1

“Da Arena di pace 2024: i sentieri che conducono alla giustizia e alla pace”. Il 27 maggio incontro al Maristella

Lunedì 27 maggio alle ore 21 presso la parrocchia Immacolata Concezione, nel quartiere Maristella di Cremona, si terrà l’evento: “Da Arena di pace 2024: i sentieri che conducono alla giustizia e alla pace”. Questo incontro sarà un momento di riflessione e dialogo, arricchito da video e testimonianze sull’incontro di pace con Papa Francesco svoltosi il 18 maggio scorso in Arena a Verona.

All’evento di Verona hanno partecipato 12.500 persone provenienti da realtà ecclesiali, missionarie, associazioni, movimenti popolari, organismi umanitari e semplici cittadini. Era presente anche una delegazione di Cremona e del Casalasco.

Durante la serata al Maristella saranno ripresentati i momenti più suggestivi dell’evento. In particolare, saranno riprese le risposte che Papa Francesco ha dato alle domande poste dai referenti dei cinque tavoli di lavoro preparatori ad Arena 2024 sui seguenti temi: ecologia integrale e stili di vita, migrazioni, diritti e democrazia, lavoro, economia e finanza.

L’incontro darà spazio anche a testimonianze vissute all’insegna della nonviolenza e riconciliazione proprio in paesi lacerati da conflitti e da violazione dei diritti umani.

L’evento del 27 maggio è promosso da Pax Christi e Circolo Romero ed è aperto a tutti.




Deceduto don Francesco Castellini, giovedì pomeriggio i funerali a Cingia

È deceduto nella serata di lunedì 20 maggio, a seguito di un malore improvviso nella sua abitazione di Cingia de’ Botti, dove abitava con il fratello, don Francesco Castellini, 85 anni, parroco emerito di Pescarolo. La camera ardente è allestita presso la Fondazione Germani (dove risiede la sorella).

La preghiera di suffragio con il Rosario è prevista mercoledì 22 maggio alle 17 presso Fondazione Germani e alle 21 nella chiesa parrocchiale dei Ss. Pietro e Giovanni apostoli di Cingia, dove giovedì 23 maggio alle 15 saranno celebrati i funerali. A presiedere le esequie sarà il vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi (ordinato sacerdote nel 1964 proprio come don Castellini), che porterà la vicinanza anche del vescovo Antonio Napolioni, impegnato in questi giorni in Vaticano per la 79ª Assemblea generale della CEI.

Nato a Cingia de’ botti il 20 novembre 1938, ordinato sacerdote il 27 giugno 1964, don Francesco Castellini ha iniziato il suo ministero sacerdotale come vicario a Covo; quindi nel 1969 il trasferimento a Persico, sempre come vicario.

Dal 1977 al 1996 è stato parroco di Salvirola (parrocchia che dal 2001 è in diocesi di Crema, oggi in unità pastorale con Izano).

Nel 1996 è diventato parroco di Pescarolo e dal 2002 ha ricoperto anche l’incarico di amministratore parrocchiale di Pieve Terzagni.

Nel 2014 si è ritirato a Cingia de’ Botti, dove viveva nella cascina di famiglia insieme al fratello.




Il 29 maggio la Messa nel ricordo di Fabio Moreni

Una testimonianza che ha lasciato il suo segno nel tempo. È quella di Fabio Moreni, assassinato, il 29 maggio 1993, insieme a Sergio Lana e Guido Puletti, a Gornij Vakuf, in Bosnia Erzegovina, per mano del comandante Paraga, durante una missione umanitaria a sostegno delle popolazioni colpite dalla guerra nei Balcani.

A 31 anni dalla disgrazia, mercoledì 29 maggio a Cremona, presso Cascina Moreni, sarà celebrata la Messa in suffragio del volontario cremonese e dei suoi compagni. La celebrazione, in programma alle 19, sarà presieduta dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni.
Al termine della Messa, il vescovo e i sacerdoti concelebranti si recheranno per un momento di preghiera sulla tomba di Fabio Moreni, le cui spoglie sono custodite all’interno della cappella della cascina lungo la tangenziale di Cremona che porta il suo nome.



Corpus Domini, il 30 maggio la processione cittadina nel quartiere Borgo Loreto

In occasione della solennità del Corpus Domini, nella serata di giovedì 30 maggio si terrà a Cremona la tradizionale celebrazione cittadina presieduta dal vescovo e al termine della quale si terrà la processione eucaristica per le vie della città. L’appuntamento quest’anno è a Borgo Loreto, nella chiesa della Beata Vergine Lauretana e S. Genesio, quale occasione per valorizzare ulteriormente il 4° centenario del Santuario lauretano di Cremona.

L’appuntamento è alle 21 nella chiesa parrocchiale di Borgo Loreto per la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata dai sacerdoti della zona pastorale 3.

Dopo le comunioni, per le vie del quartiere si snoderà la processione eucaristica: dietro alla Croce si disporranno i fedeli, seguiti dai religiosi, i ministranti, i sacerdoti concelebranti e, sotto il baldacchino, il vescovo Napolioni con il Santissimo Sacramento; infine le autorità cittadine con il Gonfalone della città. La processione percorrerà via Legione Ceccopieri, via Rosario, via Emanuale Sardagna, piazza Patrioti, via Carlo Cattaneo e di nuovo per via Legione Ceccopieri fino a raggiungere nuovamente la chiesa parrocchiale dove il vescovo impartirà la solenne benedizione eucaristica.

«La proposta di celebrare il Corpus Domini a Borgo Loreto, nell’unità pastorale “Madre di Speranza”, – spiega don Pietro Samarini, vicario zonale della zona pastorale 3 – arriva direttamente dal vescovo, che ha chiesto che una delle due processioni cittadine annuali fosse fatta in periferia, per dare un segnale di una Chiesa “in uscita”». Da qui la scelta del quartiere di Borgo Loreto, anche per un’ulteriore motivazione. «Non solo potrà essere una concreta testimonianza di una Chiesa vicina alle realtà sociali e parrocchiali che si interfacciano con le fragilità delle situazioni di periferia – continua don Samarini –. È stata scelta la chiesa di Borgo Loreto, intitolata alla Beata Vergine Lauretana proprio nell’anno in cui ricorre il quarto centenario dalla costruzione del Santuario lauretano di Cremona».

La celebrazione è organizzata dalla Zona pastorale 3 e promossa con il supporto dell’unità pastorale “Madre di Speranza”, con l’intera comunità coinvolta nella preparazione e nella gestione dell’evento cittadino. Ad animare la Messa e la processione saranno, infatti, i cori delle parrocchie dell’unità pastorale.

 

Scarica la locandina




A Cingia de’ Botti l’ultimo saluto a don Francesco Castellini, «uomo semplice e di carità»

 

«Un uomo di grande semplicità. Una semplicità che traspariva dal suo modo di intrattenere il dialogo con le persone, ma anche da quella sua sagace ironia, da quella sua sapiente parola con cui interveniva per dire la sua idea, ma sempre con un grande rispetto degli altri». Nella chiesa parrocchiale di Cingia de’ Botti, il vescovo emerito Dante Lafranconi ha voluto ricordare così il don Francesco Castellini, deceduto improvvisamente la sera di lunedì 20 maggio all’età di 85 anni, a seguito di un malore in casa.

Il vescovo emerito Lafranconi ha portato la vicinanza dal vescovo Antonio Napolioni, impossibilitato a essere presente in quanto ancora impegnato in Vaticano per la conclusione dei lavori dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.

«È proprio pensando a don Francesco che mi sembra di poter vedere il lui la valorizzazione di quello che il Vangelo ci ha detto — ha spiegato mons. Lafranconi nell’omelia —. Don Francesco fu un uomo di grande carità, non quella esuberante e vistosa». Lafranconi, sessant’anni di sacerdozio a giugno proprio come don Castellini, ha voluto condividere una confidenza fattagli dal sacerdote originario di Cingia: «Più di una volta mi ha confidato come nei confronti di persone povere, di situazioni di povertà, abbia avuto la sua accortezza di intervenire silenziosamente, ma in maniera efficace”.

Un vita spesa al servizio degli altri, una vita trascorsa seguendo gli insegnamenti del Vangelo. «La vita ci presenta tante occasioni per rinunciare a quel modo di comportarsi che in fondo nasce dal nostro egoismo», ha detto il vescovo emerito, aggiungendo che «quello che mi ha sempre colpito di don Francesco era che anche di fronte alle rinunce non ha mai pensato di fare chissà che grandi cose, era la sua riservatezza, era la sua convinzione che non bisognava drammatizzare le situazioni, né quelle della propria vita né quelle della vita degli altri».

Il vescovo Lafranconi ha concluso l’omelia ricordando don Francesco come «un uomo di carità, un uomo semplice, un uomo che non drammatizza nessuna situazione, ma la affrontava con l’umiltà, la semplicità e la confidenza in Dio che gli permetteva di mantenere la sua serenità, e anche il suo buon umorismo. E sarà così anche in paradiso».

 

Omelia del vescovo emerito Lafranconi

 

Accanto al vescovo Lafranconi hanno concelebrato don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per la pastorale e il clero, e don Ettore Conti, parroco dell’unità pastorale di Cingia de’ Botti, Motta Baluffi e Scandolara Ravara, insieme anche ai collaboratori parrocchiali don Luigi Carrai e don Paolo Tonghini e diversi sacerdoti diocesani.

Insieme ai famigliari di don Castellini, erano presenti anche il sindaco di Cingia de’ Botti, Fabio Rossi, e il primo cittadino di Salvirola, Nicola Marani, dove don Francesco fu parroco dal 1977 al 1996 e che dal 2001 fa parte della Diocesi di Crema.

Al termine della celebrazione alcuni rappresentanti delle comunità di Pescarolo e di Pieve Tarzagni, dove era stato parroco e vicario, seguiti dal sindaco di Salvirola, hanno voluto ricordare don Castellini ripercorrendo alcuni dei momenti più significativi degli anni trascorsi insieme.

Dopo le esequie la salma è stata portata nel cimitero del paese per la tumulazione.

 

Profilo di don Francesco Castellini

Nato a Cingia de’ botti il 20 novembre 1938, ordinato sacerdote il 27 giugno 1964, don Francesco Castellini ha iniziato il suo ministero sacerdotale come vicario a Covo; quindi nel 1969 il trasferimento a Persico, sempre come vicario. Dal 1977 al 1996 è stato parroco di Salvirola (parrocchia che dal 2001 è in diocesi di Crema, oggi in unità pastorale con Izano). Nel 1996 è diventato parroco di Pescarolo e dal 2002 ha ricoperto anche l’incarico di amministratore parrocchiale di Pieve Terzagni. Nel 2014 si era quindi ritirato a Cingia de’ Botti, dove viveva nella cascina di famiglia: qui il decesso nella serata di lunedì 20 maggio, a seguito di un malore improvviso.




Lo stile di Santa Rita da Cascia: ricerca, esperienza, condivisione del primato di Dio

«Santa Rita ci chiama e noi saremo puntuali per riconoscerla, celebrarla e ringraziarla in occasione della sua prossima festa. Anche quest’anno santa Rita ha un suggerimento e un regalo da darci: la verità di Gesù Cristo e la Grazia di Dio! Nella vita di Rita è costante e fermo il primato di Dio. Dio è sempre al primo posto, sia nella gioia che nella sofferenza. Il dolore non scalfisce la sua fede. Ha ferma fiducia nel suo Creatore, e accoglie le vicende della vita tenendo alto lo sguardo. Rita riesce a trasmettere, con la sua vita, questo primato sia al marito che ai figli, successivamente alle Sorelle del Convento, proprio perché la sua fede è convinta. Anche noi se vogliamo trasmettere la fede dobbiamo prima viverla con convinzione. Santa Rita ha tramandato il suo messaggio senza mai scrivere niente, ma usando l’esempio concreto del vivere quotidiano».

Così don Claudio Anselmi, rettore della rettoria delle Sante Margherita e Pelagia di Cremona, in via Trecchi 11, la chiesa da tutti conosciuta come “Santa Rita”, nel 95° anniversario (22 maggio 1929) della devozione di santa Rita a Cremona nella chiesa di via Trecchi.

La tradizionale Festa di Santa Rita, preceduta dalla Novena che dal 13 maggio prevede ogni giorno alle 17 la preghiera del Rosario e alle 17.30 la Messa con supplica a santa Rita, si svolgerà dal 21 al 23 maggio con il seguente programma:

  • martedì 21 maggio – VIGILIA, si celebra il pio transito della Santa: ore 17 Rosario; ore 17.30 Messa
  • mercoledì 22 maggio – FESTA: Messe alle ore 6:00 / 7:30 / 9:00 (S. Messa Solenne) / 11:30 / 17:30 / 19:00
  • giovedì 23 maggio: 17:30 S. Rosario / 18:00 S. Messa di Suffragio per iscritti e benefattori Pia Unione

«Che l’incontro con santa Rita, nella fede e nella preghiera, – è l’auspicio del rettore don Anselmi – rigeneri la Speranza in tutti. La Speranza non delude. È sempre lì: silenziosa, umile, ma forte. Auguro che la festa di santa Rita aiuti a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. In questo tempo di incertezze, ansie e sofferenze S. Rita aiuterà ancora: avere fede non significa non avere momenti difficili, ma avere la forza di affrontarli, certi che non siamo soli!».

Locandina con il programma delle celebrazioni

 

La benedizione delle rose

Dal pomeriggio di lunedì 20 maggio e fino al 23 maggio, nel cortile della chiesa sarà allestito il consueto spazio per la benedizione e la vendita delle rose e degli oggetti.

Il rito della benedizione delle rose, sappiamo, ricorda un particolare episodio della Santa. Si dice che, sul letto di morte, Santa Rita abbia chiesto una rosa del giardino dei suoi genitori. Era inverno. Tuttavia una bella rosa fu trovata sull’arbusto indicato dalla santa. Da allora Santa Rita è stata sempre associata alle rose. Il profumo delle rose, associato a Santa Rita, pervade ancora oggi la vita di uomini e donne. Da allora ad oggi, ogni Devoto, porta le proprie rose in chiesa perché siano benedette e poi custodite in casa o offerte a qualche persona malata o sola affinché possa ricevere, per intercessione di Santa Rita, un po’ di un conforto o una particolare grazia.

Le rose benedette sono segno di speranza, consolazione, fortezza, salute, perdono, gioia e pace nell’imitazione di Santa Rita.

 

L’Associazione “Amici di Santa Rita”

La festa sarà anche l’occasione per festeggiare l’Associazione “Amici di Santa Rita ETS” (la nuova Pia Unione). L’associazione non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità rivolte alla tutela, promozione e valorizzazione dei beni mobili ed immobili di interesse artistico e storico commissionando direttamente o finanziando interventi riguardanti la chiesa delle “Sante Margherita e Pelagia”, in Cremona nonché il complesso di S. Rita ad essa collegato. Inoltre l’associazione vuole anche:

  • promuovere nella comunità cristiana e nella società civile i valori della famiglia, della pace, del perdono e della riconciliazione, che sono le singolari caratteristiche della testimonianza umana e cristiana di Santa Rita;
  • promuovere la devozione e il culto di Santa Rita nelle modalità e secondo le indicazioni della Chiesa.

All’Associazione è possibile destinare il proprio 5×1000 compilando l’apposita sezione nella dichiarazione dei redditi mettendo il Codice Fiscale 93064540193 e rendendo così la propria dichiarazione dei redditi, da scadenza fiscale a occasione di dono, per aiutare la Chiesa di Santa Rita in Cremona.

 

Il semestrale “La Rosa di S. Rita”

In occasione della festa è uscito il nuovo numero del semestrale “La Rosa di S. Rita”, foglio di informazione e di collegamento, che vuole essere strumento agile che consenta di far conoscere le varie iniziative e alimentare la devozione verso questa Santa.

Con questo numero ha presso il via una nuova rubrica: “VOCE DAL MONASTERO”, una pagina scritta dalle Monache Domenicane in S. Sigismondo a Cremona. Chi meglio di Loro, può aiutare i devoti di S. Rita a capire il valore della Vita consacrata tra silenzio e preghiera che S. Rita ardentemente desiderava e ha compiuto. Le Sorelle, cordiali e premurose, riflettono ciò che l’intera Comunità si augura di poter comunicare: comprensione, stima, ascolto, testimonianza discreta resa all’assoluto di Dio, luce e gioia. In Monastero tutto è orientato alla ricerca del Volto di Dio e la monaca vive raccolta e protesa all’essenziale!

L’ultimo numero del semestrale “La Rosa di S. Rita”

 




Il 31 maggio ad Arzago la testimonianza del card. Ernest Simoni, per oltre 25 anni in carcere in Albania

Sarà il cardinale Ernest Simoni, prete albanese sopravvissuto a oltre 25 anni carcere e di lavori forzati, a chiudere il mese di maggio per le parrocchie di Arzago d’Adda e Casirate d’Adda, concludendo il percorso dell’unità pastorale guidata da don Matteo Pini sul tema della speranza.

Venerdì 31 maggio il cardinale presiederà alle 20.30 la Messa nella chiesa parrocchiale di Arzago, dove alle 21.15 offrirà quindi la propria testimonianza sul tema della speranza, riprendendo la tematica proposta alla comunità per il cammino quaresimale.

Classe 1928, originario dell’Arcidiocesi di Shkodrë-Pult (Scutari – Albania), fu considerato un “nemico del popolo” ai tempi della dittatura comunista di Enver Hoxha e per questo arrestato nella notte di Natale del 1963 mentre celebrava la messa a Barbullush. Confinato in una cella d’isolamento con una condanna a diciotto anni, ai suoi compagni di prigionia gli aguzzini ordinarono di registrare la sua “prevedibile rabbia” contro il regime, ma dalla bocca del sacerdote uscirono sempre e solo parole di perdono e di preghiera. Condannato a morte, la sua pena fu commutata in venticinque anni di lavori forzati nelle gallerie buie delle miniere di Spac e poi nelle fogne di Scutari.

Anche in questa drammatica situazione non perse la fede e neppure interruppe il suo ministero sacerdotale: riuscì ogni giorno, di nascosto, a celebrare la Messa e confessare gli altri carcerati, divenendo padre spirituale di alcuni di loro e distribuendo anche la comunione, con un’ostia cotta di nascosto su piccoli fornelli, mentre per il vino fece ricorso al succo dei chicchi d’uva.

Liberato il 5 settembre 1990, appena fuori dal carcere confermò il perdono ai suoi aguzzini, invocando per loro la misericordia del Padre.

Secondo albanese a ricevere la porpora (nel 2016), il card. Simoni ha commosso il mondo e, in particolare, Papa Francesco quando, il 21 settembre 2014, nella Cattedrale di Tirana, ha raccontato davanti al Pontefice le violenze e le vessazioni subite per ventisette anni durante la dittatura comunista.

Il cardinale Simoni è oggi l’unico sacerdote vivente testimone della persecuzione perpetuata dal regime comunista in Albania e, nonostante l’età, con il suo instancabile apostolato in Italia, in Albania e nel mondo porta la testimonianza della Chiesa del silenzio d’Albania perseguitata nello scorso secolo a motivo della fede in Cristo.



Assemblea CEI, Card. Zuppi: «Lo stato di salute del Paese desta particolare preoccupazione», «povertà assoluta fenomeno strutturale»

«Lo stato di salute del Paese desta particolare preoccupazione». A lanciare il grido d’allarme è stato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione ai lavori della 79ª Assemblea generale dei vescovi italiani, in corso in Vaticano fino al 23 maggio. «In Italia, il 9,8% della popolazione, circa un italiano su dieci, vive in condizioni di povertà assoluta», ha ricordato il presidente della Cei.

«Le stime preliminari dell’Istat, riferite all’anno 2023, mostrano quanto la povertà sia un fenomeno strutturale del Paese. Complessivamente risultano in uno stato di povertà assoluta 5 milioni 752mila residenti, per un totale di oltre 2 milioni 234mila famiglie. A loro si aggiungono le storie di chi vive in una condizione di rischio di povertà e/o esclusione sociale: si tratta complessivamente di oltre 13 milioni di persone, pari al 22,8% della popolazione: il dato italiano supera la media europea». «È sempre più difficile uscire dall’abisso dell’indigenza», l’analisi di Zuppi: «Si rafforzano le povertà croniche e quelle intermittenti, relative ai nuclei familiari che oscillano tra il “dentro” e il “fuori” dalla condizione di bisogno. Si rafforza inoltre il divario generazionale: i giovani sono sempre più esposti a difficoltà economiche e aumenta il vuoto creato da coloro che tendono ad allontanarsi dalla partecipazione politica e dal volontariato». Sempre secondo i dati ufficiali dell’Istat, «nel 2023 il 40,2% dei 16-24enni ha svolto almeno un’attività di partecipazione politica, con una riduzione significativa rispetto al 54,5% del 2003; l’8,0% ha svolto attività di volontariato, con una riduzione significativa rispetto a venti anni prima (era 11,0% nel 2003)».

«Nel nostro Cammino sinodale uno spazio importante viene riservato proprio alla domanda spirituale dei giovani, ma anche a quella degli anziani, che tanto possono aiutare a costruire un futuro per tutti ma che vanno garantiti nella loro fragilità», ha ricordato il cardinale, secondo il quale l’imminente Settimana sociale dei cattolici, che vedrà la presenza del Santo Padre e del presidente della Repubblica, «sarà per noi una occasione preziosa per favorire le dinamiche partecipative in particolare dei giovani, perché si sentano parte di un sogno e di un progetto comune».

M. Michela Nicolais (AgenSir)




«La Chiesa non può arrendersi alla logica terribile del male»

«La Chiesa è una madre che ama e per questo non può arrendersi alla logica terribile del male». Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, concludendo il momento di preghiera dei vescovi italiani la sera di lunedì 20 maggio si è svolto nella basilica di San Pietro, dove sono arrivati in processione al termine della prima giornata della 79ª Assemblea generale, cominciata con l’incontro riservato dei presuli con Papa Francesco.

«La Chiesa è una madre che porta nel suo cuore quella sofferenza terribile, indicibile, delle vittime, delle tante madri che non vogliono essere consolate perché i loro figli non ci sono più». E ancora: «Maria si rende conto, fa sua la sofferenza, la capisce più di tutti perché la vede con gli occhi di Gesù», ha detto Zuppi: «La vede con gli occhi dei bambini, di quei tanti bambini che ci fanno capire il mondo partendo dal loro dolore, da quel grido terribile dei piccoli che giorno e notte invocano la pace con la loro insistenza e il loro pianto».

La preghiera del Rosario, la preghiera con Maria – per il cardinale – ci fa «cercare la via della pace nell’affrontare ogni seme di divisione e di odio, per ricostruire la famiglia umana» partendo «dall’essere, dal pensarsi insieme in nome di quella fraternità che viene dall’essere fratelli, e fratelli con tutti».

«Nessuno esiste senza gli altri – ha affermato il presidente della Cei –. Se gli altri non esistono più, anche noi smettiamo di esistere, come ha detto Papa Francesco a Verona. Questa insistenza ci aiuta a scegliere nel profondo di essere artigiani di pace, perché tanti artigiani di pace possano aiutare coloro che hanno il compito di costruire l’architettura della pace”, costruendo “ponti di solidarietà, di comprensione, di amore».

L’iniziativa, che ha visto idealmente unite tutte le Diocesi italiane e i fedeli attraverso la diretta televisiva di Tv2000, ha voluto essere un’occasione per manifestare la solidarietà e la vicinanza della Chiesa in Italia alle popolazioni che soffrono per la guerra e per invocare il dono prezioso della pace.

Alle 20.30, i vescovi italiani si sono ritrovati nell’area antistante l’aula Paolo VI per proseguire in processione fino all’interno della Basilica.

A introdurre la veglia un videomessaggio del card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. «Grazie per la vostra vicinanza, per le tantissime forme di solidarietà che tutta la Chiesa d’Italia, le varie diocesi, le varie realtà legate alla Chiesa stanno esprimendo alla nostra Chiesa e soprattutto a questa piccola comunità che ho trovato molto colpita, anche concretamente, con diversi morti, ma molto unita e molto forte». Con queste parole il card. Pizzaballa ha voluto esprimere il suo ringraziamento alla Conferenza episcopale italiana, in un videomessaggio registrato a Gaza e diffuso prima della veglia di preghiera. «Ho trovato tanto dolore e tanta sofferenza, ma non rabbia né rancore. Questo mi ha colpito e dice molto di questa comunità che vive qui proprio fuori da queste mura», ha detto ricordando che «in certi momenti non si possono risolvere i problemi, ma bisogna esserci. Stare lì e dire che ci siamo». «Stiamo facendo tutto il possibile – ha assicurato – per cercare di aiutare tutti, per venire fuori da questa situazione, perché questo circolo vizioso di violenza si possa interrompere quanto prima».

Nel suo saluto, il cardinale Pizzaballa ha voluto ringraziare il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, per la scelta di recarsi a giugno in Terra Santa. «Grazie – ha concluso – per aiutarci a vivere bene, per quanto possibile, da cristiani, da credenti, ma radicati nella terra e nella vita della gente, questo momento così difficile. Pregate per noi e noi continueremo, per quanto possibile, nonostante tutto, in questa circostanza a pregare e ringraziarvi».




Il Papa in dialogo con la CEI su migrazioni, calo vocazioni, accorpamento diocesi

 

Le problematiche del mondo di oggi, tra ideologie che appiattiscono, fenomeni migratori e manifestazioni antisemite, e quelle della Chiesa, come l’accorpamento delle diocesi o l’accompagnamento dei sacerdoti, sono state al centro del dialogo tra Papa Francesco e i vescovi della CEI nel pomeriggio di lunedì 20 maggio in Aula nuova del Sinodo. Poco prima delle 16, il Papa ha aperto la 79ª Assemblea generale della Conferenza Episcopale italiana. Con i circa 200 vescovi italiani Francesco ha pregato l’Ora media, poi ha rivolto loro un saluto e infine ha consegnato un testo scritto preparato.

 

Colloquio di un’ora e mezza 

Come da inizio del pontificato, il Papa ha poi voluto dialogare a porte chiuse con i presuli italiani – già incontrati nelle sedici visite ad limina dei mesi scorsi – invitati a parlare liberamente e apertamente. Per un’ora e mezza, fino alle 17.30 Papa Francesco ha quindi ascoltato le loro domande e offerto risposte e spunti di riflessione.

Numerosi i temi avvicendatisi nel corso del dialogo: i giovani, quelli che restano e quelli che vanno via dall’Italia “impoverendola”, la preoccupazione per il loro presente e il loro futuro, le ideologie che si insinuano nella cultura e nella società, il calo delle vocazioni nascenti e la cura di quelle presenti, l’accoglienza dei migranti, quale dovere morale, l’inquietudine per il ritorno di espressioni di antisemitismo, la sinodalità, l’accompagnamento dei pastori ai sacerdoti.

 

L’accorpamento delle diocesi

Una delle tematiche principali è stata l’accorpamento delle diocesi italiane, una questione per la quale Francesco già nel suo primo incontro con la CEI del 2013 aveva esortato a una riflessione approfondita e a soluzioni pratiche, tenendo sempre conto delle perplessità di alcuni degli stessi vescovi circa le diverse identità culturali di ogni territorio e il rischio di un ingrandimento tale da creare difficoltà nella prossimità dei pastori. Situazioni rappresentante al Papa anche nelle diverse visite ad limina delle Conferenze Episcopali regionali che hanno consentito al Pontefice di “avere informazioni” prima poco chiare.

In questi anni sono state 22 le diocesi italiane unificate in persona episcopi. Ma non è detto che si continui su questa strada, è quello che emerso oggi nel dialogo tra il Papa e i vescovi: è possibile infatti un ripensamento di questa procedura. Una proposta emersa è quella di unificare più che altro le strutture, inclusi gli stessi seminari regionali (spesso popolati da un esiguo gruppo di aspiranti sacerdoti), come sollecitato dal Papa stesso in diverse occasioni in passato.

 

Crisi delle vocazioni

La questione è strettamente legata all’altro tema, emerso a più riprese oggi, del calo delle vocazioni. Alcuni vescovi hanno fatto presente la riduzione di comunità, sacerdoti e religiosi e Francesco ha richiamato l’esempio di diverse Chiese, specie quelle dell’America latina, dove l’attività della comunità è gestita da laici e suore.

 

Accompagnamento, sinodalità, preghiera

Focus nel colloquio anche sulla esperienza della sinodalità e sulla indicazione a seguire con affetto paterno i sacerdoti, che necessitano di essere accompagnati nei cambiamenti e nelle trasformazioni culturali del tempo moderno. Davanti ai problemi il Papa ha incoraggiato a non spegnere l’entusiasmo, nella certezza che Dio mai abbandona e anche con la forza dello Spirito Santo che aiuta ad affrontare le difficoltà con una mentalità e un atteggiamento nuovi.

 

In dono il libro “Santi e non mondani”

Forte l’invito del Papa a vivere una Chiesa sinodale e anche a realizzare una solida formazione dei sacerdoti e dei laici, così da non cadere nella brutta tentazione del clericalismo. A tal proposito, è stato simbolico il dono consegnato dal Pontefice ai vescovi CEI: il libro “Santi e non mondani”, edito dalla LEV. Si tratta di una raccolta di contributi di Jorge Mario Bergoglio di epoche diverse: un testo del 1991, intitolato Corruzione e peccato, la Lettera ai sacerdoti della Diocesi di Roma dell’estate 2023, un’introduzione inedita dello stesso Pontefice. Tutti testi accomunati dalla denuncia della “mondanità spirituale” quale vera e propria piaga della fede.

Salvatore Cernuzio (VaticanNews)