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Sospiro, Via Crucis in dialetto cremonese

Certamente un “unicum”, almeno in contesto cremonese. La Via Crucis in dialetto che ha avuto luogo la sera di venerdì 31 marzo a Sospiro, presieduta dal Vescovo Antonio, affiancato dal parroco don Federico Celini e dal collaboratore don Martino Morstabilini, si è caratterizzata per la sua originalità, oltre che per la profondità, la suggestione, la qualità spirituale e letteraria di quanto è stato proposto e condiviso: proprio come è significato nell’introduzione del volume che raccoglie i vari contributi poetici: “è questo un felice modo per recuperare tutta la dignità che il dialetto, se poesia autentica, possiede: non più soltanto lingua dei momenti disimpegnati, ma motivo di esaltazione dello spirito, che nel dramma di Cristo riconosce l’immenso tributo della sofferenza creaturale”.

Così, davanti a un’assemblea numerosissima, attenta e commossa, si sono dipanate le varie stazioni, introdotte dal Vescovo e proposte in lingua cremonese (anche nelle sue varie sfumature) dai vari lettori sospiresi e da alcuni degli stessi autori: Franca Piazzi Zellioli, Maria Rosa Righetti, Giuseppe Caso, Gianluigi Bolzoni, Pierluigi Lanzoni, Gigi Manfredini , Mario Ghidotti, Giovanna Bragadini e Uliana Signorini Romanenghi di Cremona; Dante Mainardi di S. Bassano; Donatella Cervi Dellanoce di Castelverde; Riccardo Magri di Cicognolo; Giovanni Scotti e Cesarino Rossi di Sospiro; Gentilia Ardigò e Mara Soldi Maretti di Casalbuttano.

Questa Via Crucis è nata una ventina di anni fa – e da allora è stata rappresentata a Sospiro in tempo quaresimale – dall’iniziativa del sospirese Giovanni Scotti, appassionato e competente cultore di storia e di storia locale, che ha promosso l’elaborazione e la raccolta in un volume dei vari testi, incentrati su ciascuna delle stazioni. La realizzazione è stata possibile anche grazie all’interessamento di Giovanni Bertoni e di Fausto Ghisolfi, alla cura del Gruppo Culturale “Giovanni Battista Puerari” di Sospiro, al patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Cremona e alla collaborazione del Gruppo Dialettale Cremonese “El Zàch”. Il libro, tra l’altro, si avvale anche di pregevoli illustrazioni (di Giorgio Mori, Egisto Naponi, Aurelio Olivieri, Donatello Misani, Ercole Priori, Angelo Corbani, Giuseppe Castellani).

Ma davvero significativo è sottolineare il clima spirituale che si è venuto a creare durante la lettura dei vari brani, che si è trasformata in autentica preghiera, in meditazione personale, in contemplazione, durante tutto il tempo in cui i presenti sono stati immersi nella Passione e nella Croce di Cristo. Un’attenzione davvero quasi tangibile fisicamente, vista l’intensità e la verità della consapevolezza di quanto si stava celebrando.

E il Vescovo Antonio, pienamente coinvolto in una modalità espressiva che ormai è davvero anche la sua (non è mancata l’occasione, in questo primo anno di episcopato cremonese, di sentirlo apprezzare la gradevolezza e l’espressività dei nostri dialetti), ha manifestato alla fine il suo più convinto apprezzamento e ringraziamento per una esperienza singolare non in sé (ovviamente la Via Crucis fa parte di un patrimonio di fede millenario e universale), ma per come è stata realizzata, proposta, condivisa. “Una Via Crucis che non dimenticherò”, ha esordito. E davvero, ha sottolineato, si è entrati in un mistero – quello sella salvezza per ogni uomo e donna – che si rende umano, visibile, concreto, giornaliero, che “parla la lingua di tutti i giorni”. Come è consolante entrare nella realtà di un cammino segnato e accompagnato da un Dio che non ci lascia mai soli e che condivide fino in fondo, comprendendola, la nostra più autentica condizione umana! Anche questa preparazione all’evento grandioso della Pasqua lasci un segno concreto nel cuore e nella vita di tutti e di ciascuno.

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Oscar Romero e i martiri di El Salvador, il 6 aprile a Cremona la presentazione del libro di Anselmo Palini

Sarà presentato nel pomeriggio di giovedì 6 aprile, alle 17.30 presso la Sala della Consulta di Palazzo Comunale, a Cremona, il libro “Una terra bagnata dal sangue. Oscar Romero e i martiri di El Salvador” (edizioni Paoline 2017). L’incontro, che sarà moderato da don Bruno Bignami, vedrà intervenire l’autore, Anselmo Palini, insieme al sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, e don Antonio Agnelli, sacerdote cremonese studioso della Teologia dell’America Latina.

Il 24 marzo di ogni anno la Chiesa cattolica celebra la “Giornata dei Missionari Martiri”, proprio nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’assassinio di Oscar Romero (avvenuto il 24 marzo 1980, mentre stava celebrando l’Eucarestia). A pochi giorni da tale data sarà presentato a Cremona il nuovo libro di Anselmo Palini, saggista bresciano, insegnante nella scuola superiore.

Il libro porta la prestigiosa prefazione del teologo salvadoregno José Maria Tojeira e la postfazione di un altro grande teologo del piccolo paese centroamericano, Vicente Chopin. Entrambi sono stati conosciuti dall’autore durante il viaggio che ha compiuto nell’agosto 2015 a El Salvador.

Dopo le presentazioni a Brescia e Milano, l’appuntamento è ora a Cremona. L’incontro è organizzato dalle edizioni Paoline e dalla Libreria Paoline di Cremona, in collaborazione con le Acli di Cremona e con il Comune.

Questo nuovo libro completa il lavoro di Anselmo Palini su El Salvador, iniziato con i volumi su Oscar Romero e Marianella Garcia Villas. Prossime presentazioni del volume a Torino e a Roma, dove interverranno anche gli ambasciatori di El Salvador presso lo Stato italiano e il Vaticano.

Locandina dell’evento

 

Presentazione del libro

El Salvador, questo piccolo paese dell’America centrale conosciuto per il sacrificio di mons. Oscar Romero, assassinato mentre stava celebrando la Messa, è una terra bagnata dal sangue dei martiri. Dal 1980 al 1992, anno degli accordi di pace, vi sono state 80mila vittime, in quella guerra civile causata da una brutale dittatura militare.

Nel libro, oltre alla nota vicenda di mons. Romero, si ricostruiscono altre storie esemplari, rappresentative di tutte le vittime della repressione militare: quella di padre Octavio Ortiz, il primo sacerdote assassinato in Salvador, e quella di padre Rutilio Grande, il gesuita assassinato nel marzo 1977 pochi giorni dopo la nomina di mons. Romero a arcivescovo di San Salvador; quella di Marianella Garcia Villas, presidente della Commissione diritti umani, uccisa dai militari nel 1983, e quella delle quattro religiose nordamericane, assassinate nel 1981 per il loro impegno instancabile in favore della giustizia sociale; quella dei sei gesuiti, docenti presso l’Università centroamericana di San Salvador, uccisi dai militari nel novembre 1989, assieme a due donne di servizio, poiché ritenuti la mente dell’opposizione alla dittatura. Infine viene ricostruito il massacro di El Mozote, con le sue 1200 vittime (400 delle quali erano bambini).

Ma il libro illustra anche come dal sangue di tutti questi martiri stia lentamente nascendo un nuovo paese, ossia come il sangue dei martiri stia fruttificando.

Nel centro di San Salvador, capitale del più piccolo Paese dell’America Latina, si trova il Monumento alla Memoria e alla Verità: un muro di granito di settanta metri di lunghezza e tre di altezza, con incisi i nomi di oltre trentamila vittime della repressione. Vi è anche l’elenco dei massacri perpetrati dai militari e dagli squadroni della morte.

Un numero di vittime enorme, peraltro parziale, che racconta come la storia recente di El Salvador sia stata caratterizzata da una lunga catena di odio e di violenze nei confronti dei più “deboli” e di quanti si sono impegnati per la giustizia sociale e per il rispetto dei diritti umani: uomini, donne, bambini, sacerdoti e laici, campesinos e insegnanti, leader politici e sindacali, torturati, assassinati o fatti scomparire da un regime che si dichiarava cristiano e affermava di lottare contro la sovversione.

Questi martiri propongono un nuovo modello di santità “segnato tante volte dal martirio” e caratterizzato dall’impegno per un mondo più giusto e fraterno. “Questo impegno liberatore, profondamente evangelico, scatena l’opposizione verso una fede vissuta in questo modo, mescolandosi in una sorta di odio contro l’umano che porta allo sterminio brutale di tante persone innocenti e al fiorire di un nuovo tipo di martirio nel quale, come diceva monsignor Romero, si mescola «il sangue dei sacerdoti, dei catechisti e delle comunità con i massacri del popolo»” (dalla prefazione di p. José Tojeira).

Ma, come scrive nella Postfazione padre Vicente Chopin, dell’Università Salesiana di San Salvador, per quanto possa sembrare paradossale, “ci sono morti che generano speranza, come la morte dei profeti e quella dei martiri. Essa restituisce dignità alla vittima. Il sangue dei martiri è stato sparso, ha fecondato la terra, e quindi viene il momento della raccolta. Possiamo assistere ora alla magnifica opportunità di rifondare la Chiesa salvadoregna a partire dal sangue dei martiri. Possiamo avviarci ora verso una nuova primavera evangelizzatrice che si formi sul loro esempio e sulla loro eredità”.

Infatti, sebbene sia ancora un Paese attanagliato dalla violenza, oggi El Salvador è anche e soprattutto altro. Ha il volto di quanti, con il loro impegno quotidiano, fanno sì che monsignor Romero e i tanti martiri non siano ridotti a una fotografia da esporre nelle chiese o a un’immaginetta da tenere in tasca, ma siano una voce da ascoltare e una testimonianza da imitare. Perché la speranza di creare la pace per mezzo della giustizia possa crescere nel cuore di ognuno.

 

Note sull’autore

Anselmo Palini vive e lavora in provincia di Brescia. È docente di materie letterarie nella scuola superiore e saggista. Nei suoi studi ha approfondito soprattutto i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani, della nonviolenza. Più recentemente ha preso in esame le problematiche connesse con i totalitarismi e le dittature del XX secolo, approfondendo in particolare le testimonianze di chi si è opposto a tali sistemi.

Tra i suoi testi: Bambini e ragazzi nel mondo (Libreria Editrice Vaticana, 2000); Le carte dei diritti (La Scuola, 2003); Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni (Ave, 2005); Voci di pace e di libertà. Nel secolo delle guerre e dei genocidi (Ave, 2007); Primo Mazzolari. Un uomo libero (Ave, 2009); Oscar Romero «Ho udito il grido del mio popolo» (Ave, 2010); Primo Mazzolari. In cammino sulle strade degli uomini (Ave, 2012); Pierluigi Murgioni «Dalla mia cella posso vedere il mare» (Ave, 2012); Sui sentieri della profezia. I rapporti fra Giovanni Battista Montini-Paolo VI e Primo Mazzolari (Messaggero, 2012); Marianella García Villas «Avvocata dei poveri, compagna degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi» (Ave, 2014); Più forti delle armi. Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein, Jerzy Popieluszko (Ave, 2016).

È inoltre autore di articoli, saggi e inserti apparsi su varie riviste, tra cui Aggiornamenti Sociali, Humanitas, Vita e Pensiero, Segno, Dialoghi, Impegno, Nigrizia, Missione Oggi, Mosaico di pace, Il Margine, Azione Nonviolenta,




Partecipato ritiro quaresimale dei cattolici africani di lingua francese

Per un’adeguata preparazione alle feste pasquali ormai vicine, la comunità dei cattolici africani francofoni della diocesi di Cremona ha organizzato il tradizionale ritiro spirituale con la partecipazione delle diverse altre comunità delle diocesi lombarde. L’incontro, svoltosi presso il Centro pastorale diocesano di Cremona, ha avuto tre momenti principali: la riflessione guidata da don Germain Nzinga (assistente della comunità di Modena), la Messa nella chiesa del Santo Sepolcro e il pranzo presso la Casa dell’Accoglienza.

L’intensa giornata di spiritualità è iniziata alle 8.30 con l’accoglienza degli ospiti, provenienti da Pavia, Lecco, Bergamo, Lodi e Cremona, accompagnati dai loro assistenti spirituali, e il saluto di benvenuto da parte di don Alois Ntedika, assistente spirituale della comunità africana francofona presente nella diocesi di Cremona.

Quindi il momento di preghiera e di raccoglimento, con la riflessione don Germain Nzinga seguita da un momento di scambio, ricco di informazioni, di richiami, di chiarimenti, di spiegazioni su diversi aspetti spesso dimenticati. Tutto in un’atmosfera fraterna e conviviale.

Poi la processione verso la non lontana chiesa del Santo Sepolcro per la celebrazione della Messa presieduta da don Germain e concelebrata da tutti gli altri preti presenti.

Prima della celebrazione molti si sono confessati, approfittando della presenza dei sacerdoti africani.

All’inizio della Messa il saluto di don Anton Jicmon, incaricato diocesano per la Pastorale dei migranti, che ha incoraggiato i partecipanti a vivere da autentici testimoni dei valori del Vangelo nei diversi ambienti di vita e di lavoro.

Quindi una bellissima e calorosa messa animata dal Coro San Michele Archangelo di Cremona, sostenuto anche da diversi altri coristi presenti di altre comunità.

Durante la liturgia, particolarmente suggestivo sono stati i momenti del mandato e della professione di fede di alcuni membri del nuovo Consiglio pastorale della comunità di Cremona. Don Alois ha colto l’occasione per presentarli ufficialmene alla comunità; quindi ha ringraziato per la loro disponibilità e li ha incoraggiati a mettersi al servizio di tutti senza discriminazioni, in uno spirito di gratuità e coresponsabilità, di vicendevole rispetto e senso del bene comune, allo scopo di costruire una comunità aperta ed accogliente, riconciliata e autenticamente cristiana. Infine ha consegnato ad ognuno il testo sull’Organigramma del consiglio pastorale (ad experimentum) che avranno l’incarico di condurre per un determinato periodo.

Dopo la Messa il pranzo nel salone della Casa dell’accoglienza.




Giorno del Signore, sabato sera su Cremona1 alle 19.45 e 22.30

Cambio di orario sabato sera su Cremona1 per il “Giorno del Signore”, la rubrica televisiva della diocesi di Cremona curata da TRC. Per la coincidenza con un evento sportivo, che sarà trasmesso in diretta dall’emittente cremonese, il “Giorno del Signore”, anziché alle 20.30, sarà trasmesso alle 19.45 e alle 22.30.

la puntata si aprirà con la rubrica quaresimale “Verso la Pasqua”, con il Vangelo della domenica e la testimonianza di alcuni dei catecumeni che nella veglia pasquale riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Spazio quindi alla professione di suor Chiara Rossi tra le Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda e la seconda parte del reportage del pellegrinaggio diocesano in Terra Santa.

 

Rivedi tutte le puntate del Giorno del Signore

 

 

La trasmissione potrà essere seguita in tv nelle seguenti modalità:

  • su Cremona1 (canale 211 del digitale terrestre): sabato alle 11.30 e alle 20.30 (questa settimana alle 19.45 e alle 22.30); domenica alle 12.15 al termine della Messa dalla Cattedrale di Cremona. Cremona1 è visibile anche in streaming su www.cremona1.it.
  • Studio1 (canale 80 del digitale terrestre): sabato sera alle 20.30.
  • TelePace (Sky canale 850 o streaming internet su www.telepace.it): venerdì pomeriggio alle 14 e la sera alle 20; sabato alle 2.10; domenica alle 5.35.

 




Lo stemma episcopale dell’arcivescovo Perego

I colori sono l’oro e l’azzurro. Nella parte superiore un ramo di palma verde e una lancia, posti in decusse, richiamando i simboli dei patroni dell’Arcidiocesi; in quella inferiore due onde d’argento (chiaro riferimento al Po che unisce Cremona a Ferrara) e la stella a sette punte, simbolo di Maria. Questo lo stemma episcopale scelto da mons. Gian Carlo Perego, nuovo arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

Secondo la tradizione araldica della Chiesa cattolica, lo stemma di un Arcivescovo è tradizionalmente composto da:

  • uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, da particolari devozioni o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altre particolarità;
  • una croce arcivescovile (detta anche “patriarcale”), con due bracci traversi all’asta,  in oro,  posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
  • un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;
  • un cartiglio inferiore recante il motto, scritto abitualmente in nero.

Per questo stemma è stato adottato uno scudo di foggia gotica, frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica mentre la croce patriarcale è “lanceolata”, con cinque gemme rosse a simboleggiare le Cinque Piaghe di Cristo.

Troncato d’oro e d’azzurro: nel 1° al ramo di palma di verde e alla lancia al naturale posti in decusse; nel 2° alla gemella ondata d’argento in punta, sormontata da una stella (7) dello stesso.

 

Interpretazione dello stemma

 

L’ornamento esterno allo scudo, caratterizzante lo stemma di un Arcivescovo, oltre ai venti fiocchi verdi, è la croce astile arcivescovile.

Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica appunto la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi.

Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI”, posto sulla croce al momento della crocifissione di Gesù.

La campitura superiore dello scudo è in oro, il primo tra i metalli nobili, simbolo quindi della prima Virtù: la Fede. E’ infatti grazie alla Fede che possiamo affidarci totalmente alla infinita misericordia di Dio, al Suo progetto di salvezza per noi.

Su questo sfondo appaiono i simboli dei santi patroni dell’Arcidiocesi: San Giorgio, patrono di Ferrara, qui rappresentato dalla lancia con cui, nell’iconografia classica, trafigge il drago, simbolo del male e San Cassiano Martire, patrono di Comacchio, identificato dalla palma del martirio.

La metà inferiore dello scudo è in azzurro, colore che simboleggia il distacco dai valori terreni e l’ascesa dell’anima verso Dio, quindi il cammino delle virtù che si innalzano sulle cose di questa terra verso l’incorruttibilità della volta celeste.

Le onde argentee assumono qui un doppio significato: richiamano le acque del fiume Po che unisce Cremona, diocesi d’origine di Mons. Perego con Ferrara, diocesi che il Santo Padre ha affidato alle sue cure pastorali e, nello stesso tempo, le acque dei mari che i migranti attraversano, spesso con esiti drammatici, nella speranza di poter approdare a lidi ospitali su cui ricominciare una vita migliore.

La stella simboleggia la Madonna, Maria, la nostra Madre celeste, che ha accompagnato il cammino di discernimento spirituale e di vita presbiterale del Presule (ad Agnadello, come Madonna della Vittoria, a Caravaggio, come la Beata Vergine del Sacro Fonte, a Cremona come Maria Assunta in cielo), alla cui materna protezione, come Madonna delle Grazie, l’Arcivescovo affida il suo nuovo servizio pastorale nella diocesi di Ferrara-Comacchio.

 

Il motto episcopale

Per il proprio motto episcopale l’Arcivescovo Perego ha scelto le parole dell’incipit della Costituzione pastorale “Gaudium et spes” del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, promulgata il 7 dicembre 1965 da Paolo VI, nell’ultimo giorno dell’assise conciliare.




Il 1° aprile a Soresina l’inaugurazione dell’Immacolata

Nella mattinata di sabato 1° aprile sarà inaugurata la scuola paritaria Immacolata di Soresina. L’appuntamento è per le 10 alla presenza del vescovo Antonio Napolioni e del sindaco Diego Vairani. Dopo il saluto da parte delle autorità presenti, sarà presentata la rinnovata sede della scuola di via Chierico 4. Seguirà la benedizione da parte del Vescovo e la visita alla struttura.

Il vasto complesso edilizio, in gran parte riqualificato per il solo uso scolastico, è quanto rimane di una ancor più estesa e articolata sequenza di fabbricati edificati nei primi anni del 1600, che costituivano il convento dei padri del Terzo Ordine Regolare di San Francesco. Dopo una serie di frazionamenti, passaggi di proprietà, non solo tra enti religiosi, ma anche a favore di soggetti privati, arriviamo ai nostri giorni nei quali la Diocesi di Cremona acquista la proprietà dell’immobile nell’anno 2009 dalla Congregazione Suore di Carità, dette di “Maria Bambina”, per non disperdere la lunga e secolare tradizione educativa, anche con finalità scolastiche, durata per quasi due secoli e fortemente radicata nel territorio. È per queste ragioni che l’intero complesso immobiliare risulta vincolato dal Ministero dei Beni Culturali.

La Scuola Immacolata già prima dei lavori realizzati era parte integrante del sistema scolastico comunale attraverso il servizio educativo integrato offerto dalle due scuole paritarie dell’infanzia e primaria.

Grazie alla firma dell’accordo di programma (AdP) del 14/12/2009 tra Regione Lombardia, Diocesi di Cremona, Comune di Soresina e Provincia di Cremona, è stato possibile dar corso a un corposo e organico intervento di riqualificazione funzionale ed energetica degli spazi, al fine di renderli maggiormente idonei allo svolgimento dell’attività formativa ed educativa oltre che adeguati alle nuove norme di sicurezza sismica, elettrica e antincendio.

All’interno dell’accordo di programma il Comune di Soresina ha messo a disposizione una sua palestra posta a ridosso del confine sud-est della Scuola Immacolata affinché potesse essere utilizzata anche per le attività scolastiche, oltre a fornire tutto il supporto amministrativo e tecnico resosi necessario per la gestione dell’appalto e dei finanziamenti; mentre l’Amministrazione della Provincia di Cremona si è resa disponibile ad espletare le funzioni di stazione appaltante oltre a svolgere il servizio tecnico di direzione lavori.

Per la copertura finanziaria si è provveduto con un contributo pari al 20% da parte della Diocesi di Cremona e per l’80% da parte di Regione Lombardia, cui va dato il merito di aver dato massima attenzione allo sviluppo e all’attuazione del progetto di riqualificazione di questo complesso scolastico.

I lavori hanno interessato la riqualificazione di fabbricati per una superficie complessiva lorda di circa 4030 mq (2470 mq per il piano terra e 1560 mq per il piano primo), nonché aree esterne (cortili per il gioco, parcheggio e verde) per una superficie complessiva di mq 5280.

Il progetto realizzato ha consentito la riqualificazione degli spazi nei quali le attività scolastiche risultano così articolate.

Invito all’inaugurazione          Locandina dell’evento

 

La scuola dell’infanzia

La scuola dell’infanzia è collocata tutta al piano terra su una superficie di circa 450 mq; è composta da quattro sezioni (con una potenzialità massima di 98 alunni), alle quali sono stati affiancati nuovi servizi igienici ed ampi locali per le attività libere e di gioco. A ridosso degli spazi scolastici e intercluso tra i fabbricati vi è il cortile per il gioco dei fanciulli.

 

La scuola primaria

La scuola primaria è distribuita quasi interamente sul piano primo (solo l’ingresso e l’accoglienza si trovano al piano terra) e si sviluppa su una superficie utile di 880 mq; è costituita da un solo corso con cinque aule per un totale potenziale complessivo di 125 alunni, inoltre vi sono tre aule per attività specifiche: laboratori di arte-immagine, informatica e multimedialità. Il piano secondo è stato solamente svuotato e risanato staticamente lasciandolo al rustico; potenzialmente è lo spazio idoneo ad ospitare un secondo corso della scuola primaria.

 

Funzioni comuni

A servizio di entrambe le scuole sono stati recuperati altri locali, tutti al piano terra, destinati alle seguenti funzioni:

  • locali per l’amministrazione scolastica e gli incontri coi genitori della superficie utile di 153 mq
  • locali per il servizio mensa della superficie utile di 380 mq
  • locali per il porzionamento e la somministrazione dei pasti della superficie utile di 50 mq; a questo proposito si precisa che il recupero del corpo di fabbricato destinato alla cucina fu stralciato dal progetto generale, ma anch’esso andrà prima o poi recuperato per lo scopo.
    Locali tecnici per la nuova centrale termica, per le sottostazioni di pompaggio, per i quadri elettrici e per le sicurezze antincendio.

 

La palestra

Lungo il confine ovest del complesso scolastico è stata anche completamente recuperata una piccola palestra comunale della superficie di 385 mq, da alcuni anni in disuso e sino al recente passato adibita anch’essa all’uso scolastico.

Questo edificio è stato inserito nell’accordo di programma in modo tale da poter essere sfruttata sia dalla scuola Immacolata nelle ore di attività scolastica, sia dall’amministrazione comunale che la renderà disponibile alle società sportive del territorio nei giorni e nelle ore non scolastiche; tutto ciò attraverso un rapporto convenzionato.

 

Portico e aree verdi

Anche la riqualificazione delle aree esterne ha consentito di poter disporre di due ampie aree a cortile da dedicare in modo esclusivo al gioco dei bambini; in particolare il cortile intercluso tra i fabbricati è utilizzato esclusivamente dai bimbi della scuola per l’infanzia, mentre il cortile antistante la mensa da quelli della scuola primaria.

Il cortile n° 3, antistante il corpo della cucina (ora non ancora recuperato), è utilizzato principalmente per l’ingresso alle due scuole.

Questo cortile è stato caratterizzato da un nuovo portico con piedritti in profilati di acciaio, copertura in cristallo e frangisole in lamelle di legno di cedro ed è collegato al parcheggio da un vialetto solo pedonale lastricato in pietra, il cui insieme costituisce l’accogliente e significativo elemento architettonico d’ingresso delle scuole. Il portico potrà essere completato quando si sarà provveduto al recupero del fabbricato della cucina.

Le rimanenti aree scoperte sono mantenute verdi con l’inserimento di un nuovo impianto arboreo.

 

Nuovi ingressi e parcheggio

Su espressa richiesta dell’amministrazione comunale il progetto ha spostato l’ingresso delle scuole dalla via Leonardo da Vinci alla via Chierico sfruttando l’ampia area a verde di pertinenza dei fabbricati della scuola e posta ad est del complesso immobiliare.

Ciò ha consentito di poter disporre di un ampio spazio interno alla proprietà da utilizzare per la sosta, anche veicolare, dei familiari dei bimbi più piccoli che necessitano di essere accompagnati sino all’interno della struttura edilizia per essere affidati al personale docente.




Per la 30enne cremonese Chiara Rossi la prima professione tra le Suore Adoratrici del SS. Sacramento

Indosso l’abito blu e sulla testa il velo. In questo modo la 30enne cremonese suor Chiara Rossi ha espresso la scelta di consacrarsi al Signore attraverso il carisma delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento, per le quali la preghiera adorante davanti all’Eucaristia diventa amore espresso nella carità. Lo fa fatto con la sua prima professione, emessa pomeriggio di domenica 26 marzo a Rivolta d’Adda, nella Casa Madre dell’Istituto religioso fondato dal beato padre Francesco Spinelli.

A questa giornata, di particolare significato in molti non hanno voluto mancare. Oltre ai familiari e agli amici, erano presenti tanti “piccoli” del vangelo che suor Chiara in questi anni ha raggiunto nel suo servizio. E naturalmente tante erano le suore, per raccontare nella “carne” la nascita di una nuova sorella.

La Messa, presieduta da padre Enzo Maggioni, è stata concelebrata da una decina di sacerdoti che hanno accompagnato e conosciuto nel suo percorso suor Chiara. Lei che, dopo la proclamazione del Vangelo, chiamata dalla Madre maestra, suor Luisa Ciceri, ha risposto il proprio «Eccomi», prendendo quindi posto sull’altare accanto alla superiora generale delle Adoratrici, madre Isabella Vecchio.

La liturgia del giorno ha aiutato a cogliere il cammino spirituale nel cuore di suor Chiara e che ha voluto condividere con le sorelle, i parenti e gli amici: “Vedere la Sua salvezza!”.

A partire dal Vangelo del cieco nato, padre Enzo ha concluso la sua omelia con un invito tutto secondo il carisma del beato Spinelli: «Questa luce di Cristo la si potrà incontrare sempre di più in due maniere. Anzitutto davanti all’Eucarestia che è la presenza viva del Signore, del Risorto, è il suo memoriale, il suo dono. Infatti, nella misura in cui tu “perderai” del tempo”, e magari di più di quello previsto dalle Costituzioni, per stare davanti all’Eucarestia, allora conoscerai sempre più questa luce del mondo che è il Signore Gesù. L’altro modo è la scelta degli ultimi, che consiste nello stare accanto a coloro che non contano, che sono gli scarti. Davanti a queste due realtà – l’Eucarestia e gli ultimi – possa tu, Chiara, dire: “Credo nel Signore Gesù”».

Dopo l’omelia la giovane cremonese, interrogata dal celebrante, ha espresso il desiderio di consacrarsi al Signore seguendo i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza.

Quindi, mettendo le proprie mani in quella della Superiora generale, ha fatto la sua prima professione.

Suor Chiara ha poi ricevuto l’abito e il velo (segni della propria consacrazione), la regola di vita e comunione dell’Istituto (per vivere nella perfetta carità) e il crocifisso (per imparare da Cristo a consegnare ogni giorno la vita nelle mani del Padre).

Indossato l’abito religioso, l’abbraccio di pace con la Madre generale, la Madre maestra e le altre suore del Consiglio, oltre che con madre Camilla Zani, già generale dell’Istitituto.

Dopo la liturgia eucatistica, la celebrazione si è conclusa davanti al sacello del beato Fondatore (posto nella cappella di Casa Madre), cui la giovane professa si è affidata.

«Il mio – spiega suor Chiara Rossi – è un ”si” accompagnato e maturato nella formazione, nella preghiera, nello studio, nel servizio, cioè nella continua ricerca del Volto d’Amore di Cristo nella mia quotidianità. Questa è la mia semplice richiesta di ogni giorno al Signore: “VederTi e continuare a vederTi”. Un dono grande che il Signore mi ha dato è vedere concretamente la sua presenza e poter dire con certezza e gioia “I miei occhi hanno visto la tua salvezza”. Ma che cosa significa tutto questo? È stato per me come un voltarsi e vedere che ogni episodio difficile o gioioso della mia vita era collegato da un bellissimo nastro color oro (come il colore dell’eternità). Tutto è stato pensato da sempre per me, per potermi scoprire nuovamente figlia amata da sempre e per l’eternità. Questa è la vocazione di ogni uomo. Questo è il desiderio di Dio Padre per ogni sua splendida creatura. Con la mia prima professione religiosa, con gratitudine, desidero donarmi nelle mani e nel cuore del mio Signore, appartenerGli, chiedendo la grazia di poterLo sempre incontrare, vedere, riconoscere e sussurrare al Suo orecchio il dono della fedeltà. Che bello poter dire alla fine di ogni giorno “I miei occhi hanno visto la tua salvezza” e le mie mani sono “piene di Cristo”, eccomi Signore!».

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Profilo di suor Chiara Rossi

Classe 1987, originaria della parrocchia di S. Michele Vetere in Cremona, suor Chiara Rossi si è diplomata presso il liceo psico-pedagogico “Anguissola” di Cremona, conseguendo poi la laurea magistrale in Servizi Sociali.

Dopo un’esperienza lavorativa, suor Chiara è entrata come postulante nell’Istituto delle Suore Adoratrici, per vivere un primo cammino di discernimento. Inviata nella comunità di Pachino (SR), dove ha vissuto per poco più di un anno, ha potuto conoscere più da vicino il carisma delle Suore Adoratrici. La giovane cremonese, infatti, ha sperimentato e si è misurata con una quotidianità che trascorre tra preghiera, servizio e vita fraterna, imparando a incontrare ed adorare il Signore Gesù nell’Eucarestia, celebrata e adorata, e nei poveri, che sempre abitano la realtà quotidiana. Il servizio, prestato principalmente nella scuola primaria e nel doposcuola, le ha permesso di aprire gli occhi e il cuore ai bambini con maggiori difficoltà o che vivono situazioni di disagio, mettendo in gioco tutte le sue capacità di accoglienza, attenzione, tenerezza.

Il cammino è poi continuato con il noviziato, periodo particolare di formazione, durante il quale Chiara è stata accompagnata a vivere un’esperienza sempre più profonda dell’amore del Signore e del suo sguardo di predilezione sulla sua persona. In questi due anni intessuti di preghiera, comunione con le sorelle e servizio apostolico a Casa Famiglia Spinelli a Rivolta d’Adda, in parrocchia e nel doposcuola per ragazzi in difficoltà, ha maturato la sua scelta, sempre più libera e responsabile, di consacrazione al Signore, nell’offerta di tutta la sua esistenza a Lui e ai fratelli.




Ordinazione di mons. Perego: Duomo aperto ai fedeli dalle 15

È già in moto la macchina organizzativa in vista dell’ordinazione episcopale del cremonese mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo eletto di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa. La solenne Messa di ordinazione sarà celebrata nel pomeriggio di sabato 6 maggio nella Cattedrale di Cremona, che sarà aperta per l’accesso libero dei fedeli a partire dalle ore 15.

Poco prima delle 16 da Palazzo vescovile partirà la processione dei concelebranti che, attraversata piazza del Comune, farà ingresso in Cattedrale dal portone principale.

Dopo la proclamazione del Vangelo avrà inizio il rito di ordinazione episcopale: subito dopo il canto “Veni, Creator Spiritus”, mons. Perego si porterà davanti a mons. Napolioni e sarà chiesta l’ordinazione episcopale. Poi sarà mostrerà la Bolla papale di nomina, che sarà quindi letta pubblicamente.

Dopo l’omelia tenuta dal vescovo Antonio Napolioni, mons. Perego si porterà davanti al vescovo Antonio che, secondo l’antica tradizione dei Padri, lo interrogherà sul proposito di custodire la fede e di esercitare il proprio ministero, secondo l’intenzione di Cristo e della Chiesa in comunione con l’ordine dei vescovi sotto l’autorità del Papa, successore di Pietro. Quindi, mentre mons. Perego si prostrerà a terra, saranno intonate le Litanie dei Santi.

Al termine l’eletto si inginocchierà davanti a mons. Napolioni che gli imporrà le mani. Un gesto che subito dopo ripeteranno anche gli altri vescovi presenti. Poi sarà imposto sul capo di mons. Perego il libro dei Vangeli: due diaconi terranno il libro sopra il suo capo fino a che non sarà terminata la preghiera di ordinazione, una parte della quale sarà pronunciata da tutti i vescovi presenti.

L’ordinazione proseguirà con i cosiddetti “riti esplicativi”. Anzitutto l’unzione con l’olio del Crisma sul capo dell’ordinato, cui sarà poi consegnato il libro dei Vangeli. Mons. Perego, ricevuti quindi l’anello, la mitra e il pastorale, si siederà in cattedra. Da ultimo l’abbraccio di pace con tutti i vescovi concelebranti.

La Messa continuerà con la liturgia eucaristica. Dopo le Comunioni, mentre il coro intonerà il “Te Deum”, mons. Perego, accompagnato dai due Vescovi consacranti (mons. Luigi Negri, suo predecessore a Ferrara, e mons. Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma e presidente della Fondazione Migrantes), percorrerà la navata della Cattedrale benedicendo l’assemblea. Poi rivolgerà la sua parola all’assemblea.

Con la benedizione finale impartita dal vescovo Napolioni si chiuderà quindi la solenne liturgia di ordinazione. L’attenzione andrà quindi al 3 giugno, quando mons. Perego farà il proprio ingresso a Ferrara.

 

Indicazioni per la celebrazione:

 

Locandina per la Messa di ordinazione e l’ingresso in diocesi

 

Speciale mons. Perego arcivescovo

 

 




A Soresina secondo Quaresimale con la testimonianza di Ernesto Olivero

Dopo l’incontro con Gianna Jessen, sopravvissuta ad un aborto salino, [resoconto della serata del 16 marzo] venerdì 24 marzo la seconda tappa dei Quaresimali proposti dalla Parrocchia di Soresina ha avuto come relatore Ernesto Olivero, fondatore del “Sermig” (Servizio Missionario Giovani) di Torino.

Nel salone “Mosconi” del Centro parrocchiale pastorale, la testimonianza genuina, a tratti commovente, di Ernesto Olivero ha catturato l’attenzione del pubblico. E ha anche dato un’iniezione di speranza, quella stessa speranza che è alla base dell’esperienza di Oliviero, della sua comunità, della “Regola” che l’Ordine da lui fondato si è dato.

Olivero è un laico, un ex bancario nato nel 1940 a Salerno e poi trapianto al Nord. Da giovanissimo conosce Maria e capisce che è la donna giusta per lui. Si sposano giovanissimi, a vent’anni, con il comune desiderio di avere una famiglia con almeno 3 figli che, rapidamente, arrivano. Hanno però anche un altro desiderio che deriva dal loro essere cristiani e dal loro spirito missionario: aiutare i poveri, di tutto il mondo.

In un primo momento questa intenzione è soddisfatta dall’offerta di una parte del loro stipendio per opere missionarie, poi dalla creazione di un piccolo gruppo missionario (come ce ne sono molti nelle Parrocchie) con lo scopo di raccogliere fondi da destinare ad alcuni missionari, a sostegno dei loro progetti in terra missione. Nel 1964, però, con la moglie Maria e un gruppo di amici, fonda il “Sermig”, per sfidare la fame nel mondo con opere di giustizia e vivere la solidarietà verso i più poveri, senza sapere che il “Sermig” realizzerà 3.500 progetti in 155 Paesi del mondo. Progetti che non saranno limitati a combattere la fame, ma storie di servizio e di accoglienza di fronte alle necessità che quotidianamente incontrerà Olivero con il suo gruppo.

Negli anni Ottanta, all’interno del Sermig è nata la “Fraternità della Speranza” che oggi conta un centinaio di aderenti (giovani, coppie di sposi e famiglie, monaci e monache) che si dedicano, a tempo pieno, al servizio dei diseredati e alla formazione delle nuove generazioni, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza.

La sede del Sermig, dal 1983, è l’Arsenale militare di Torino, ribattezzato “Arsenale della Pace”. Il Sermig accoglie chi ha bisogno, chi vuole cambiare vita e non sa a chi rivolgersi, ma è anche luogo d’incontro per migliaia di giovani che, da tutta Italia e dall’estero, si danno appuntamento per confrontarsi, dialogare e crescere e spazio di preghiera e di silenzio, di cultura e di formazione, oltre che luogo di vocazioni. Dalla sua fondazione, infatti, si contano circa un centinaio di vocazioni religiose, monastiche, sacerdotali.

«La Chiesa è la mia più bella storia d’amore. Stare nella Chiesa e nel Vangelo è quello che ho sempre voluto e che ho condiviso con mia moglie e con il mio gruppo». Il Sermig è stato e continua ad essere il mezzo per stare nella Chiesa e nel Vangelo. Chiesa con cui ha avuto anche scontri: accanto, infatti, ai racconti degli incontri incoraggianti con Paolo VI e Giovanni Paolo II, con il cardinal Martini e altri sacerdoti, ci sono stati anche sacerdoti che hanno dubitato del progetto di Olivero o che, addirittura, lo hanno denigrato.

Ma Olivero e i suoi hanno proseguito e continuano su questa strada, felici di quanti hanno aiutato e anche di un servizio del programma Le Iene che pensava di trovare nel Sermig l’ennesima “bufala”, ma, ricreduto, ha dedicato un commovente speciale a questa realtà e al bene fatto.

Intervento di Ernesto Olivero

Risposte al dibattito

A Soresina il prossimo e ultimo appuntamento dei Quaresimali è con don Maurizio Patriciello, sacerdote dalla “terra dei fuochi” che tratterà il tema “Per amore del mio popolo non tacerò”, giovedì 30 marzo alle 21 nel Salone “Mosconi” del Centro parrocchiale pastorale.

Photogallery della serata

Annalisa Tondini




Un milione di lombardi alla Messa di Francesco

«Dio continua a percorrere i nostri quartieri e le nostre strade, si spinge in ogni luogo in cerca di cuori capaci di ascoltare il suo invito e di farlo diventare carne qui e ora. Parafrasando sant’Ambrogio, possiamo dire: Dio continua a cercare cuori come quello di Maria, disposti a credere persino in condizioni del tutto straordinarie. Il Signore accresca in noi questa fede e questa speranza». L’immensa folla non può, non vuole trattenere l’entusiasmo, tra di essi anche oltre mille cremonesi guidati dal vescovo Antonio Napolioni. E a una sola voce, come ha pregato, come ha cantato, come ha partecipato fino a questo momento all’Eucaristia nel parco di Monza, pur nel raccoglimento della celebrazione, esplode unanime alle parole di Papa Francesco con un lungo applauso.

«Al pari di Maria, anche noi possiamo essere presi dallo smarrimento», avevo detto poco prima il Pontefice in un passo centrale della sua omelia. «Si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia. Si specula sui poveri e sui migranti; si specula sui giovani e sul loro futuro. Tutto sembra ridursi a cifre, lasciando che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza. Mentre il dolore bussa a molte porte, mentre in tanti giovani cresce l’insoddisfazione per mancanza di reali opportunità, la speculazione abbonda ovunque».

 

I fedeli di Covo si avvicinano al parco di Monza (clicca sulle foto per ingrandire)

Eppure Francesco ha esortato a non scoraggiarsi, perché «”nulla è impossibile a Dio”: così termina la risposta dell’Angelo a Maria. Quando crediamo che tutto dipenda esclusivamente da noi rimaniamo prigionieri delle nostre capacità, delle nostre forze, dei nostri miopi orizzonti. Quando invece ci disponiamo a lasciarci aiutare, a lasciarci consigliare, quando ci apriamo alla grazia, sembra che L’impossibile incominci a diventare realtá».

E non sono parole generiche quelle del Papa, ma rivolte proprio a queste terre ambrosiane «che nel corso della storia, hanno generato tanti carismi, tanti missionari, tanta ricchezza per la vita della Chiesa!».

«Un popolo – ha ricordato ancora papa Francesco – formato da mille volti, storie e provenienze, un popolo multiculturale e multietnico. Un popolo chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novitá che arriva dagli altri».

Fedeli di San Bernardo, Stagno Lombardo e Boschetto alla Messa del Papa (clicca per ingrandire)

Fin dal primo mattino fiumi di persone hanno raggiunto il Parco di Monza da ogni direzione, come arterie che confluiscono in un grande cuore verde. Comunità parrocchiali guidate dai loro sacerdoti, gruppi di ragazzi accompagnati dai loro educatori, studenti con gli insegnanti, tantissime famiglie con bambini, ma anche disabili, che hanno potuto accedere direttamente davanti al palco. Un palco che idealmente abbraccia tutta la diocesi ambrosiana, amplificando l’abbraccio stesso del Papa.

Francesco celebra la Messa al Parco di Monza davanti a un milione di fedeli.La partecipazione gioiosa e convinta di questo popolo di Dio, radunatosi attorno al suo Pastore, non è per il gusto di presenziare a un evento, ma per il desiderio di partecipare in prima persona a un incontro che segna la vita.

I fedeli di Pandino che hanno partecipato alla Messa papale (clicca sulle foto per ingrandire)

Canti, cori e preghiere hanno scandito l’attesa per l’arrivo di Francesco. E i canti continuano  ad accompagnare l’intera celebrazione eucaristica, con ben novemila coristi provenienti da tutta la Diocesi, compresi anche i giovanissimi allievi della Cappella musicale del Duomo di Milano. Uno di loro ha intonato il salmo responsoriale, ed è stato un momento di vibrante commozione.

Come significativa, prima dell’inizio della Messa stessa, è stata la consegna simbolica al Pontefice delle chiavi di 50 appartamenti ristrutturati a Niguarda, quartiere della periferia nord di Milano, destinati a famiglie e a persone in difficoltà: un progetto fortemente voluto dall’Arcivescovo Scola e realizzato dalla Caritas Ambrosiana.

Anche Sospiro è presente all’incontro con il Pontefice a Monza

Insieme a papa Francesco concelebrano quattro cardinali di origine ambrosiana: oltre allo stesso Angelo Scola, Gianfranco Ravasi, Francesco Coccopalmerio e Renato Corti. Sono presenti inoltre quaranta vescovi e oltre un migliaio di sacerdoti. Con loro, per distribuire la comunione ai fedeli, anche un centinaio fra diaconi permanenti e seminaristi, e settecento ministri straordinari, uomini, donne, consacrati, sempre provenienti da tutte le parrocchie della Diocesi.

All’associazione Unitalsi è stato affidato il compito di organizzare il servizio di trasporto e assistenza ai fedeli in difficoltà quali disabili, ammalati e anziani. Al Parco di Monza sono arrivate oltre 7 mila persone che hanno occupato i due settori affidati, di questi oltre 3 mila non deambulanti in carrozzella; in un settore erano presenti sette malati gravi in barella. Alla sinistra del Santo Padre, grazie all’intercessione del cardinale Angelo Scola, sono stati portati all’altare anche venti sacerdoti ammalati in carrozzina: «Un motivo di orgoglio per l’Unitalsi, in modo particolare della sezione Lombarda» sottolinea il suo presidente Vittore De Carli. L’assistenza proseguirà fino a stasera nella via del ritorno.

Fedeli di Soncino da Papa Francesco (clicca sulle foto per ingrandire)

La celebrazione si è conclusa con il saluto commosso dell’Arcivescovo Angelo Scola: «È una giornata densa di grazia. I gesti che Lei ha compiuto ci offrono una significativa prospettiva per l’evangelizzazione di questa nostra metropoli lombarda. In particolare l’abbraccio ai più poveri, agli immigrati, il paziente saluto ad uno ad uno a tutti i carcerati, il pranzo con loro, ci ricordano anche di pregare per le vittime del tragico attentato di Londra, per i loro cari e anche per due detenuti che l’altro ieri si sono tolti la vita proprio qui nel carcere di Monza».

L’Arcivescovo ha annunciato la consegna di 55 appartamenti per altrettante famiglie in difficoltà «come espressione di gratitudine per la sua visita, oltre a un segno per la carità del Papa, consegniamo a partire da oggi»: «Sono state acquisite dalla Diocesi, restaurate e verranno date oggi a queste famiglie. Chiediamo alla Madonnina che, come diceva un po’ esagerando il Manzoni, sotto questo cielo di Lombardia “che è bello quando è bello” si vede da ogni punto della Diocesi, chiediamo a Lei di stendere sempre un lembo del suo manto a protezione del Successore di Pietro».

Una rappresentanza dalla parrocchia di Rivolta d’Adda (clicca sulle foto per ingrandire)

Fedeli di Arzago d’Adda verso il parco di Monza (clicca sulle foto per ingrandire)

Alla messa erano presenti fedeli dalle comunità di Arzago d’Adda, Brignano Gera d’Adda, Calvenzano, Casaletto di Sopra, Casirate, Cassano d’Adda, Costa Sant’Abramo, Covo, Cremona / San Bernardo, Gadesco Pieve Delmona, Melotta, Motta Baluffi, Persico Dosimo, Pizzighettone, Rivolta d’Adda, Scandolara Ravara, Soncino, Sospiro, Stagno Lombardo, Vailate. Da segnalare, inoltre, la consistente presenza del Cammino Neocatecumenale con un gruppo di circa 200 persone.

L’omelia integrale di papa Francesco

LA MATTINATA Di PAPA FRANCESCO A MILANO

Milano, capitale economica e morale dell’intero paese, modello di efficienza e di imprenditorialità per l’intera Europa, si è fermata sabato 25 marzo per accogliere il Papa di Roma, Francesco. Oltre 10.000 persone lo hanno abbracciato alle Case Bianche di via Salomone nel quartiere Forlanini, uno dei più popolari e contraddittori della grande città. Qui ha visitato tre famiglie, tra cui una musulmana, e si intrattenuto con i fedeli della parocchia affermando: «Entro in Milano come sacerdote al servizio del popolo».

Successivamente ha visitato il Duomo, intrattenendosi in preghiera dinanzi alle reliquie dei santi Ambrogio e Carlo, e ha risposto alle domande di sacerdoti, diaconi e religiosi che stipavano la maestosa cattedrale gotica. All’incontro era presente anche il vescovo Antonio insieme a tutti i presuli lombardi. Ad un sacerdote che rivelava la fatica dell’apostolato ha risposto: «l’evangelizzazione non è sempre sinonimo di prendere pesci. Bisogna prendere il largo, dare testimonianza e poi è il Signore che prende i pesci: quando, dove e come non ha importanza». Ad un diacono, invece, ha specificato il suo compito: «custode del servizio nella Chiesa. Il servizio alla Parola, all’Altare, ai Poveri», mentre ad una suora che gli chiedeva come poter dare una testimonianza di vita povera, vergine e obbediente all’uomo di oggi, vista la “minorità” delle suore nella Chiesa e nella società ha spiegato: «le congregazioni non sono nate per essere la massa, ma un po’ di sale e un po’ di lievito perché la massa crescesse e il Popolo di Dio avesse il condimento che gli mancava».

Il Pontefice è poi uscito in piazza, gremitissima di milanesi, per la recita dell’Angelus e la benedizione apostolica, quindi si è spostato nel carcere di San Vittore dove si è intrattenuto anche a pranzo con i detenuti. A questi uomini feriti dalla vita ha detto «Vi ringrazio dell’accoglienza. Io mi sento a casa con voi. Gesù ha detto: “Ero carcerato e tu sei venuto a visitarmi”. Voi per me siete Gesù, siete fratelli. Io non ho il coraggio di dire a nessuna persona che è in carcere: “Se lo merita”. Perché voi e non io? Il Signore ama me quanto voi, lo stesso Gesù è in voi e in me, noi siamo fratelli peccatori. Pensate ai vostri figli, alle vostre famiglie, ai vostri genitori. Passo tanto tempo qui con voi che siete il cuore di Gesù ferito. Grazie tanto e pregate per me».