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Matteo Truffelli è il nuovo presidente della Fondazione Mazzolari: «Portiamo ai giovani il cuore di don Primo»

La Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo ha un nuovo presidente. Matteo Truffelli raccoglie il testimone dalla presidente uscente, Paola Bignardi, e inizia il suo incarico dopo la riunione di sabato 2 dicembre a Bozzolo del Consiglio di amministrazione dell’ente. Esce rinnovato il Consiglio di amministrazione della Fondazione Mazzolari. Il nuovo assetto prevede, oltre al presidente Matteo Truffelli, don Luigi Pisani, parroco di Bozzolo, Daniele Dall’Asta, rappresentante della parrocchia di Bozzolo, Simone Coroni, rappresentante della parrocchia di Cicognara, Massimo Passi, rappresentante della famiglia di don Mazzolari, don Giovanni Telò, don Umberto Zanaboni, Silvia Corbari e Marisa Rosa.

Classe 1970, Truffelli è un nome noto agli ambienti cattolici per essere stato dal 2014 al 2021 presidente nazionale dell’Azione Cattolica, oltre ad aver diretto l’Istituto per lo studio dei problemi politici e sociali Vittorio Bachelet. Laureato in Filosofia presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel 2001 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia dell’Italia Contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre. Oggi è professore ordinario di Storia delle Dottrine politiche presso l’Università di Parma e membro dell’Associazione italiana degli Storici delle dottrine politiche.

Presidente, con quali obiettivi e progetti inizia il suo mandato?

«Inizio nel segno della continuità, perseguendo quegli obiettivi che lo statuto della Fondazione don Mazzolari indica: conservare e custodire la memoria di don Primo. Intendo valorizzare la ricerca del don Primo storico al di là degli stereotipi positivi o negativi, riportando l’attenzione sulla figura reale. E poi, altro obiettivo della Fondazione, vorrei continuare a farlo conoscere come figura significativa che parla alla società del nostro tempo e alla Chiesa di oggi. Don Primo aveva e ha una grande capacità di sfidarci come credenti».

Parla a tutti, anche ai giovani?

«Vorrei proprio che quelle generazioni che non lo hanno conosciuto o non ne hanno sentito parlare dai familiari per questioni anagrafiche, lo conoscessero. A loro dobbiamo raccontare questa figura davvero appassionata».

Ha qualcosa in comune don Mazzolari con i giovani?

«Ha in comune una grande passione per la realtà. I giovani spesso appaiono disinteressati a quello a cui gli adulti vorrebbero che si ponesse attenzione. Ma in realtà si interessano di altro rispetto agli adulti, hanno prospettive diverse, ma quando prendono a cuore un problema sfoderano grande capacità creativa, di provocare, capacità di trasformare le cose. In comune con i giovani don Primo aveva la passione. Bisogna far avvicinare il cuore giovane di don Mazzolari con il cuore dei giovani».

Come fare per raggiungere queste generazioni? Sta pensando a progetti e strategie?

«Si può far conoscere don Mazzolari ai giovani attraverso altri giovani. Mi piacerebbe formare alcuni ragazzi sul territorio, ma anche in tutt’Italia, sulle parole, gli scritti, il pensiero di Mazzolari. Questo perché poi lo possano raccontare ai coetanei creando una sorta di conoscenza per contagio. Bisogna passare attraverso gli oratori ma anche l’associazionismo e le attività ordinarie della pastorale giovanile. Ha parlato di tanti temi come la pace, la giustizia, il creato, l’incontro con gli altri…»

E lei lo ha conosciuto da giovane?

«Ho incontrato don Mazzolari da bambino nei libri che giravano in casa mia. La Fondazione invece l’ho conosciuta una ventina di anni fa e da allora sono iniziate le collaborazioni, gli interventi ai convegni. Ho conosciuto lentamente molti di coloro che ci lavorano e fanno parte del Comitato scientifico».

E ne ha conosciuto talmente bene gli scritti da curane una edizione critica…

«Mi sono occupato del pensiero politico di don Mazzolari. Ho curato l’edizione critica degli scritti politici. Per Mazzolari la politica era il mestiere dell’uomo. Ciascuno doveva e deve assumersi la responsabilità del bene della società. La politica è vista come passione dell’umano per il proprio tempo. La politica è capacità poi di confronto con tutti. Confronto che non è remissione ma dialogo con tutte le posizioni, questione oggi particolarmente urgente».

Altri temi toccati da don Primo urgenti oggi?

«Il tema più che mai attuale della pace. Don Primo parla di ostinazione per la pace. Non dobbiamo arrenderci alla guerra. Poi il tema dell’altro che un tempo aveva altri connotati rispetto ad oggi. Gli ultimi – diceva il parroco di Bozzolo – sono coloro che sono messi ai margini. Società e Chiesa vanno ripensati a partire dagli ultimi, le persone che dovrebbero occupare i primi banchi delle nostre chiese. E non da ultima la passione per il Vangelo che va letto, raccontato, vissuto e condiviso».

La parola condivisione rimanda all’idea di sinodalità, di Sinodo…

«La Chiesa che sognava ed aveva iniziato a costruire don Primo Mazzolari era una Chiesa in ascolto di tutti, di chi sta dentro e chi sta fuori, di chi sta sulla soglia. Una Chiesa dove ciascuno cresce nella sua responsabilità».




«Con il Signore e con la gente», i Consigli pastorali parrocchiali insieme verso nuove prospettive di partecipazione, corresponsabilità e servizio

«Una vita che accende»: il tema-guida proposto in diocesi per l’anno pastorale in corso ha ispirato l’incontro “Consigli pastorali per un discernimento comunitario”, occasione di riflessione, approfondimento e condivisione tra i moderatori delle Unità pastorali, i parroci e i vicepresidenti dei Consigli pastorali della diocesi. Numerosa la partecipazione, nella mattinata di sabato 2 dicembre in Seminario, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni, caratterizzata e animata da un tangibile spirito collaborativo e corresponsabile.

Dopo l’introduzione di don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero e il coordinamento pastorale, che ha richiamato le ragioni della convocazione e che ha tracciato le linee fondamentali del cammino sinodale che attende e coinvolge tutte le comunità, il vescovo Napolioni ha offerto la sua riflessione, a partire dalle coordinate di fondo di questo nostro tempo e della Chiesa che vive «in esso, con esso, per esso» e che è invitata dal Concilio a guardarlo con simpatia e compassione evangelica: una Chiesa, per questo «mai fine a se stessa, perché è a servizio del Regno di Dio».

Il Vescovo si è quindi soffermato sul cammino sinodale in senso stretto: tutto il popolo di Dio – ha sottolineato – «è chiamato a camminare insieme, vivendo la sinodalità in stile diffuso; ripartendo dal fondamento battesimale non solo della vita cristiana individuale, ma dalle dinamiche ecclesiali e pastorali; in discernimento dello Spirito; con il Signore e con la gente, con la realtà tutta intera, attualizzando il dono della comunione e la chiamata alla missione di nuove dinamiche di partecipazione, corresponsabilità e servizio, come lo sono e lo saranno le ministerialità laicali, istituite e di fatto. Coinvolgendo tutti: adulti e giovani, uomini e donne, ricchi e poveri, ministri  e laici». Allora – ha concluso – «la Chiesa sarà fatta di comunità magari più piccole, ma vive, minoranze creative in cui si sperimenta il Regno di Dio con una gioia motivata, credibile e contagiosa».

Al vescovo Antonio hanno fatto eco Walter Cipolleschi e Diana Afman, delegati sinodali diocesani, che hanno fatto il punto del percorso sinodale e delle prospettive future, testimoniando in prima persona la comunione con la Chiesa italiana grazie anche agli incontri vissuti a Roma e di quanto di questa comunione si possa fare tesoro.

I partecipanti hanno dunque proseguito la mattinata suddivisi in gruppi. La Parola di Dio ne è stata al centro, condivisa con il metodo della Conversazione nello Spirito, prima di concludere con la messa in comune di quanto recepito e donato, «proprio come avviene – ha osservato il vescovo – in una grande e bella famiglia».

 

Il testo della riflessione del Vescovo

 

Ascolta l’intervento del vescovo Napolioni

 




Tre capolavori ritrovati (più uno) nella nuova mostra ai Musei Diocesani

Sarà inaugurata il prossimo 2 dicembre alle 11 la mostra “Lost and found”, percorso espositivo che porterà negli spazi del Museo Diocesano di Cremona tre dipinti e di una scultura in terracotta che attengono alla tradizione devozionale e pittorica Padana, opere proposte al pubblico attraverso il lavoro di studio, riscoperta e valorizzazione della galleria PQV fine art di Cremona.

Le opere esposte fino al 14 gennaio saranno una splendida tavola raffigurante Madonna con bambino e San Giovannino della bottega del Correggio; la tavola raffigurante un San Benedetto di sicura autografia riferita a Bernardino Campi che apre nuovi scenari sull’attività del maestro legata alle committenze delle monache Benedettine presenti a Cremona; uno dei dieci dipinti più importanti di Antonio Campi, già pubblicato dal Prof. Marco Tanzi con il generico riferimento a “collezione privata”: il San Sebastiano (un dettaglio nella foto) forse realizzato per Sant’Antonino a Milano, per Danese Filiodoni, già podestà di Cremona e gran cancelliere dello Stato di Milano; un busto in terracotta raffigurante un Cristo, dall’intensa forza drammatica, attribuito alla mano di Giovanni de Fondulis.

Lost and Found si propone l’obiettivo non solo di esporre al pubblico le quattro opere ma soprattutto di offrire al percorso espositivo una solida impalcatura di studi e di approfondimenti affidati a tre personalità di conclamato alto profilo: Stefano Macconi, curatore del Museo Diocesano, per ciò che concerne la tavola parmense, la storica e critica d’arte Beatrice Tanzi per lo studio della tavola riferita a Bernarndino Campi, e Raffaella Poltronieri per l’approfondimento legato al “S. Sebastiano” di Antonio Campi. I contributi verranno raccolti in un volume.




Ridere, ginnastica per l’anima




Affetti e disabilità, la gioia di amare nelle corsie dell’Istituto




Non abbiamo più nessuna voglia di ridere




Ridere: pochi muscoli, mille emozioni, un unico modo per starci di fronte




Con «Ridere», Riflessi percorrre la mappa delle emozioni

Si intitola «Ridere» la nuova edizione di Riflessi Magazine, disponibile sul sito del mensile online in questo weekend. Un’edizione ricca di sfumature, «una rotta fatta di linee spezzate che uniscono punti remoti sulla mappa delle emozioni». Perché – si legge nell’introduzione – «sono infiniti i significati di una risata». Quella pura di un bambino, quella spezzata delle donne che dicono basta alla violenza, quella meravigliosa di ragazzi che vivono la poesia di una storia d’amore tra le corsie di una residenza per disabili. Tra le pagine di Riflessi scorrono i volti di clown di corsia, storici «da bar», antichi codici, attori di teatri, cappellani d’ospedale, insegnanti di yoga.
«C’è chi ride troppo, chi non ride mai, chi vorrebbe ridere e chi non ne ha più voglia. Perché la risata a volte può diventare l’arma dell’indifferenza, coprire la verità di un mondo che sembra soffocare ogni giorno i sorrisi di cui è fatta la vita con il ghigno del dolore. Bugie. Oppure, con tutta la sincerità di cui siamo ancora capaci – come quando eravamo bambini o come ogni volta che siamo indifesi – l’unico modo per stare sul serio di fronte. Gli uni agli altri. O davanti allo specchio».

SFOGLIA QUI L’EDIZIONE




«Grazie Cremona». È arrivato a Leopoli il camion degli aiuti per gli sfollati della guerra in Ucraina

È arrivato oggi a Leopoli in Ucraina il camion partito da Cremona il giorno di Sant’Omobono con un carico di aiuti alimentari raccolti in diocesi grazie all’impegno di comunità, associazioni e aziende, e destinato agli sfollati della guerra nei centri di Leopoli, Ivano-Frankivs’k e in due quartieri di Kiev.

E dal centro di smistamento arriva il ringraziamento di Ivanna Synytska della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina alla comunità cremonese che ha donato questo prezioso carico: «Grazie per tutte le persone che in questo periodo molto difficile aiutano le persone che stanno soffrendo tanto per la guerra». Solo nella città di Leopoli gli sfollati sono 250 mila, ricorda l’operatrice, chwe conclude: «Grazie mille per l’aiuto che date al nostro Paese».
L’iniziativa di solidarietà a favore delle popolazioni vittime della guerra era stata annunciata dal vescovo Antonio Napolioni lo scorso 29 settembre in Cattedrale in occasione dell’intervento ad apertura dell’anno pastorale del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, che Papa Francesco ha scelto come suo incaricato per la missione di diplomazia umanitaria in relazione al conflitto in Ucraina. A renderla possibile l’impegno della Caritas diocesana e la sinergia con la Comunità di Sant’Egidio che, dall’inizio dell’invasione, si sta occupando del trasporto e della distribuzione di aiuti umanitari ai rifugiati interni dell’Ucraina.

È partito nel giorno di S. Omobono il tir di aiuti alimentari per l’Ucraina




Tutela minori e adulti vulnerabili, presentata la sintesi della seconda rilevazione sulle attività dei Servizi territoriali

È stata presentata giovedì 16 novembre, nel corso dell’Assemblea straordinaria Cei ad Assisi, la seconda rilevazione sulle attività dei Servizi territoriali di tutela minori e adulti vulnerabili promossa dalla Conferenza episcopale italiana attraverso il Servizio Nazionale per la tutela dei minori. La rilevazione, affidata anche quest’anno agli esperti dell’Università cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, Paolo Rizzi e Barbara Barabaschi, e riferita al 2022, ha coinvolto i Servizi regionali, diocesani e interdiocesani e i Centri di ascolto diffusi su tutto il territorio nazionale.

Il primo elemento evidente è l’ampia partecipazione delle diocesi italiane: da 166 sono passate a 186, che corrispondono a 190 diocesi su 206 (escludendo le diocesi accorpate e quelle abbaziali), portando la rappresentatività statistica del campione di indagine al 92,2%. Un dato che conferma la crescente sensibilizzazione sul tema e che si realizza in una raccolta di dati “sinodale”, in cui ogni elemento registrato è frutto del diretto coinvolgimento delle centinaia di persone coinvolte nelle strutture pastorali.

Scendendo nel dettaglio geografico, l’indagine ha visto la partecipazione di 82 diocesi (pari al 45,1% del campione) dell’Italia meridionale, di 60 diocesi (pari al 32,3% del campione) dell’Italia settentrionale e di 44 diocesi (pari al 23,6% del campione) collocate nel Centro Italia. In termini dimensionali, oltre la metà delle diocesi coinvolte sono di media scala, tra 100 e 250 mila abitanti (104) e solo 29 di piccole entità, al di sotto dei 100 mila abitanti.

La prima parte del documento è dedicata alle attività dei Servizi diocesani e interdiocesani, i cui referenti, nella maggior parte dei casi sono sacerdoti (46,2%), poi laici o laiche (39,7%) e solo raramente religiosi o religiose (6,5%). Inoltre, delle 186 diocesi indagate, l’82,8% ha un’équipe di esperti a sostegno del servizio. Per le attività specifiche, si nota un incremento significativo rispetto al 2020: è più che triplicato il numero degli incontri proposti (da 272 a 901) e il numero delle persone coinvolte (da 7706 a 23188). Si conferma così una tendenza positiva dove centrale diventa la formazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali, tassello di fondamentale importanza per una strategia di prevenzione e lotta agli abusi. Raddoppiano le iniziative e collaborazioni con altri enti non ecclesiali: da 25 nel biennio 2020-2021 diventano 51 nel solo 2022. In deciso aumento, soprattutto nelle regioni del Sud, la partecipazione a tavoli istituzionali civili. Di contro, restano ancora molto basse le iniziative che vedono coinvolti anche gli Istituti religiosi.

Quando si parla di Centri di ascolto si parte dall’aumento del loro numero che ne presenza capillare sul territorio di questo importante presidio. Sono stati rilevati dati relativi ai 108 Centri di ascolto attivati dai Servizi Diocesani o Inter-diocesani per la tutela dei minori, che fanno riferimento a 160 diocesi (pari al 77,7% delle 206 diocesi italiane).

La maggior parte dei centri è attiva nel Nord (46), con una incidenza relativa molto superiore a quella delle diocesi che hanno attivato il servizio di tutela minori, seguono i 35 del Sud e i 27 del Centro Italia (le diocesi della Sardegna sono considerate del Sud nonostante come regione ecclesiastica siano Centro). L’attivazione dei centri di ascolto è strettamente correlata alla dimensione delle diocesi, con 40 centri costituiti in diocesi di grandi dimensioni o diocesi che si sono aggregate per questo servizio, 54 centri fanno riferimento a diocesi medie e i rimanenti 14 a diocesi di minori dimensioni.

Generalmente collocati in altra sede rispetto alla curia diocesana (78% dei casi), sono affidati alla responsabilità, nella maggioranza dei casi, di un laico/a (76%), per lo più con competenze in campo psicologico o educativo. Tra i laici prevalgono nettamente le donne, che rappresentano complessivamente i due terzi dei responsabili dei Centri di ascolto.

Quasi tutti i centri di ascolto fanno riferimento ad un’équipe di esperti costituita da laici, con competenze in campo psicologico, giuridico, educativo.

Crescono in modo esponenziale i contatti rilevati dai Centri di ascolto passando dai 38 del 2020 ai 374 del 2022, nella gran parte dei casi telefonici (84,4%) da parte di non vittime (87,7%). Il motivo prevalente dei contatti (81,9%) è per chiedere informazioni, mentre nel 18,1% dei casi per segnalare abusi all’Autorità ecclesiastica. La richiesta di informazioni rende ragione anche del fatto che diversi centri di ascolto si sono messi in rete con enti pubblici e i servizi sociali per fornire informazioni utili ai richiedenti che vengono intercettati e che magari vogliono segnalare un abuso in ambito famigliare, ma non sanno a chi rivolgersi e con quale modalità.

Sono stati 32 i casi di presunti abusi segnalati: la maggior parte si riferisce al passato (18, pari al 56,8%) rispetto ai casi attuali (14, pari al 43,8%). Prendendo in considerazione la modalità del presunto abuso, emerge che la maggior parte delle segnalazioni fa riferimento a casi reali (29 in valore assoluto, pari al 90,6%), molto meno a casi relativi ad episodi via web (3 casi pari al 9,4%). Dall’analisi del luogo in cui è avvenuto il presunto abuso reale, emerge che nella maggior parte dei casi si tratta della parrocchia (17 su 29, pari al 58,6%).

Analizzando i casi segnalati per tipologia di abuso, si nota la prevalenza di “comportamenti e linguaggi inappropriati (offese, ricatti affettivi e psicologici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive, …)”, pari a 20 casi in totale su 74.

Il numero di vittime di presunti abusi nel 2022 è risultato pari a 54, anche in questo caso inferiore al dato del biennio 2020-2021 quando era pari a 89.

L’età delle presunte vittime all’epoca dei fatti si concentra nella fascia 15-18 anni (25 su 54). Il secondo gruppo rappresentato tra le vittime è quello composto da chi ha più di 18 anni (19 su 54). Il focus sul genere delle presunte vittime rivela una netta prevalenza di femmine (44) rispetto ai maschi (10).

Il numero di presunti autori dell’abuso è risultato nel 2022 pari a 32, ridotto dai 68 del biennio 2020-2021.

L’analisi del profilo dei presunti autori di reato porta a soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni, in oltre la metà dei casi, con una media di 43 anni. Si tratta per la quasi totalità di maschi (31 su 32), chierici per un terzo, religiosi per un terzo e laici (37%). Con riferimento ai laici, il dettaglio relativo al servizio pastorale svolto indica che i presunti autori di reato, al momento della segnalazione, svolgevano i seguenti ruoli: educatore (5 casi), catechista (1 caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi ma anche 2 sposati.

Per le opzioni offerte dai Centri di ascolto nei confronti delle presunte vittime nel 2022 prevale l’accompagnamento psicoterapeutico (10 casi) e in seconda battuta la fornitura di informazioni e aggiornamento sull’iter della pratica (9 casi). È stata data la possibilità di incontrare l’Ordinario o ancora un percorso di accompagnamento spirituale. Altre opzioni sono la consulenza ai genitori, l’incontro con il vicario episcopale, il supporto nell’incontro con le autorità civili e il supporto al sacerdote dell’oratorio L’offerta dei servizi è stata definita sulla base dei bisogni espressi dalle presunte vittime, sentito il parere degli esperti dell’équipe a supporto dei servizi diocesani per la tutela dei minori.

Sono anche attivate azioni di accompagnamento agli autori dei presunti reati di abuso, a partire da percorsi di “accompagnamento psicoterapeutico” (6 casi, rispetto agli 8 casi del 2021).

Si conferma la strutturazione in ogni regione ecclesiastica di un Servizio regionale con un proprio coordinatore, di solito un sacerdote con competenze psicologiche, un Vescovo delegato e un’équipe di specialisti. Le attività del Servizio sono perlopiù formative. Il numero degli incontri proposti è quasi raddoppiato dal 2020 (anno di avvio del SRTM, in concomitanza con la pandemia da Covid19), passando da 36 incontri nel 2020 a 69 nel 2022. Particolarmente rilevante appare il numero dei partecipanti alle iniziative attivate, più che raddoppiato passando dai 914 partecipanti nel 2020 a 3276 nel 2022.

 

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La Giornata di preghiera del 18 novembre

In vista della III Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti che si terrà sabato 18 novembre 2023 si mettono a disposizione alcuni materiali per l’animazione in parrocchia: