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Abusi: incontro tra Pastori con l’obiettivo della concretezza

C’è un’attesa mediatica eccessiva in vista della prossima riunione convocata da Papa Francesco sul tema della protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, come se si trattasse di un evento a metà strada tra un concilio ed un conclave. Un’attesa che rischia di far passare in secondo piano il significato ecclesiale di un incontro tra pastori, tra i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, che insieme al Successore di Pietro rifletteranno sul tema degli abusi.

È innanzitutto da sottolineare l’universalità tipica della Chiesa cattolica che si riverbera nell’incontro: la presenza degli episcopati di tutto il mondo, chiamati per la prima volta insieme ad affrontare questa dolorosissima piaga che è stata ed è fonte di enormi sofferenze per le vittime e di contro-testimonianza evangelica, aiuterà ad accrescere la consapevolezza di tutti sulla gravità della crisi. Il fenomeno degli abusi sui minori, le drammatiche esperienze delle vittime, le procedure da applicare di fronte alle denunce e le indicazioni per garantire un ambiente sicuro ai bambini e ai ragazzi saranno dunque esaminate con un’ottica non soltanto europea o statunitense.

L’obiettivo della riunione è molto concreto: far sì che ognuno di coloro che vi prenderanno parte possa far ritorno al proprio Paese avendo assolutamente chiaro che cosa bisogna fare (e non fare) di fronte a questi casi. Quali siano i passi da compiere per tutelare le vittime, nel rispetto della verità e delle persone coinvolte, per far sì che mai più nessun caso venga coperto o insabbiato.

Bisognerà ovviamente attendere il dialogo tra i vescovi e le proposte che verranno avanzate per meglio chiarire o specificare alcuni aspetti particolari della normativa vigente in materia. Con la consapevolezza che non si tratta di un “anno zero” della lotta agli abusi perché negli ultimi sedici anni molti passi significativi e concreti sono stati compiuti. Le norme per agire sono state stabilite e inasprite per volontà degli ultimi Pontefici e in taluni casi possono essere definite “emergenziali” per la rapidità di azione che permettono nei confronti di coloro che si sono macchiati di questo delitto.

Ma le norme, le leggi, i codici, le procedure sempre più affinate e precise non bastano, non potranno mai bastare se non cambiano la mentalità e il cuore di coloro che sono chiamati ad applicarle. Per questo Francesco continua a indicare la via della conversione. Per questo è importante che ciascuno dei partecipanti all’incontro ascolti le testimonianze delle vittime sopravvissute e prenda esempio dalla testimonianza di Benedetto XVI e del suo Successore, che negli ultimi dieci anni, in varie parti del mondo, hanno accolto le vittime, le hanno ascoltate, hanno pianto con loro condividendo la loro sofferenza.

Nel recente discorso alla Curia romana, Francesco, dopo aver ribadito che anche soltanto un caso di abuso sarebbe “già di per sé una mostruosità”, aveva aggiunto che la riunione di febbraio servirà per cercare “di trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare” la piaga degli abusi “non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società”.

Andrea Tornielli

(fonte: VaticanNews)




Chosen: in Zona 2 cinque incontri per i giovani

“Chosen. Scelgo di scegliere”. È questo il titolo del percorso per i giovani della zona pastorale 2 che prenderà avvio domenica 13 gennaio all’oratorio di Pizzighettone, proseguendo poi con cadenza mensile, la domenica pomeriggio, nei vari oratori della zona (cinque incontri in tutto) approfondendo il tema della scelta. Il percorso è il frutto della riflessione dei giovani della Zona che hanno partecipato al Sinodo insieme ad altri loro coetanei.

Tutti gli incontri avranno inizio alle ore 18 e, dopo un momento introduttivo di preghiera, vi sarà la relazione del relatore. Seguiranno i lavori di gruppo, portando così avanti lo stile sinodale. Quindi il ritorno in assemblea dove il relatore offrirà le conclusioni a partire dagli stimoli offerti dai gruppi. L’incontro si concluderà quindi con la cena condivisa.

Locandina del primo incontro

 

Il programma degli incontri

Domenica 13 gennaio – oratorio di Pizzighettone
“Scelgo di scegliere: introduzione al tema”
con Samuele Lanzi, professore di Filosofia al Lice Vida di Cremona

Domenica 17 febbraio – oratorio di San Bassano
“Scelgo.. di vivere la fede”
con Alessandro Campi, docente di Basi di dati e Informatica presso il Politecnico di Milano

Domenica 10 marzo – oratorio di Soncino
“Scelgo… il lavoro e l’impegno sociale”
con Abdoulaye Mbdodj, primo avvocato africano del Foro di Milano

Domenica 7 aprile, oratorio di Castelleone
“Scelgo… Di non scegliere il male”
con Marco Brusati, docente presso l’Università di Firenze, collaboratore del Dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita

Domenica 5 maggio, oratorio di Casalbuttano
“Scelgo … l’amore quello vero”
con Federico rizzi e Claudia Bignami, fondatori di “Pellegrini con gioia”

 

Locandina del percorso




Il mercato delle armi minaccia per l’umanità

Il destino del pianeta è minacciato da gravi insidie come quelle legate alle armi. E’ quanto ricorda Papa Francesco nel discorso rivolto ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. A Vatican News Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo sottolinea che su scala mondiale si registra una “crescita enorme delle spese militari”.

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/01/10/11/134813249_F134813249.mp3

Mercato delle armi in crescita

A livello mondiale, negli anni della cosiddetta guerra fredda, la spesa militare globale era di circa 1400 miliardi. Oggi si è superata la cifra di 1730 miliardi.

“ Purtroppo, duole constatare che non solo il mercato delle armi non sembra subire battute d’arresto, ma anzi che vi è una sempre più diffusa tendenza ad armarsi, tanto da parte dei singoli che da parte degli Stati. Preoccupa specialmente che il disarmo nucleare, ampiamente auspicato e in parte perseguito nei decenni passati, stia ora lasciando il posto alla ricerca di nuove armi sempre più sofisticate e distruttive. In questa sede, intendo ribadire che «non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari. Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso – mi viene da dire l’immoralità del loro uso – nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano. (Papa Francesco, 7 gennaio 2019) ”

A destare preoccupazione, sottolinea Maurizio Simoncelli, è anche il commercio di armi piccole e leggere, “usate in tutte le guerre dimenticate” e negli ultimi anni destinate, in particolare, all’area del Medio Oriente e del Nord Africa.

Armi sempre più devastanti

La disponibilità di armi nucleari è un altro aspetto inquietante. Si è passati da oltre 80 mila testate nucleari presenti nel periodo della guerra fredda negli arsenali delle superpotenze a poco più di 15 milia armamenti atomici, di cui circa 4 mila operativi. Ma questa diminuzione si lega alla diffusione di armi sempre più precise, rapide e potenti.

“ Preoccupa specialmente che il disarmo nucleare, ampiamente auspicato e in parte perseguito nei decenni passati, stia ora lasciando il posto alla ricerca di nuove armi sempre più sofisticate e distruttive. (Papa Francesco, 7 gennaio 2019) ”

Oltre alla minaccia permanente della guerra nucleare, si assiste allo sviluppo di nuovi scenari connessi allla tecnologia militare. A destare grandi preoccupazioni, sottolinea Maurizio Simoncelli, sono le armi autonome in grado, “attraverso l’intelligenza artificiale, di scegliere l’obiettivo e colpire il bersaglio”. Alcune di queste già sono operative lungo i confini tra Corea del Nord e Corea del Sud. L’arma autonoma, ricorda Simoncelli, potrebbe essere uno strumento per consolidare regime e dittatori “che non avrebbero più bisogno della presenza del militare”.

Ingannevole senso di sicurezza

Un altro aspetto da rimarcare riguarda la cosiddetta deterrenza nucleare. È un processo che non genera sicurezza, ma instabilità.

“ Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà. (Papa Francesco, 7 gennaio 2019) ”

Un passo fondamentale, ricorda Maurizio Simoncelli, è quello di rinunciare alle armi nucleari. Un segnale politico importantissimo, aggiunge, è stato dato l’anno scorso con il Trattato per il bando totale delle armi nucleari, firmato da oltre 120 Paesi nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ma purtroppo, osserva Simoncelli, “i Paesi del cosiddetto club nucleare non hanno firmato questo trattato”. A questo orientamento si contrappone la logica delle aree denuclearizzate, tra cui l’America Latina, l’Africa e l’Asia centrale, in cui si ribadisce il rifiuto delle armi nucleari, “che porterebbe solamente alla distruzione del pianeta”. Ma ci sono ancora tanti Stati “che si definiscono più avanzati e democratici” – conclude Simoncelli – che invece dispongono di queste armi.




Il discorso “scomodo” del Papa al corpo diplomatico

È un tono fiducioso quello usato da Papa Francesco nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo diplomatico. Delle tante situazioni, in tutti i continenti, Europa compresa, di conflitto e di tensione, tende a valorizzare, senza nulla tacere delle sofferenze, gli aspetti che possono fare comunque bene sperare.

L’atteggiamento, il tono, non è poco, in un mondo privo di baricentro, in cui questo strano terzetto, uno più due, come dicono gli osservatori, ovvero Stati Uniti e poi Cina e Russia, non riesce ad esprimere un equilibrio, ma procede a strappi.

Tono fiducioso in particolare su un dossier in cui la Santa Sede è direttamente interessata, ovvero quello della libertà religiosa in Cina.

La cornice è una lettura realistica e soprattutto personalistica ed umanistica del “multilateralismo”. Che Papa Francesco riprende dal discorso alle Nazione Unite di san Paolo VI nel 1965 e orienta con chiarezza verso la “difesa dei deboli”, denunciando la “ricerca di un consenso immediato e settario” a breve termine, e “forme di colonizzazione ideologica” di “globalizzazione sferica”, che produce per reazione populismi e nazionalismi.

Qui c’è anche la questione dei migranti. Su cui il discorso al corpo diplomatico rappresenta una buona occasione per riflettere. E fare chiarezza.

Perché purtroppo sta diventando corrente nel sistema della comunicazione e per derivazione anche nel discorso comune, quotidiano, l’equazione Papa Francesco-accoglienza dei migranti. Si sta accreditando insomma la volgata per cui il Papa non avrebbe null’altro da dire e non dica altro. E per di più in modo perentorio e acritico. Così si attivano opposte tifoserie, si fa un bel po’ di baccano mediatico, con il pratico risultato, caricaturandola, di applicare il silenziatore alla voce del Papa (e della Chiesa), ridotto alla ripetizione di un refrain che ne enfatizza la marginalità. E così nessuno si prende la briga di mettere in atto concrete politiche pubbliche per fronteggiare la questione. Limitandosi appunto alla propaganda.

In realtà il punto è proprio questo e nel discorso al corpo diplomatico, che, per dare una misura delle cose, dedica giustamente meno di un dodicesimo dello spazio alla questione dei migranti, dice con chiarezza: “Le recenti emergenze hanno mostrato che è necessaria una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati”.

Certo il discorso del Papa è scomodo. Ma non perché è ideologico, come molti si ostinano a ripetere, con l’obiettivo di creare conflitti intra-ecclesiali e nell’opinione pubblica, ma perché mette ciascuno e dunque anche i decisori e i responsabili politici di fronte alle proprie responsabilità. Assicurando nel frattempo comunque la sollecitudine pastorale e caritativa alle persone concrete. Ma nella chiara distinzione dei piani e dunque delle responsabilità.

Francesco Bonini
(Agensir)




Preti uscita: lunedì giornata di fraternità a Milano

Prosegue anche nel nuovo anno l’iniziativa mensile “Preti in uscita”: giornate di fraternità sacerdotale promosse per il clero cremonese insieme al vescovo Antonio Napolioni. Nella giornata di lunedì 14 gennaio il clero cremonese farà tappa a Milano, dove in mattinata si visiterà la galleria di arte moderna di S. Fedele: ad accompagnare il gruppo cremonese alla scoperta della galleria dei Gesuiti sarà il direttore, padre Andrea Dell’Asta, saggista e storico dell’arte, che illustrerà anche l’impegno della Compagnia di Gesù attraverso il proprio centro culturale. Seguirà la visita alla chiesa di S. Satiro, con la suggestiva prospettiva del Bramante, e ad altri edifici sacri del centro. Dopo pranzo i sacerdoti cremonesi potranno ammirare del bellezze del Museo del Duomo.




Giornata del malato: la vita non è “proprietà privata”, no ad “aziendalismo” e “profitto a ogni costo”

La vita è un dono di Dio, non è “proprietà privata”. Nel messaggio per la Giornata mondiale del malato – che si celebra l’11 febbraio in forma solenne a Calcutta e che a livello diocesano vedrà il vescovo Antonio Napolioni celebrare l’Eucaristia a Rivolta d’Adda, presso Casa famiglia “Spinelli” – il Papa individua nella logica del dono l’antidoto alla “cultura dello scarto e dell’indifferenza”, e indica in Madre Teresa il “modello” di carità verso i poveri e i bisognosi. Un “grazie” ai volontari e un monito alle strutture sanitarie cattoliche: no all’aziendalismo e al profitto a tutti i costi.

 

Materiali utili

 

Il messaggio del Papa

“La vita è dono di Dio”, esordisce Bergoglio, e proprio per questo “l’esistenza non può essere considerata un mero possesso o una proprietà privata, soprattutto di fronte alle conquiste della medicina e della biotecnologia che potrebbero indurre l’uomo a cedere alla tentazione della manipolazione dell’albero della vita”.

La cura dei malati ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza: di fronte alla cultura dello scarto e dell’indifferenza – l’appello – il dono va posto come il paradigma in grado di sfidare l’individualismo e la frammentazione sociale contemporanea, per muovere nuovi legami e varie forme di cooperazione umana tra popoli e culture”. Donare non è regalare, precisa Francesco, è “prima di tutto riconoscimento reciproco, che è il carattere indispensabile del legame sociale”.

“Ogni uomo è povero, bisognoso e indigente”,

in ogni fase della sua vita, il dato antropologico di partenza, che a partire dal senso del limite “ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come virtù indispensabile all’esistenza”. Di qui la necessità di “una prassi responsabile e responsabilizzante, in vista di un bene che è inscindibilmente personale e comune”.

“Santa Madre Teresa ci aiuta a capire che l’unico criterio di azione dev’essere l’amore gratuito verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, etnia o religione. Il suo esempio continua a guidarci nell’aprire orizzonti di gioia e di speranza per l’umanità bisognosa di comprensione e di tenerezza, soprattutto per quanti soffrono”.

Nell’anno in cui la Giornata mondiale del malato si celebra proprio a Calcutta, il Papa definisce Madre Teresa un “modello di carità” e ne ripropone ripetuto il ritratto tratteggiato in occasione della sua canonizzazione: “Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il ‘sale’ che dava sapore a ogni sua opera, e la ‘luce’ che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza. La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri”.

Nella parte centrale del suo Messaggio per la Giornata mondiale del Malato, il ringraziamento e l’incoraggiamento a

“tutte le associazioni di volontariato che si occupano di trasporto e soccorso dei pazienti, quelle che provvedono alle donazioni di sangue, di tessuti e organi”.

“Sono di fondamentale importanza i vostri servizi di volontariato nelle strutture sanitarie e a domicilio, che vanno dall’assistenza sanitaria al sostegno spirituale”, scrive Francesco dando del “tu” a ciascuno di loro: “Ne beneficiano tante persone malate, sole, anziane, con fragilità psichiche e motorie”. “Vi esorto a continuare ad essere segno della presenza della Chiesa nel mondo secolarizzato”, l’invito: “Il volontario – il ritratto – è un amico disinteressato a cui si possono confidare pensieri ed emozioni; attraverso l’ascolto egli crea le condizioni per cui il malato, da passivo oggetto di cure, diventa soggetto attivo e protagonista di un rapporto di reciprocità, capace di recuperare la speranza,
meglio disposto ad accettare le terapie. Il volontariato comunica valori, comportamenti e stili di vita che hanno al centro il fermento del donare. È anche così che si realizza l’umanizzazione delle cure”.

“La dimensione della gratuità dovrebbe animare soprattutto le strutture sanitarie cattoliche, perché è la logica evangelica a qualificare il loro operare, sia nelle zone più avanzate che in quelle più disagiate del mondo”.

È l’esortazione contenuta nella parte finale del Messaggio per la Giornata mondiale del malato, in cui il Papa ribadisce che “le strutture cattoliche sono chiamate ad esprimere il senso del dono, della gratuità e della solidarietà, in risposta alla logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento che non guarda alle persone”. Di qui l’invito a “promuovere la cultura della gratuità e del dono, indispensabile per superare la cultura del profitto e dello scarto”. “Le istituzioni sanitarie cattoliche non dovrebbero cadere nell’aziendalismo, ma salvaguardare la cura della persona più che il guadagno”, la raccomandazione.

(Agensir)




L’Azione Cattolica Ragazzi di Pandino in marcia per la pace

Castello visconteo, luogo di ritrovo e di partenza, campus scolastico di via Bovis, sagrato della chiesa parrocchiale, piazza della Rinascente ed oratorio San Luigi, meta finale. Queste le tappe della marcia della pace 2019, organizzata nel pomeriggio di domenica 13 gennaio dall’Azione Cattolica Ragazzi di Pandino che per l’occasione ha coinvolto nella realizzazione dell’evento il Comune (era presente il sindaco Maria Luise Polig), la Parrocchia, rappresentata dal vicario don Andrea Lamperti Tornaghi, ed una quindicina fra gruppi e associazioni di volontariato locali. Circa duecento i partecipanti. Molte le famiglie.

L’edizione di quest’anno della marcia si è basata sul concetto di pace come casa, proprio come l’ha definita papa Francesco in occasione del messaggio da lui lanciato in occasione della giornata mondiale della pace: “Pace come casa di tutti e per tutti” aveva detto il pontefice.

«Vi invitiamo – ha detto ai presenti Roberto Ferla, presidente dell’Azione Cattolica pandinese aprendo la manifestazione nell’arena interna del castello – a costruire con noi la nostra casa, un pezzo ciascuno».

Così, ad ogni tappa gli organizzatori hanno simbolicamente donato ad ognuna delle realtà coinvolte nella manifestazione, una parte di questa casa: il tetto al Comune, le finestre alla scuola, le porte aperte alla Chiesa, i mattoni alle associazioni di volontariato. Ogni porzione della casa della pace dell’ACR è stata affissa ad un tabellone, portato lungo il tragitto da due volontari, fino a completarlo. Agli educatori il compito di intrattenere bambini e ragazzi con momenti di gioco e di animazione.

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Da Castelverde a Madrid per il 41° incontro europeo dei giovani promosso dalla comunità di Taizè

Da diversi decenni, la comunità di Taizè, dal paese francese in cui ha trovato corpo l’intuizione di fr. Roger, propone un momento di intensità spirituale ai giovani, dandosi appuntamento, ogni anno, in una grande città europea, con l’obiettivo di generare una sempre nuova sensibilità intorno a una dimensione mai conquistata definitivamente: la pace. Quest’anno, dal 28 dicembre 2018 al 1° gennaio 2019, l’itinerario ha toccato e visto protagonista Madrid. È stata la capitale spagnola, infatti, a ospitare il 41° incontro europeo dei giovani e portare avanti quello che viene definito come l’ulteriore passo nel pellegrinaggio di fiducia sulla terra. Il prossimo sarà a Breslavia, in Polonia.

Anche un gruppo di giovani della parrocchia di Sant’Archelao di Castelverde ha partecipato a questa ricca opportunità, spinti dalla proposta, dalla curiosità, dalla possibilità di vivere in modo diverso il capodanno, da alcuni racconti di adulti che qualche decennio fa, a loro volta, erano stati coinvolti in tal senso.

«Tra gli aspetti che ci hanno maggiormente coinvolto – raccontano i ragazzi – il giusto spazio va dato alle famiglie che generosamente si sono rese disponibili per un’accoglienza che non è solo fatta di spazi o letti, ma soprattutto di volti, storie capaci di dialogare con giovani provenienti da tutta Europa, segno di una fiducia reciproca donata e da costruire e culminata nella festa che ha accompagnato l’arrivo del nuovo anno e il pranzo del primo di gennaio, occasione di scambio non solo di doni ma di esperienze, di vita e dell’universalità della fede, soprattutto in tanti coetanei in ricerca».

«Un altro aspetto senz’altro significativo – continuano i giovani di Castelverde – è da ricercare nel carattere libero dell’offerta di questa iniziativa. I gruppi erano di fatto autonomi e ciascuno aveva il dovere di costruirsi un proprio cammino, formato sulla propria maturità e fede. Questo è stato fatto per venire incontro al carattere ecumenico della proposta, capace di intercettare cristiani cattolici (la maggior parte), ortodossi dall’est d’Europa e protestanti dall’Europa centrale. Importanti per tutti, i momenti di preghiera, segnata dall’ascolto di brevi tratti della parola di Dio, dal silenzio per interiorizzarla e un efficace coinvolgimento capace di vivere innanzitutto davanti a Dio il mistero della pace. Abbiamo vissuto questi momenti la mattina, nelle parrocchie ospitanti, e la sera dopo cena con la grande preghiera che vedeva tutti i giovani raccolti in un grande padiglione nella zona della fiera di Madrid. A ciascun gruppo la responsabilità poi di gestire il resto del tempo tra una visita alla città, soprattutto alle sue raccolte d’arte, e i laboratori disseminati in vari punti della capitale e capaci di toccare innumerevoli temi di enorme attualità, quali: il rapporto tra scienza e fede, il dialogo interreligioso con testimonianze, la ricerca di assoluto nell’arte o nella musica, il dramma di un mondo in continua evoluzione, la sfida ecologica, tematiche etiche, culturali, sociali e politiche di notevole spessore e molto partecipate».

«Infine – sottolineano ancora i ragazzi della parrocchia di S. Archelao – non si può dimenticare il tema che ha dato sostanza a questo evento e che è stato approfondito dalle meditazioni di fr. Alois: l’ospitalità. Questo tema è stato trattato a partire dalla consapevolezza che ciascuno trova spazio in Dio, che è il Signore ad offrire uno spazio ed una storia nella quale con fiducia investe il suo amore. E questa ospitalità non può essere delusa, non può essere tradita. Da qui nasce la responsabilità di tutti ad accogliere i doni intorno a noi, i nostri limiti, la familiarità nella Chiesa, una coerente pratica di ospitalità che sappia dare ragione profonde per uno stile di vita autenticamente cristiano e, proprio per questo, capace di costruire la pace».

«Crediamo sia stata una buona esperienza – concludono i giovani di Castelverde – capace di aprire un anno nuovo all’insegna della speranza, un’esperienza che può davvero riproporsi come importante come segno di una parola di Cristo che nella vecchia Europa continua ancora ad affascinare».




Una storia lunga 900 anni: protagonista la chiesa di San Bassiano

Sabato 12 gennaio, alle 21, presso la chiesa di San Bassiano a Pizzighettone avrà luogo l’evento – a ingresso libero – “Una storia lunga 900 anni”. Attraverso le immagini del Gruppo di Cultura Fotografica, le voci delle Lady Voices e l’interpretazione degli attori de “Le Stanze di Igor” sarà ripercorsa la storia della chiesa parrocchiale pizzighettonese, la cui edificazione risale al XII Secolo.

I testi della prof. Rita Bernocchi, interpretati ed animati da attori e vocalist, animeranno in forma inconsueta la serata in questo splendido monumento ricco di arte, storia e fede che da 900 anni presiede il centro del paese.

Locandina




L’arrivo dei Re Magi nel presepio vivente di Agnadello

La rappresentazione del presepe vivente dell’Epifania ha chiuso domenica 6 gennaio, per la parrocchia di Agnadello, il periodo delle feste. L’evento, organizzato dall’oratorio San Giovanni Bosco, per quel che riguarda la sua prima parte si è svolto nel cortile dell’oratorio stesso, mentre nella sua parte finale la rappresentazione si è trasferita nella chiesetta di San Bernardino.

Buono il seguito di pubblico. In oratorio, a partire dalle 15.30, sono state ricostruite alcune scene tipiche di un antico villaggio palestinese, con botteghe e mestieri: lo speziale, l’osteria, i pastori, il fornaio, il fruttivendolo, l’orafo, la cascina contadina. Immancabile la casa di re Erode (Simone Stella).

In San Bernardino, dove i figuranti (una cinquantina, fra cui molti giovani e anche un discreto numero di bambini) si sono recati in corteo, aperto da Giuseppe (Luca Ercoli) e Maria (Clara Ardenghi), è stata rappresentata la Natività, con l’omaggio al Gesù Bambino (Riccardo Ercoli, di 6 mesi, figlio di Luca e Clara) e l’arrivo dei re magi (Lorenzo Galbiati, Santo Vanzillotta e Riccardo Ferla). Narratori, Andrea Bani e Davide Degradi.

La Messa, celebrata dal vicario don Daniele Rossi, ha concluso la manifestazione, allietata dalle note della banda musicale di Agnadello e dalle voci di alcuni piccoli cantori vestiti da angioletti.