un padre missionario “onlife“: faccio interviste via social, videocast a tema vocazioni e missioni, in italiano e in portoghese».

Com’è lì la situazione sociale? 

«Qui in Brasile c’è un abisso tra i ricchissimi e i poverissimi: si spera che un po’ diminuisca. Ci sono 50mila omicidi e 40mila morti a causa di incidenti stradali all’anno, problemi gravissimi di droga e femminicidi. Si vivono le stesse cose ormai da anni, con la speranza che questo Governo aiuti maggiormente i più poveri e i più deboli. L’istruzione è pessima, con professori sottopagati che, per mantenersi, si trovano a dover coprire tre turni lavorativi. E sappiamo benissimo che così facendo viene poi a mancare la qualità. Solo una minoranza dei giovani brasiliani riesce a concludere le scuole superiori, anche se negli ultimi anni stanno aumentando gli iscritti alle università. Sono comunque ancora tantissimi quelli che, dopo la scuola media, vanno a lavorare o, alla peggio, finiscono nel giro della droga e della violenza».

Lei è un animatore vocazionale, come è la situazione da questo punto di vista?

«Vocazionalmente parlando, il Brasile sta andando bene nei Seminari diocesani. Stanno aumentando i sacerdoti, ma diminuiscono i religiosi, soprattutto i missionari, che fanno molta fatica e che, secondo me, in futuro si troveranno ancor più in difficoltà. Stanno anche aumentando le “nuove comunità” guidate da fondatori carismatici».

Che situazione sta vivendo attualmente l’ideale missionario?

«La Chiesa è missionaria, quindi siamo tutti missionari. Prima si parlava di missionari che vivevano totalmente per la missione: c’era molto l’idea di distacco dalla patria, con i missionari che partivano e non tornavano più a casa. Adesso, con le nuove vie di comunicazione e i trasporti veloci, è cambiato tutto: il missionario viene richiamato in patria, magari anche a parlare della sua missione. Diciamo che negli ultimi tempi si è persa questa radicalità della missione. Ma esiste un’altra differenza con il passato: nel mondo stanno crescendo moltissimo le Chiese locali. Prima il missionario era “l’eroe” che andava a rappresentare il Vangelo vivente laddove non c’erano comunità cristiane. Prima eravamo noi missionari a costruire le Chiese locali, ora ci inseriamo nelle Chiese locali, che esistono già».

Una missione, dunque, in continuo cambiamento, ma che resta una fiamma da tenere sempre viva. Ha un messaggio da lanciare alle giovani generazioni?

«Sì. Voglio dire loro che la missione ti cambia, fa scaturire una conversione. Se volete fare missione, ricordate che se è vero che è il missionario a fare la missione, allo stesso tempo è altrettanto vero che la missione fa il missionario».