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Quaresima di carità: il bilancio dell’iniziativa di solidarietà

Venti testimonianze, oltre quindicimila euro di kit di abbigliamento, cinquecento colombe pasquali. Sono i dati delle iniziative della Quaresima di carità 2024, dal titolo “Dare Speranza alla Giustizia”, vissuta in diocesi con focus sul carcere di Cremona.

A partire dalla consegna delle colombe avvenuta presso la Casa circondariale e dal protocollo d’intesa per la promozione di lavori di pubblica utilità da parte dei detenuti, sottoscritto da Caritas diocesana e Casa circondariale (in foto), abbiamo parlato con suor Mariagrazia Girola, di Servizi per l’Accoglienza, per un resoconto complessivo della attività che hanno accompagnato il cammino verso la Pasqua, coinvolgendo tante realtà parrocchiali.

Suor Mariagrazia, quante testimonianze sono state realizzate da Caritas nel periodo della Quaresima per conoscere, promuovere e sostenere l’attività a favore delle persone in carcere?

«Gli incontri, tenuti dai cappellani e dagli operatori della Caritas cremonese che svolgono servizio in carcere, richiesti sono stati una ventina. Alcuni sono già stati fatti, altri verranno effettuati nei prossimi mesi. Le testimonianze hanno raggiunto principalmente gruppi di adulti delle Parrocchie della città o delle zone limitrofe, ma hanno coinvolto anche adolescenti e ragazzi delle medie durante la consegna delle colombe pasquali. Le persone che hanno ascoltato le testimonianze hanno potuto avvicinarsi un po’ di più a questa realtà. Il messaggio che abbiamo cercato di trasmettere è che al di là di ciò che una persona può avere commesso, non possono venire meno rispetto, attenzione, cura e bene della persona».

Com’è andata invece la raccolta fondi per i kit di abbigliamento?

«Molto bene. Ad oggi, sono stati raccolti 15.000 euro, ma mancano altre parrocchie e unità pastorali che consegneranno le donazioni nei prossimi giorni. Questi soldi sono serviti e serviranno per confezionare, con la collaborazione della Cooperativa sociale Gruppo Gamma che coinvolge persone con fragilità psichiche, kit di abbigliamento composti da giacca, intimo, magliette, pantaloni, felpe, salviette, ciabatte e scarpe, da consegnare ai detenuti che non hanno capi con cui vestirsi e che fanno richiesta».

Ci sono altre iniziative nelle quali è stata coinvolta Caritas durante la Quaresima 2024?

«Altre iniziative importanti che ci hanno aiutato a diffondere il messaggio di Speranza e Giustizia sono state:

  • la presenza di don Roberto Musa, cappellano del Carcere, e di Rossella Padula, direttrice del Carcere, a Chiesa di Casa, programma della Diocesi di Cremona (guarda qui);
  • l’articolo del Consorzio Solco relativo alla nostra collaborazione con la coop. Gruppo Gamma per il confezionamento dei kit dell’abbigliamento (leggi qui);
  • la preparazione di una stazione della via crucis per una parrocchia cittadina;
  • la testimonianza di don Graziano Ghisolfi, cappellano del carcere, sul piazzale del carcere durante la via Crucis cittadina dei giovani e adolescenti di domenica 24 marzo;
  • l’incontro organizzato dalla parrocchia di Soresina durante i quaresimali con don Marco Pozza, cappellano del Carcere di Padova (leggi qui)».

Dunque, risultati positivi. E ora come proseguirà l’attività di Caritas in Carcere?

«Il Vescovo Antonio nel messaggio scriveva: “Per generare speranza, occorre innanzitutto illuminare bene la realtà e liberarla da facili pregiudizi”. Ci sembra di poter affermare che il tema della giustizia abbia suscitato interesse e voglia di approfondire l’argomento e la questione, cercando di andare oltre l’immaginario comune e il pregiudizio che spesso c’è verso quella realtà. Il nostro grazie va a tutte le parrocchie, le unità pastorali, i gruppi e i singoli che hanno aderito con grande generosità al progetto della quaresima di Carità. Il contributo di ciascuno è prezioso per l’aiuto e il sostegno delle persone detenute. Un grazie anche a chi sostiene le persone detenute, i volontari e gli operatori del carcere con la preghiera.

La Quaresima è stata l’occasione per far conoscere la realtà e l’attività dei Cappellani e degli operatori Caritas. Ora, l’attività proseguirà in modo ordinario, con alcune novità. In collaborazione con gli operatori del Carcere e i cappellani, individueremo e accoglieremo detenuti che, grazie al Protocollo D’Intesa per la promozione di lavori di pubblica utilità, avranno la possibilità di svolgere attività nelle strutture della nostra Caritas. Inoltre, approfondiremo la tematica delle pene alternative al carcere (Lavori di Pubblica Utilità – LPU, Messa alla Prova – MAP), con l’obiettivo di stipulare una convenzione con il tribunale di Cremona per i LPU e le MAP.

Nelle prossime settimane, precisamente sabato 11 maggio, promuoveremo un convegno di approfondimento in collaborazione con la Cappellania del Carcere, vuole essere un modo per continuare ad approfondire la tematica e coinvolgere delle comunità».




Caravaggio, una manifestazione per il santuario e il suo territorio

Una manifestazione senza colore politico, pensata non contro qualcuno (nella fattispecie il Comune di Misano), ma a favore della vita del territorio.
Questo lo scopo della mobilitazione promossa nella mattinata di sabato 20 aprile presso il santuario di Caravaggio dal comitato Salviamo il suolo (nel pomeriggio ulteriore tappa al parco Delle Cave, nel Bresciano) a salvaguardia di un territorio che potrebbe essere presto interessato dall’arrivo di una nuova logistica da circa 57mila metri quadri, individuata in territorio misanese, a nord della provinciale Rivoltana, e quindi distante in linea d’aria solo poche centinaia di metri dalla basilica di Santa Maria del Fonte, che dal maggio 2023 può vantare il titolo di Santuario Regionale della Lombardia.

La manifestazione è stata divisa in tre fasi: la prima, a partire dalle 10, dedicata alla raccolta-firme per chiedere alla classe politica di presentare una proposta di legge regionale unitaria a tutela del suolo, la seconda caratterizzata da alcuni interventi, e la terza, coreografica, incentrata su un flash mob.

È stato il rettore del santuario, monsignor Amedeo Ferrari, a intervenire per primo chiarendo che non era una manifestazione contro qualcuno, per poi aggiungere: «Speriamo che la mobilitazione di oggi faccia crescere la sensibilità per questa terra e per questo cielo, perché il cielo di Lombardia è bello quando è bello. Se saremo in molti a manifestare, oggi e in seguito, a favore del santuario vorrà dire che ci sta a cuore, che sentiamo il bisogno di un luogo di raccoglimento e di silenzio e se ci interessa tutelare il santuario è per la salute completa delle persone che hanno bisogno di recuperare la testa e l’anima, oltre che lavoro e soldi».

I numeri dicono che al santuario mariano si sono presentate circa trecento persone. Tanti o pochi, l’importante è che i partecipanti fossero uniti nel loro intento, come ha detto nel suo intervento Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia: «La Regione, nel 2008 – ha affermato – ha inserito nella propria normativa il suolo come bene comune, ma forse non si è guardata abbastanza intorno. Non è vero che non si può chiedere a un operatore economico di fare scelte che vadano incontro alla tutela del suolo: bisogna farlo tutti insieme!».

Dal palco Paolo Falbo, docente universitario e membro del circolo Serio ed Oglio di Legambiente, ha speso più di una parola per i sindaci, persone che spesso alla guida di un piccolo comune si trovano davanti operatori commerciali che si presentano loro con capitali e avvocati, di fronte ai quali non hanno grosse possibilità di opporsi. «Dobbiamo rinforzare – ha detto – queste debolezze e qui sta il senso della nostra proposta: chiediamo che gli insediamenti come le logistiche e i data center vengano costruiti nelle aree dismesse, ne abbiamo per migliaia di metri quadri» e che «per interventi che comportino un consumo di suolo superiore a un ettaro sia obbligatoria la valutazione d’impatto ambientale»; inoltre che «i costi derivanti dall’inurbamento conseguente ai nuovi insediamenti siano a carico degli operatori economici che lì vanno ad insediarsi», e ancora che «i grandi insediamenti siano coperti da pannelli fotovoltaici». «E chiediamo  – ha aggiunto – la negatività termica».

La chiusura è stata affidata a Eugenio Bignardi, incaricato per la Pastorale sociale della diocesi di Cremona: «Vogliamo capire la situazione in cui viviamo, cercando di contenere i danni già avviati e chiedendo regole per la tutela di un bene prezioso», quello rappresentato dal santuario, dalla sua storia di fede e devozione e dall’ambiente in cui è inserito.

A seguire, il flash mob nell’ala ovest del santuario, una catena umana che a un certo punto ha alzato al cielo delle lettere che sono andate a formare tre frasi: “salviamo il santuario”, “salviamo il suolo”, “basta logistiche mangia suolo”.

Hanno aderito alla manifestazione gli eco-musei della Martesana e dell’Adda, diverse associazioni e parrocchie del territorio, dei gruppi diocesani legati in particolare agli uffici di pastorale sociale di Cremona, Bergamo e Crema, che ha messo a disposizione il palco.




Consegnate 29 borse di studio della Fondazione Invernizzi al Campus Santa Monica di Cremona

 

Nell’Aula Magna del Campus Santa Monica, nella sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si è tenuta la cerimonia di consegna della borse di studio della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi. Sono stati 29 gli studenti che frequentano i corsi di laurea triennali e magistrali premiati da Marco Trevisan, preside della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, e da Giuseppe Bertoni, presidente della Fondazione Invernizzi.

«Sono borse di studio che durano due o tre anni a seconda se lo studente frequenta la laurea triennale o magistrale – spiega Marco Trevisan – si tratta di un contributo sostanzioso che consente di pagare buona parte delle tasse universitarie. La Fondazione Invernizzi ha in questo sostegno un ruolo fondamentale, dimostrandosi vicina agli studenti di oggi».

Ma oltre a un supporto economico, le borse di studio della Fondazione Invernizzi sono viste come uno sprone all’impegno per gli stessi studenti. «Lo sono, uno sprone, perché si basano fondamentalmente sul merito e parzialmente sul reddito» afferma Trevisan. In sintesi, dice il preside: «Premiamo i migliori».

«La Fondazione Invernizzi – spiega Bertoni – ha sempre avuto da un lato lo scopo di supportare la ricerca nel campo dell’economia, dell’alimentazione e della salute dell’uomo, come codificato dal suo statuto. Non può però esistere ricerca che non sia associata alla formazione e all’educazione delle giovani generazioni. Pertanto è altamente positivo il fatto che vi sia la possibilità, da parte della fondazione, di fornire un aiuto anche con un riguardo al merito delle persone e non solo ai bisogni economici delle famiglie».

Proprio sul merito si sofferma Bertoni. «Interpreto il concetto di merito nella logica donativa di noi cristiani – dice – sappiamo che nel Vangelo sta scritto “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, pertanto si dovrebbe sentire il dovere di restituire quello che si riceve con senso di servizio». «Quello che ricevete non lo ricevete solo per voi – dice rivolto agli studenti – ma anche per la società in cui siete inseriti».

 

Uno a uno gli studenti hanno ricevuto dalle mani di Trevisan e Bertoni il riconoscimento di 4.000 euro (un po’ più alto per gli studenti internazionali), mostrando la consapevolezza di cosa questo significhi.

Luca Anelli, 19 anni, al primo anno di Scienze e tecnologie alimentari definisce un grande aiuto quello che arriva dalla Fondazione Invernizzi. «Buona parte della retta è pagata con la borsa di studio, ma soprattutto siamo invogliati a fare sempre meglio. Il fatto che tramite il merito la borsa di studio possa essere rinnovata anche negli anni successivi è per noi molto importante. Una grande opportunità da cogliere».

Letizia Cislaghi, 19 anni, frequenta lo stesso corso. «È un bel viatico iniziare l’università con questa borsa – afferma – aiuterà i miei genitori a coprire parte delle spese». Camilla Artico frequenta invece il primo anno della laurea magistrale in Consumer Behaviour. «C’è grande soddisfazione per avere ottenuto questo contributo – dice – mi fa molto piacere che vi siano queste iniziative. È una spinta per vivere al meglio la città di Cremona, dove mi sono trasferita da Parabiago, ma anche il mondo universitario, cercando di sfruttare al meglio tutte le occasioni che ci sono date dall’Università Cattolica, come in questo caso grazie alle borse della Fondazione Invernizzi, che ringrazio».

Di seguito gli studenti che hanno vinto la borsa di studio:

  • Corso di laurea triennale: Luca Anelli, Lorenzo Balestreri, Letizia Cislaghi, Federico Cossetto, Matteo Coti Zelati, Nicola Ferrari, Gaia Lusetti, Filippo Parmini, Ottavia Perni.
  • Corso di laurea magistrale: Raffaele Antoci, Camilla Artico, Elena Biasoni, Stefano Calderoni, Morgan Cima, Alessandro Corsini, Federico Galfredi, Vilio Giommo, Chiara Gorga, Edoardo Martinello, Giusy Mataluna, Marta Messmer, Chiara Pistillo, Simona Rafeli, Elisa Re’, Teresa Sacchi, Filippo Sbordi, Stefania Zacchi.
  • Studenti internazionali: Gerogios Tatsios, Yağmur Topçu

 




Omaggio a don Caifa in musica nella “sua” Cattedrale”

A 21 ani dalla morte, è eseguendo la sua musica nella Cattedrale di Cremona, dove suonò e diresse, che si è voluto ricordare don Dante Caifa: l’occasione è stato il concerto che nella serata di domenica 21 aprile ha visto impegnate diverse compagini musicali. Una personalità, quella di don Caifa, che ha lasciato un segno indelebile con le sue composizioni musicali, e rappresentando per oltre mezzo secolo un vero punto di riferimento per la musica sacra cremonese. Fondatore del Coro Polifonico Cremonese, nel 1992 ha ricostituito la Cappella musicale della Cattedrale di cui è stato direttore sino al 1997.

Per l’evento – che ha visto la partecipazione di un numeroso pubblico – sono stati coinvolti tre cori, accompagnati da maestri d’organo d’eccezione: la Schola Cantorum di Castelverde e la corale di San Bernardino di Soncino, diretti da Giorgio Scolari, il coro “Il Disincanto“ di Cremona, diretto da Daniele Scolari, e il Coro della Cattedrale di Cremona, diretto da don Graziano Ghisolfi.

Un ricco programma musicale che, introdotto dal ricordo del canonico mons. Carlo Rodolfi, si è aperto con il “Nun komm” der Heyden Heyland BWV di Johann Sebastian Bach, un solo di organo eseguito dall’organista titolare della Cattedrale, Fausto Caporali.

Poi cinque esecuzioni di opere scritte proprio da Caifa: il coro della Cattedrale ha proposto la Missa brevis “De Angelis” per assemblea, un esecuzione con coro a tre voci dispari e organo; la Schola cantorum di Castelverde e la corale San Bernardino hanno invece eseguito Al Signore che entrava Santa Chiesa di Dio; a caratterizzare la serata sono stati anche il Victimae Paschali per soprano, coro a quattro voci miste e organo, con l’interpretazione del coro “Il Disincanto” e del Trittico per soprano e organo, con protagonisti l’organista Alberto Pozzaglio e il soprano Ilaria Geroldi. A chiudere il programma due esecuzioni a cori riuniti: la Messa detta “Balossa”, scritta da Caifa per assemblea, coro a tre voci pari e organo, e il Magnificat di Lorenzo Perosi, per coro a quattro voci dispari e organo.

«Don dante ci ha lasciato la sua concezione di musicologo, la sua concezione di esecuzione antica ed elastica», ha ricordato il giornalista Roberto Fiorentini, amico di vecchia data di don Caifa, del quale ha approfondito il tema degli studi sui Salmi di Rodiano Barrera e le Lamentazioni di Marc’Antonio Ingegneri. «Lui aveva quella capacità di rendere la musica come era nel tempo – ha sottolineato – senza perimetri rigidi, ma come si eseguiva nei secoli passati in Cattedrale».

Al termine del concerto ha preso la parola anche il vescovo di Cremona Antonio Napolioni. Ricordando i defunti Mario Gnocchi e Massimo Marcocchi, ha voluto sottolinearne il contributo prezioso dato alla Chiesa cremonese, proprio come fece don Dante Caifa. «Ciascuno secondo il proprio linguaggio – ha sottolineato – ha dato un contributo importante al cammino della nostra Chiesa, sono per me fonti preziose da ascoltare e conoscere». Poi un augurio, perché «tutti i linguaggi della fede possano essere espressi per portare la bellezza del Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna».

 

Profilo di don Caifa

Nato a Vescovato il 22 dicembre 1920, originario di Cicognolo, don Caifa fu ordinato sacerdote nel 1943: l’hanno successivo mons. Cazzani lo assegnò alla Cattedrale come vicario dopo una breve esperienza a Pieve d’Olmi.

Grazie agli studi al liceo musicale pareggiato di Piacenza e poi al conservatorio di Parma conseguì i diplomi di Musica Corale (1949) e Composizione (1951). Il prete musicista ottenne anche il compimento inferiore in Organo.

Nominato maestro di Cappella e organista della Cattedrale di Cremona nel 1964 (sostituì il grande Federico Caudana). Insegnante di musica in Seminario, mons. Caifa ha rappresentato per oltre mezzo secolo il principale punto di riferimento della musica sacra cremonese.

Dopo aver fondato nel 1968 il Coro Polifonico Cremonese, nel 1992 mons. Caifa ha ricostituito la Cappella Musicale della Cattedrale di cui è stato direttore sino al 1997.

Musicista di grande talento, grande improvvisatore, insegnante di Musica in Seminario, ha rappresentato per oltre mezzo secolo il principale punto di riferimento della musica sacra cremonese. A lui si deve la riscoperta a Cremona della polifonia classica (Monteverdi e Ingegneri in particolare) e del grande repertorio corale dopo l’impostazione lirico-romantica di Caudana.

Nel 1986 fondò insieme al cav. Giovanni Arvedi e altri membri del Comitato per l’Organo della Cattedrale la scuola d’organo che ha contribuito a formare decine di organisti diocesani e alla quale l’Associazione Marc’Antonio Ingegneri, emanazione diretta istituita nel 1994 con Caifa presidente, assicura tutt’oggi continuità.

Musicista raffinato e di raro talento, le sue musiche – prevalentemente dedicate alla pratica corale – sono state raccolte e pubblicate, poco prima della morte (avvenuta a Cremona il 5 agosto 2003), in occasione del 60° anniversario di ordinazione sacerdotale (1943-2003) nell’antologia:
 “Messe, mottetti e varie composizioni” a cura di Marco Ruggeri
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A Cremona il ricordo di Gnocchi e Marcocchi, studiosi innamorati di una Chiesa che ama

«Anima e mente: la forza di un’amicizia che continua con noi». E davvero le anime e le menti sono state al centro della solenne e commovente commemorazione di Mario Gnocchi e Massimo Marcocchi, che si è tenuta giovedì pomeriggio in una gremita Sala dei Quadri del palazzo comunale di Cremona, promossa dall’Amministrazione comunale in accordo con le famiglie degli indimenticati studiosi cremonesi, che hanno segnato nel profondo la cultura non solo del territorio, ma anche nazionale ed europea. Testimoni, legati ai due studiosi da strettissimi vincoli professionali e umani, i relatori dell’incontro, coordinati da Luca Beltrami: Simone Morandini, dell’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia; Nadia Ebani, dell’Università di Verona; Annarosa Dordoni, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Paola Bignardi, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica; il sindaco Gianluca Galimberti. Presente anche il vescovo di Cremona Antonio Napolioni.

Ha introdotto l’incontro la presentazione della biografia dei due studiosi.

Dopo una breve esperienza di assistentato nell’università di Pavia, Mario Gnocchi (1934-2023) inizia l’insegnamento a Crema e poi a Cremona al liceo classico Manin, dove insegna Letteratura italiana e Latino dal 1961 al 1995. Negli anni ’70 aderisce all’associazione Sae (Segretariato attività ecumeniche), divenendo dapprima presidente del gruppo di Cremona e poi a livello nazionale dal 2004 al 2012.

Massimo Marcocchi (1931-2020) svolge il suo percorso di insegnamento universitario a Pavia, poi a Chieti e infine all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Partecipa alla vita ecclesiale cremonese, ricoprendo l’incarico di presidente del Gruppo laureati cattolici di Cremona, precedendo l’amico Gnocchi. Per suo impulso il Gruppo laureati di Ac si apre all’incontro con la Chiesa Protestante Metodista, tuttora presente in città.

Prendendo la parola Nadia Ebani ha delineato il profilo di Mario Gnocchi come uomo e insegnante, ripercorrendone la ricca formazione che ne ha segnato produzione e testimonianza, attraverso rigorose e intelligenti coordinate metodologiche caratterizzate sempre da un approccio non moralistico, ma sanamente laicale. Le ha fatto eco Simone Morandini, con accenti allo stesso tempo commossi e carichi di cristiana serenità. Un presenza significativa, quella di «Meo» Gnocchi, – ha sottolineato – capillare, competente, attenta alle persone. E appassionata della e per l’unità dei cristiani, a partire dal Concilio Vaticano II, che aveva delineato le coordinate di un fronte inedito. Lui che a lung ricoprì il ruolo di presidente nazionale del Segretariato per le attività ecumeniche. Il tutto sempre «con straordinaria lucidità di sguardo», nella capacità di tessere relazioni vive, calde, coinvolgenti anche con i cosiddetti lontani.

Sotto la guida del professor Marcocchi (docente di Storia del Cristianesimo prima all’Università di Pavia e Chieti e poi in Cattolica dal 1981 al 2004) aveva preso il via l’esperienza professionale ed accademica di Annarosa Dordoni, che ne ha richiamato il rigore metodologico, la formazione umanistica, la testimonianza di un cristianesimo interiore e non clericale, lontano da ogni forma di dogmatismo, fatto di rispetto e di amore. Gratitudine e stima profonde sono state espresse anche da Paola Bignardi: «Un dono e un privilegio», anche per lei, ricordare il professor Marcocchi, rigoroso e dialogico, familiare, appassionato della Chiesa rinnovata dal Concilio, con il riconosciuto ruolo e il grande valore riservato ai laici.

Toccanti le testimonianze di Elisa Gnocchi, la figlia, e delle spose Vanna Gnocchi e Pinuccia Marcocchi. Un grazie commosso è stato espresso in conclusione dal sindaco Galimberti: «Meo e Massimo – ha detto – ci hanno davvero aiutato a respirare il soffio ampio dello Spirito del Concilio, in una Chiesa in cammino nell’umanità e con l’umanità vera».

 

L’ultimo saluto a Mario Gnocchi, uomo di fede, modello nella ricerca del dialogo e nella passione educativa

Il ricordo del professor Massimo Marcocchi




I Vescovi lombardi preoccupati per Caravaggio: un patrimonio storico, religioso e ambientale che richiede tutela

Al termine di una riunione svoltasi martedì 16 aprile a Milano, la Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Lombarda, organo presieduto da monsignor Corrado Sanguineti, Vescovo di Pavia, ha elaborato la seguente nota.

Il patrimonio ambientale della zona in cui si trova il Santuario Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, è sempre stato tutelato e rispettato, tanto che nel corso degli anni il territorio circostante è stato considerato «area agricola di salvaguardia». In alcune parti del territorio sono stati infatti posti vincoli urbanistici e paesaggistici che hanno consentito di preservare le aree agricole che per 600 anni hanno circondato il Santuario, diventando tutt’uno con esso. Anche il reticolo dei canali, alimentati dai fontanili, tipici della zona, ha caratterizzato l’area: il nome di Santa Maria del Fonte evidenzia che l’apparizione della Madonna è avvenuta presso una sorgente che dava acqua alla terra e alle persone che vi lavoravano.

Tuttavia, da alcuni anni tale patrimonio è minacciato da iniziative e decisioni che sembrano non tener conto della rinnovata consapevolezza, fatta propria dal legislatore e dagli stessi cittadini, sui temi della tutela ambientale e paesaggistica, non considerando l’origine secolare di questo monumento e del territorio circostante.

Il riferimento, in particolare, è al progetto di realizzazione di un’ampia zona industriale nel Comune di Misano Gera d’Adda, nella quale potrebbe essere costruito un imponente polo logistico a soli 500 metri circa di distanza dal Santuario. Progetto che preoccupa vari soggetti, come dimostra il fatto che sabato 20 aprile, proprio a Caravaggio, farà tappa una manifestazione del Coordinamento “Salviamo il suolo”, che rappresenta un gruppo di associazioni, circoli, comitati e cittadini.

Il progetto di trasformazione di porzioni importanti del territorio in aree industriali o commerciali, sottraendole all’uso agricolo, riguarda in verità varie zone del territorio della Bassa Bergamasca e aree limitrofe. Processo che negli ultimi anni ha portato il fenomeno del consumo di suolo a valori assai elevati, rispetto al quale assume un’importanza centrale il tema di un’efficace pianificazione, regolazione e controllo da parte delle Istituzioni competenti, in modo da armonizzare le diverse esigenze (produttive, abitative, ambientali e paesaggistiche) nella costante ricerca del bene comune.

Nel caso del Santuario di Caravaggio i nuovi insediamenti produttivi andrebbero a insistere su un territorio fragile e strettamente legato a un monumento che, rassicurante e maestoso, rappresenta un elemento costitutivo e caratterizzante dell’intera area. È opportuno tra l’altro ricordare che, in occasione dell’anniversario dell’apparizione della Vergine a Caravaggio, il 26 maggio dello scorso anno l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, a nome della Conferenza Episcopale Lombarda, ha annunciato il riconoscimento del Santuario Santa Maria del Fonte quale Santuario regionale (leggi qui).

Si ricorda inoltre che, nel gennaio del 2022, Regione Lombardia e Conferenza Episcopale Lombarda sottoscrivevano un protocollo d’intesa per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso (leggi qui). In questo documento si metteva in risalto l’impegno reciproco per la valorizzazione del patrimonio storico e culturale dei beni di interesse religioso e la reciproca disponibilità a tutelare questo patrimonio. In conseguenza di ciò, veniva sancito l’impegno reciproco alla tutela, al recupero e alla fruibilità dei tali beni.

Infine, giova sottolineare che la Costituzione italiana contiene l’impegno alla salvaguardia ambientale: l’articolo 9 prevede infatti che la Repubblica tuteli «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni». Un impegno confermato dal Codice dei Beni Culturali (D. Leg.vo 42/2004) che si prefigge lo scopo di promuovere la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio culturale come espressione della memoria di una comunità e dei suoi territori e nel contempo fattore di sviluppo degli stessi. Il Codice include tra i beni culturali quelli paesaggistici, che racchiudono i valori storici, culturali ed estetici di un territorio (art. 2).

Per tutti questi motivi riteniamo necessario che le Istituzioni si assumano la responsabilità di regolamentare questi fenomeni e assumano la tutela di realtà quali il Santuario Santa Maria del Fonte e del suo territorio. Non solo tutela del monumento, ma anche dell’ambiente e del paesaggio che sono un tutt’uno con esso.

Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici
Conferenza Episcopale Lombarda




Associazione collaboratori familiari del clero, a Caravaggio la giornata regionale di spiritualità

La recita delle Lodi seguita da un momento di riflessione e dalla celebrazione della Messa al mattino; di nuovo un incontro e una riflessione al pomeriggio. Questi i momenti che a Caravaggio, al Santuario di Santa Maria del Fonte, martedì 16 aprile hanno scandito la giornata regionale di spiritualità dell’Associazione collaboratori familiari del clero.

Un centinaio i presenti fra i quali la presidente nazionale Brunella Campedelli e la segretaria nazionale, nonché responsabile per la Diocesi di Milano, Maria Pia Caccia. A presiedere l’incontro, aperto dal saluto di Eliana Marcora, responsabile regionale dell’associazione, è stato il vescovo di Cremona Antonio Napolioni che, nell’auditorium del centro di spiritualità del Santuario, ha guidato la meditazione mattutina esortando i presenti a “Riflettere Cristo, luce del mondo, Cristo che è il nuovo, che è il futuro di noi come Chiesa intesa come famiglia di famiglie, di noi che non dobbiamo aver paura che il mondo scopra quanto Dio lo ami”.

Alle 11.30 monsignor Napolioni ha presieduto l’Eucaristia in basilica. Accanto a lui hanno concelebrato una dozzina di sacerdoti tra cui don Pierluigi Diaco, assiste spirituale nazionale dell’associazione.

Nell’omelia il vescovo ha fatto riferimento al martirio di santo Stefano, episodio narrato nel Vangelo del giorno. «Per essere così pieno di Spirito Santo – si è chiesto – a quante Messe avrà partecipato Stefano? Gli Atti non ce lo dicono. A qualcuna, ma gli è bastata. Quel nutrimento lo ha trasformato, lo ha unito talmente a Gesù da essere, Stefano stesso, un altro Cristo che genera a sua volta altri Cristi». «Signore – ha proseguito il vescovo – fa che questo nostro incontro ci faccia talmente bene da farci tornare a casa forti, coraggiosi, umili, appassionati di te, che costantemente guidi la storia». E ancora: «Che questa Eucaristia trovi ciascuno di noi a farsene portatore con la vita. Allora sì che saremo anche noi dei piccoli martiri».

Dopo pranzo il secondo momento di riflessione, ristretto ai collaboratori spirituali, agli incaricati diocesani e ai vertici associativi, ancora nell’auditorium del centro di spiritualità.

«Le nuove sfide di una società e di un mondo in continua evoluzione – ha detto nella sua relazione Maria Pia Caccia – ci portano a nuove sfide. L’invito del Concilio a leggere e interpretare i segni del tempo con fiducia, alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, rimane un obbligo e un impegno per tutti. Il nostro impegno non è per cambiare le verità della fede o per adeguarle alla nostra esistenza, ma siamo noi che dobbiamo cambiare per capire i segni dei tempi e per concretizzare i nostri pensieri in un’evoluzione personale e nella Chiesa».

Al termine della giornata si sono svolte le elezioni per la nomina del presidente regionale per il prossimo biennio: l’associazione Collaboratori Familiari del Clero della Lombardia ha confermato nell’incarico Eliana Marcora, al suo secondo mandato.




Papà e mamme “da lunedì a domenica”: a Tonfano un weekend dedicato ai genitori con figli piccoli

Sì è svolto con tanto entusiasmo e una buona partecipazione l’incontro organizzato nel weekend dal 12 al 14 aprile a Tonfano (Marina di Pietrasanta) dall’Ufficio diocesano per la Pastorale famigliare. Un fine settimana interamente dedicato alle famiglie con bambini da 0 a 6 anni e che ha avuto come tema: “Da lunedì a domenica: mamma e papà tra giochi, emozioni, scoperte, capricci, pianti e risate”. La tre giorni, presso la struttura Casa di Nostra Signora, è stata guidata dalla psicologa cremonese Marianna Bufano, psicoterapeuta dell’età evolutiva.

Da lunedì a domenica: ossia 7 giorni su 7, h 24. Il ruolo genitoriale impegna ogni momento della vita, in particolare nella prima fase di crescita dei figli, in cui la coppia spesso vede ridursi i propri spazi e dove il confronto e supporto con chi si trova in una situazione analoga, oltre che a dare conforto, può aiutare a crescere. I lavori hanno preso il via in due gruppi, dove papà da una parte e mamme dall’altra, hanno potuto confrontare i propri punti di vista sulle situazioni che mettono in “scacco” con i figli: il modo sfidante del bambino, la capacità di relazionarsi, il giudizio degli altri. Dalla condivisione di gruppo sono emerse poi alcune riflessioni sul ruolo delle famiglie all’interno delle nostre comunità.

Nel pomeriggio del sabato c’è stato spazio anche per un momento di coppia, assolutamente fondamentale, sul tema “noi e l’ambiente” e qualche riferimento all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.

La Messa domenicale, celebrata da don Alessandro Bertoni, e il bel tempo hanno fatto da cornice alla trasferta.

Preziosissimo anche il servizio di babysitter e animazione offerto da qualche volenterosa coppia di sposi e giovani della diocesi, che ha permesso ai partecipanti di potersi dedicare serenamente a un momento di riflessione e domanda sul proprio ruolo genitoriale.

Perché la strada dell’ascolto, del dialogo e della condivisione tra famiglie che vivono le stesse esperienze, fatte di difficoltà e scoperte nuove, possa essere la via per rendere il percorso migliore. Come testimonia lo slogan dell’anno pastorale: “Camminiamo famiglie, continuiamo a camminare”.

Matteo Zanibelli




Il mondo adulto in dialogo con l’adolescenza

Quattro voci in dialogo sul delicato tema del rapporto tra il mondo degli adulti e quello degli adolescenti. Nel tardo pomeriggio di sabato 13 aprile, Barbara Gentili, psicoterapeuta del Consultorio Ucipem di Cremona, ha infatti intervistato Francesca Poli, insegnante, don Francesco Fontana, incaricato diocesano per la Pastorale giovanile e presidente della Federazione oratori cremonesi, e Mattia Cabrini, educatore e autore e regista dello spettacolo Altrove, andato in scena nella seconda parte della serata. In ascolto un’assemblea attenta, seppur nel clima disteso e conviviale dell’apericena. Avrebbe dovuto intervenire anche il prof. Pierpaolo Triani, che all’ultimo è stato impossibilitato a essere presente.

L’evento – dal titolo “Si avvicinò e camminava con loro” e dedicato agli educatori di adolescenti e preadolescenti – è stato organizzato dalla Focr e ha avuto luogo negli spazi del Seminario vescovile di Cremona. Il tema, tratto dal Vangelo di Luca, dal racconto dell’apparizione di Cristo ai discepoli di Emmaus, come spiegato da don Fontana, «rappresenta l’impegno di voi educatori, con la vostra tenacia, al fianco degli adolescenti».

Un focus sul difficile periodo dell’adolescenza, sui rapporti e sugli ostacoli che la caratterizzano. Un’adolescenza vissuta sul campo, tra le mura domestiche, tra i banchi di scuola, a teatro, in oratorio e in mille altri luoghi della quotidianità. «Se aprissimo gli occhi sulla realtà degli oratori oggi, senza averla mai vista prima, ci sembrerebbe un autentico miracolo, con spazi disponibili per essere abitati dagli adolescenti – ha sottolineato il presidente di Focr –. In oratorio sta succedendo ciò che è sempre successo, ma tendiamo a guardare la realtà con rammarico e nostalgia, che non ci fanno bene». «L’oratorio è un’esperienza che regge ancora, che soddisfa le esigenze di molti adolescenti, ma di certo non di tutti – ha aggiunto –. Il tentativo è quello di non limitarsi a offrire solo proposte coinvolgenti, ma un legame che duri per tutto l’anno».

Dall’altro lato ci sono però gli adulti, attori responsabili in queste relazioni. «Penso che il problema più serio, la colpa più grave sia quella di sfilarsi da questa responsabilità – ha detto il sacerdote –. Quando l’adulto non c’è, la situazione diventa irrimediabile, che sia in casa, a scuola o in oratorio». Per questo ha voluto sottolineare la necessità, in ogni contesto, di «adulti coraggiosi, adulti che sappiano stare in equilibrio; ma fortunatamente ce ne sono ancora tanti».

«Gli adolescenti non riescono a essere equilibrati – ha spiegato Francesca Poli, citando Maria Montessori, che paragonava la fascia adolescenziale alla fascia d’età tra gli zero e i sei anni – e quell’equilibrio lo cercano in te, nella figura dell’educatore». Si parla di ragazzi e ragazze che vivono periodi di crisi e che spesso non vogliono o non riescono a essere protagonisti. «Cercare la partecipazione è lo scoglio più grande – ha aggiunto –. Questa è la mia più grande battaglia e la mia più grande ricerca».

E la partecipazione è un tema caro al teatro, che, come evidenziato da Mattia Cabrini, «è una rappresentazione della vita, di ciò che accade». Proprio lo spettacolo Altrove, inscenato dai giovani attori della “Compagnia dei Piccoli”, ha chiuso l’evento in Seminario.

Una rappresentazione nata dalla raccolta di interviste fatte agli operatori dei servizi della città che si occupano di adolescenza, come Spazio Agio, Neuropsichiatria, Serd, Consultorio, Asst, Comune di Cremona, Azienda Sociale, Cooperativa Meraki, Coop Nazareth e Cosper. «Da lì abbiamo scelto dei temi e su di essi ho fatto fare improvvisazioni agli attori – ha raccontato l’autore –. Lì hanno vissuto scene che poi abbiamo strutturato per lo spettacolo».

Uno spettacolo per gli adulti, sugli adulti, ma senza adulti in scena. «Era più interessante lasciarli nel pubblico, di fronte allo spettacolo – ha concluso Cabrini –. Perché, volenti o nolenti, anche nella vita sono lì, davanti ai ragazzi, alla cattedra, dall’altra parte del tavolo o sull’altare».




“Desideri – Giovani immigrati nella società. Tra lavoro, legalità e cittadinanza”, mostra fotografica all’oratorio del Maristella

Nell’ambito della “Trama dei Diritti”, lo spazio culturale promosso da CSV Lombardia Sud aperto a tutte le organizzazioni impegnate nella costruzione della cultura dei diritti, e concorre a raggiungere l’obiettivo n°  8 dell’Agenda 2030 (Lavoro dignitoso e crescita economica), dal 20 al 28 aprile a Cremona, presso l’oratorio del Maristella, sarà esposta la mostra  “Desideri – Giovani immigrati nella società. Tra lavoro, legalità e cittadinanza”.

L’esposizione è realizzata a partire dalle storie di giovani immigrati del Cremonese e del Casalasco pubblicate nel libro “Per un lavoro dignitoso”. Sono storie che raccontano le fatiche e la sofferenza di giovani che vivono nelle nostre comunità, spesso invisibili e senza voce, ma con forti DESIDERI di dignità, diritti e cittadinanza. Tutti nutrono la speranza in un futuro migliore.

Le immagini suggestive dei 19 pannelli della mostra, commentate dai giovani, offrono spunti di riflessione, di approfondimento e dibattito per giovani e adulti. Ma soprattutto sollecitano, ai vari livelli di responsabilità, iniziative adeguate a contrastare la “realtà diffusa” dello sfruttamento lavorativo che penalizza maggiormente gli stranieri.

La mostra, visitabile dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 19 con ingresso gratuito, è organizzata da AUP Centro Pinoni, Comunità Laudato si’ Cremona e Oglio Po e ARCI Cremona in collaborazione con CSV Lombardia Sud ETS e Parrocchia dell’Immacolata Concezione.