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Acliturismo, due incontri per riscoprire il Medioevo

La primavera, almeno quella della cultura, arriva in anticipo a Cremona con un ciclo di incontri organizzato da Acliturismo che anche quest’anno scommette sulla riscoperta del medioevo, troppo spesso trattato con superficialità e per luoghi comuni, con una proposta dal titolo «Dentro il medioevo feudale: i Canossa».

Due gli appuntamenti annunciati presso la sede provinciale Acli di via Cardinal Massaia a Cremona con i relatori Aldelaide Ricci e Paolo Galloni che sabato 23 febbraio (ore 17) interverranno su «Terre e poteri: una storia feudale», mentre sabato 2 marzo (ore 17) proporranno il tema «Matilde e la pace».




Studio nazionale fertilità: 55% adulti non vuole figli per fattori economici e assenza sostegno a famiglie

Più della metà degli adulti italiani (55%) dichiara di non essere intenzionata ad avere figli; anche considerando solo coloro che non hanno figli (né propri, naturali o adottivi, né del partner) questa quota, seppur più contenuta, non è trascurabile: quasi 1/3 delle persone senza figli (31%) dichiara di non volerne neppure in futuro.

Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio, escludendo dalla stima persone senza partner o con problemi di fertilità, sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati a vita di coppia (26%) o sfera personale (19%). È la fotografia scattata dallo Studio nazionale fertilità – promosso dal ministero della Salute, concluso a fine 2018 e presentato oggi a Roma – per quanto riguarda l’indagine condotta su un campione di 21.217 persone di età 18-49 anni, rappresentativo della popolazione residente in Italia. Gli interpellati in maggior parte dimostrano, secondo i curatori dello studio, di non essere pienamente consapevoli “del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e ancor più nella capacità riproduttiva maschile”. Infatti solo il 5% del campione è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni; una buona parte, 27%, pensa che questo accada intorno ai 40-44 anni. La consapevolezza che l’età giochi un ruolo importante anche per la fertilità biologica maschile sembra persino minore di quanto è emerso circa la fertilità femminile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta inadeguata (oltre i 45 anni) o non sanno dare alcuna indicazione.

L’89% dei ragazzi tra i 16 e i 17 anni e l’84% delle coetanee cerca su Internet informazioni in ambito sessuale e riproduttivo; solo uno su 4 ne parla in famiglia. Quasi tutti ritengono che la scuola dovrebbe garantire l’informazione su sessualità e riproduzione. È quanto emerge dallo “Studio nazionale fertilità” promosso dal ministero della Salute, concluso a fine 2018 e presentato oggi a Roma. L’indagine prende in considerazione diverse fasce di popolazione e di professionisti sanitari. Per quanto riguarda gli adolescenti, è stato coinvolto un campione di 16mila studenti di 16–17 anni di 482 scuole su tutto il territorio nazionale. Poco utilizzati e conosciuti dai ragazzi i consultori (situazione invariata rispetto a quanto rilevato da un’indagine del 2010). Solo il 3% dei maschi e il 7% delle femmine si sono rivolti a questa struttura. Anche il contatto con i medici specialisti è limitato, in particolare tra i maschi. L’indagine rivela inoltre che circa 1 adolescente su 3  ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine) con lievi differenze per area geografica, specialmente tra le ragazze (22% al sud e 32-30% al centro-nord). I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la  pillola (96%). Il 10% non usa alcun metodo (10%), mentre rispetto al 2010 aumenta l’utilizzo del preservativo (oltre il 70%) ma anche quello del coito interrotto (circa il 25%) e del calcolo dei giorni fertili (11%).

 Solo il 7% degli adolescenti pensa di  non avere figli in futuro, mentre quasi l’80% di loro indica, come età giusta per diventare genitore, prima dei 30 anni.

Più dell’80% del campione di 13.973 studenti universitari (età media 22 anni) di 18 atenei intervistati per lo Studio nazionale fertilità, promosso dal ministero della Salute e presentato oggi a Roma, dichiara di aver già avuto rapporti sessuali completi, con un’età media al primo rapporto tra i 17 e i 18 anni, sia per i maschi che per le femmine. Il 95% usa metodi contraccettivi nei rapporti abituali: il preservativo (71%), la pillola e altri metodi ormonali (46%), coito interrotto (24%); tuttavia il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti. Un intervistato su quattro fuma, due su tre consumano alcolici e sono consapevoli che questi comportamenti influenzano la fertilità, sia maschile che femminile. L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni, ma sui tempi della fertilità maschile e femminile non c’è una corretta conoscenza, considerando tempi più lunghi rispetto a quelli biologici. Per questi giovani la scuola ed incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione ed informazione per tali tematiche; anche se il 90% ha riferito di essersi informato autonomamente.

(Agensir)




Una torre in Cremona… visite guidate al Torrazzo con CrArT

Unus Petrus in Roma, una Turris in Cremona, unus Portus in Ancona.. così recitava un antico proverbio. In collaborazione e con il patrocinio della Diocesi di Cremona, CrArT dedica un intero pomeriggio al simbolo della città di Cremona: il Torrazzo. L’appuntamento è per domenica 24 dalle ore 15 alle 17

Una visita guidata alla scoperta della storia, dell’architettura e della simbologia, tra sacro e profano, della torre. Un particolare approfondimento sarà inoltre dedicato al tema della misurazione del tempo, protagonista del Museo Verticale recentemente inaugurato nelle sale interne del monumento. Una vera e propria salita verso la vetta più celebre della città, un percorso di approfondimento tra storia, fede, arte, astronomia, fisica, musica e tanto altro.

La quota di partecipazione 12€ (10€ associati CrArT) compreso il costo del biglietto di ingresso. Per informazioni chiamare Tommaso al 338.8071208.




La cura della coppia nello stile delle «parabole viventi» (AUDIO e VIDEO)

Dirsi un grazie, piccolo o grande, purché non abbia più di 24 ore. O qualcosa che io potrei regalare alla nostra coppia. O ancora una ferita che ultimamente ci siamo fasciati… Le coppie di coniugi in sala si avvicinano, le mogli sussurrano all’orecchio del marito che sorride, mariti che baciano la mano della moglie. I coniugi Oreglia, Davide e Nicoletta, vent’anni di matrimonio, cinque figli e due ore di viaggio – da Mondovì – per guidare la riflessione alla giornata diocesana delle famiglie che si è svolta domenica 24 febbraio in Seminario a Cremona, portano la parabola del buon samaritano nella vita reale delle coppie. Gli sposi ascoltano e si lasciano coinvolgere. In clima nella sala è insieme intimo e di condivisione.

Ascolta qui l’audio dell’intervento 

Dopo la preghiera iniziale, introdotta dai coniugi Dainesi, incaricati della pastorale familiare, e conclusa dalla benedizione del Vescovo Antonio, i tanti bimbi presenti all’incontro lasciano la sala, per partecipare allo spettacolo preparato per loro dalla Compagnia dei Piccoli (“Bandiera” una narrazione danzante ispirata al testo di Mario Lodi). Per mamme e papà, arrivati da tutta la diocesi, c’è il tempo prezioso da dedicare alla coppia.

https://www.facebook.com/compagnia.deipiccoli.1/videos/997581037101913/

 

La photogallery completa della giornata

Il tema della giornata per le famiglie riprende il titolo delle linee per l’anno pastorale: “Famiglie parabole viventi” e la riflessione proposta dai coniugi Oreglia parte proprio da una parabola, quella del buon samaritano, riportata nella vita delle famiglie attraverso un linguaggio vicino alla vita delle coppie ed un metodo coinvolgente, con l’utilizzo di canzoni e di piccoli “giochi” di coppia.

Al centro dell’intervento dei due coniugi piemontesi soprattutto la cura della “persona coniugale”, nella complessità e nella bellezza di una relazione “che è più della somma di due individui, ma è qualcosa che si costruisce insieme”. Un cammino che passa attraverso difficoltà, ferite, bisogni, sorprese e meraviglia. “Siamo come due persone schiena contro schiena – dice Nicoletta con un’immagine efficace – in una stanza. Per sapere com’è fatta tutta la stanza dobbiamo affidarci all’ascolto di chi è appoggiato alle nostre spalle”.

Dunque l’accento è posto sulla qualità del dialogo, sui gesti di tenerezza, sulla fedeltà, passando attraverso la quotidianità delle scelte: “Io voglio che lui/lei stia volentieri accanto a me, che torni da me facilmente”; oltre le ferite che dobbiamo fasciare, ricordando la preziosità della nostra coppia, la strada che abbiamo percorso e quanto di bello abbiamo costruito insieme”.

L’ultimo momento di condivisione è un abbraccio. Tutti in piedi, ogni coppia stretta in un abbraccio. Pochi minuti per ricordare che “il tempo non è illimitato, che la coppia ha bisogno che investiamo il nostro tempo nella sua cura”.

Un lungo applauso è il ringraziamento delle famiglie cremonesi che, dopo alcune altre riflessioni suscitate dalle domande inviate dai presenti durante la mattinata, si ritrovano nella chiesa del Seminario per la messa presieduta dal Vescovo Antonio che subito avverte: “Non è la Messa del Mulino Bianco, non siete qui perché siete le famiglie più belle della diocesi, ma perché il Signore vi ha portati qui”.

Ascolta qui l’audio dell’omelia 

Nella sua omelia monsignor Napolioni porta come esempio e come modello lo stile della famiglia per la costruzione “della Chiesa e di un mondo migliore”, grazie a quella “manutenzione quotidiana della relazione” e a quella autenticità che permette di ricominciare da “gesti di tenerezza, di misericordia, di ascolto” degli altri.

“Quello che accade oggi – conclude poi il vescovo prima della benedizione – non è un momento di passaggio ma è un programma di rinnovamento della Chiesa e della società»

Le offerte raccolte durante la Messa saranno destinate alle attività della casa famiglia Sant’Omobono di Cremona che accoglie mamme con bimbi e per la comunità di Marzalengo delle suore Adoratrici di Rivolta d’Adda che accoglie ragazze tossicodipendenti e spesso i loro bimbi.

Nel pomeriggio poi la conclusione della giornata con il pranzo insieme e i laboratori di coppia sulla Parola dedicati ad altre quattro parabole: “La perla preziosa”, “Il seminatore”, “Il banchetto di nozze” e “Vino. Nuovo in otri vecchi”, per continuare a prendersi cura della famiglia alla luce della Parola.




Il bello della rete con il decalogo delle Parole O-Stili (VIDEO e AUDIO)

Domenica 17 febbraio all’oratorio San Luigi di Mozzanica si è svolto il secondo incontro rivolto ai giovani della zona 1. Il titolo della serata – aperta alle 18 con un’apericena – è stato Parole o-stili. Come le parole possono fare la differenza. Relatrice la pedagogista ed esperta di educazione, formazione, prevenzione e promozione del benessere Barbara Laura Alaimo, dell’Associazione Parole O-Stili, che proprio il 17 febbraio del 2017 ha visto la luce. L’associazione è nata dal bisogno di contrastare attraverso la buona educazione tutte quelle espressioni di odio e ostilità che troppo spesso si trovano in rete.

L’intervento si è aperto con un elenco delle “cose belle della rete”: attraverso internet, dice Barbara Laura Alaimo, “possiamo conoscere: la rete è una fonte infinita di informazioni che si possono reperire molto facilmente”. E poi “si possono incontrare delle persone, delle storie, avere delle relazioni, che sono il cuore della vita umana, non solo reale, ma anche nel web” perché “quello che accade in rete è assolutamente vero”.

Ma come si potrebbe stare ore a parlare della positività del mondo virtuale, “si potrebbero spendere giorni interi per parlare di ciò che invece è negativo”. Prima cosa fra tutte: spesso si ignora quello che succede in rete, e soprattutto gli adulti non sanno quello che i ragazzi fanno in rete. Internet e i vari device di cui oggi disponiamo sono uno strumento molto potente, da imparare ad “utilizzare in modo costruttivo”, tenendo sempre presente che dall’altra parte, a contare i nostri like, o a leggere i nostri commenti, sms o WhatsApp ci sono persone vere, in carne ed ossa, che leggono, ascoltano. Allo stesso modo ogni nostra pubblicazione e condivisione parte dal bisogno insito in ognuno di noi di trovare un’identificazione; siamo infatti “affascinati dall’idea di poter ricevere un riconoscimento dall’esterno. Ognuno di noi cresce perché è riconosciuto da qualcuno, perché sente su di sé uno sguardo amorevole”.

Il manifesto che l’associazione ha redatto, e che oggi è tradotto in 24 lingue -tra cui il latino- è il prodotto di un sondaggio-votazione fatto in rete due anni. Conta 10 punti, che la dottoressa ha letto e commentato, ed è stato declinato in vari ambiti: dalla politica, alla comunicazione aziendale, passando per la scuola dell’infanzia fino allo sport *.

 

L’intervento integrale di Barbara Laura Alaimo

 

La serata si è conclusa con una piccola attività: i ragazzi, numerosi e di diverse parrocchie della zona, sono stati divisi in gruppi per tradurre nel concreto della loro vita di tutti i giorni il decalogo.

 

 

* Del decalogo delle Parole O-stili nello sport si è parlato nella puntata del 12 dicembre di CentroCampo. Ascolta il podcast




Soresina, dalla parrocchia un segno di unità contro il bullismo

Soresina scende in piazza, anzi sul sagrato, contro il bullismo e il cyberbullismo: per combattere l’indifferenza e per prevenire il disagio che nasce da comportamenti lesivi della dignità della persona nel contesto sociale.

Il 10 febbraio scorso, dopo la Messa delle 9.30 in San Siro, la comunità ha promosso una manifestazione pubblica sul sagrato contro il bullismo e il cyberbullismo, in occasione della giornata nazionale nata proprio per sensibilizzare tutti verso un tema, purtroppo, di grande attualità. La catena umana realizzata ha voluto sottolineare il messaggio lanciato nell’incontro che, successivamente, si è tenuto all’Oratorio Sirino: “Uniti è possibile resistere al più forte”.

L’incontro riflessione ha avuto come moderatore la dott.ssa Giulia Fabiano (psicoterapeuta) e la dott.ssa Laura Sivalli pedagogista; è seguita la testimonianza di MEID. L’incontro è stata l’occasione per presentare pubblicamente la webquest realizzata dai ragazzi di Soresina: uno strumento creato dagli adolescenti per aiutare altri ragazzi, a disposizione, gratuitamente, anche di scuole, parrocchie, associazioni. La webquest aiuta a riflettere sul bullismo e sul cyberbullism, ma raccoglie anche il grido di aiuto di chi è in difficoltà attraverso le segnalazioni di episodi di bullismo e cyberbullismo.

L’iniziativa – promossa dai Volontari di San Siro con la collaborazione di Parrocchia, Oratorio, Comune e Fondazione Comunitaria di Cremona – avrà un seguito il 23 febbraio, quando sarà proposto un incontro formativo per ragazzi, adolescenti, genitori ed educatori dal tema “Bullismo e cyberbullismo, cosa fare”. A tenere l’incontro sarà la dott.ssa Maura Longari, funzionario della Prefettura di Cremona, incaricata di svolgere attività di formazione per docenti, genitori e studenti sui temi della legalità. L’appuntamento, aperto a tutta la cittadinanza e gratuito, è alle 18 del 23 febbraio in Oratorio.

Questi appuntamenti si inseriscono in un momento storico in cui, purtroppo, anche a Soresina si è verificato almeno un caso, denunciato, di bullismo. E la mobilitazione dei genitori e degli educatori, che ha preso a cuore la situazione, è stata netta.

Sulla questione si è espresso anche il parroco don Angelo Piccinelli che non ha risparmiato riflessioni e argomentazioni su un fenomeno che non appartiene solo ai giovani, ma che parte dagli adulti – tra i politici, tra i laici e persino tra i religiosi – e che i giovani somatizzano e trasformano in un atteggiamento proprio, a scapito del più debole. Sinteticamente, don Piccinelli dice: “Bulli non si nasce. Nasciamo tutti uguali, bisognosi di tutto e di tutti. Assolutamente vulnerabili. Cresciamo tra slanci e delusioni. Ci consideriamo maturi quando, finalmente, “camminiamo con le nostre gambe”. E se ci accorgiamo che il passo, invece, è ancora incerto ed insicuro… cadiamo in depressione oppure “facciamo i bulli”. La violenza, l’arroganza, l’impertinenza… sono indizi certissimi di debolezza e di frustrazione. Soprattutto in noi adulti. Già: perché il fenomeno del bullismo non è solo giovanile. Si alimenta, anzi, in un contesto culturale e sociale, il nostro, che ha canonizzato, quasi fossero virtù, la prevaricazione e la spavalderia, la sfrontatezza e l’intimidazione, la maleducazione e la volgarità …”




Accoglienza in parrocchia, un gruppo di cremonesi al meeting “Liberi dalla paura”

Consapevoli che «tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie responsabilità» e che il fenomeno delle migrazioni è «senza dubbio una delle più grandi sfide educative», raccogliamo l’invito a essere comunità accoglienti perché sappiamo che «rinunciare a un incontro non è umano».

Inizia con queste parole il documento conclusivo del Meeting “Liberi dalla paura” promosso da Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Centro Astalli svoltosi a Sacrofano dal 15 al 17 febbraio al quale ha partecipato una delegazione cremonese che ha portato la propria testimonianza a proposito di: «Accoglienza in parrocchia, dalla paura alla libertà».

Scarica qui il documento finale (pdf)

Santo, Chiara, Nicola e Paola, inviati dall’Ufficio missionario diocesano cremonese, hanno rappresentato la Diocesi di Cremona e l’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” raccontando e condividendo il loro vissuto. Chi ha accolto, chi è stato accolto, chi ha aiutato con mezzi personali, chi con la scolarizzazione, chi ha offerto un lavoro… Chi ha imparato a superare i luoghi comuni e i pregiudizi.

L’accoglienza è senza dubbio un’esperienza interiore profonda: prima di essere una risposta a un bisogno è un’esperienza di condivisione ricca, che richiede un cammino di conversione personale e comunitario. Nello specifico domanda di coniugare la complessità del fenomeno migratorio con la complessità del reale, la disponibilità con il coraggio di farsi attraversare da presenze inattese lasciandosi guidare dalla fantasia dello Spirito Santo, che è infinita ma anche molto concreta.

Per questo occorre «cominciare a ringraziare chi ci dà l’occasione di questo incontro, ossia gli “altri” che bussano alle nostre porte, offrendoci la possibilità di superare le nostre paure, per incontrare accogliere e assistere Gesù in persona».

Il nostro mondo sembra sempre di più attraversato dalla paura, spesso alimentata e strumentalizzata ad arte dai potenti del mondo. Non c’è paura più insidiosa di quella che nasce dalla diffidenza e si alimenta della mancanza di speranza. Essa ci fa vedere l’altro come un contendente, un avversario, fino a trasformarlo in una minaccia, un nemico.

Abbiamo paura dei poveri, che ci ricordano che la loro condizione domani potrebbe essere la nostra, in una società che si disinteressa sempre di più delle persone e delle loro esistenze.

Eppure, l’istintiva reazione di allontanare dal nostro sguardo chi è in difficoltà, di isolare la nostra quotidianità per salvaguardarla, ci condanna a una solitudine che rende tutti più fragili e impotenti. Spesso dimentichiamo che la paura è esperienza anche dei migranti: crea ansia l’arrivare in un luogo nuovo, non familiare che a volte si rivela ostile, come pure agita la paura di deludere le persone care, di fallire nel progetto migratorio.

Sempre più spesso tale situazione è esacerbata da situazioni indotte dalle circostanze del Paese di approdo: paura di perdere il permesso di soggiorno, paura di essere considerati impostori e criminali. La nostra fede ci chiede di non abbandonarci alle nostre paure e di comprendere le paure che abitano i nostri fratelli e le nostre sorelle. Come cristiani, rendendoci conto delle sfide e delle difficoltà, siamo chiamati a non rinunciare: «Cristo continua a tendere la sua mano per salvarci!».

L’accoglienza per le nostre comunità è un dono, perché ci offre l’occasione di guardare al futuro con più speranza. L’incontro ci permette di toccare con mano di quante risorse umane, morali e culturali ciascuno è portatore e quanto possono essere ricche e creative le società che riescono a valorizzare le diversità e mettere a frutto i talenti di ciascuno in una prospettiva comune. Accogliere è il nostro modo di contribuire alla costruzione di una società rinnovata, capace di lasciarsi alle spalle l’ingiustizia del mondo e offrire alle generazioni più giovani un futuro di pace, di crescita economica, di maggiore equità sociale. Accogliere crea comunità, smaschera le nostre inconsistenze e ci aiuta a metterci in rete perché costruisce uno stile non solo di collaborazione ma anche di partecipazione e condivisione.

Noi che ci siamo lasciati liberare dalla paura, che abbiamo sperimentato la gioia dell’incontro, vogliamo «annunciare questo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso».

Come ha detto papa Francesco alla fine della Messa: «Il piccolo passo fa il grande cammino della storia! Avanti! Non abbiate paura, abbiate coraggio!»




Le quattro D di don Albertini, la formula per uno sport da vincenti (AUDIO)

No, l’importante non è partecipare. In vent’anni di vita da prete in parrocchia e nel ruolo di consulente ecclesiastico del Csi nazionale don Alessio Albertini ha raccolto prove e accolto abbastanza storie da convincersi che la celebre massima attribuita al barone De Coubertin rischia di portare lo sport decisamente fuori strada. Lo ha ribadito e spiegato venerdì sera nella serata organizzata a Rivolta d’Adda dalla polisportiva dell’oratorio Sant’Alberto ad una platea di genitori, atleti, dirigenti e allenatori con il titolo eloquente «Per uno sport da vincenti».

Ascolta l’audio della serata

Perché – dunque – l’importante non è partecipare. Il sacerdote milanese si alza in piedi e passeggia davanti alla scrivania preparata per il convegno («perché qui siamo tra amici»): «Quella frase – ricorda – in realtà era stata pronunciata da un pastore anglicano alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 1908 e non si fermava lì: disse che l’importante è vincere partecipare… purché si sia dato il massimo». Una precisazione che fa tutta la differenza del mondo.
La riflessione di don Albertini muove dalla considerazione di Carlo Ancelotti secondo cui «nella nostra Italia manca oggi una cultura sportiva». Don Alessio mette in guardia dal pericolo di adeguarsi: «Se l’unica cosa che conta è arrivare primo è chiaro che sei portato a cercare ogni via per essere qualcuno: doping, distinte taroccate, i meno bravi messi da parte…». E anche le migliori intenzioni educative, come quelle del Csi, non sono immuni. «Lo sport – aggiunge – è impietoso: fatto di risultati, tempi, misure al millesimo di secondo. Ti dice che puoi migliorare, ma anche che non vincerai mai un’olimpiade, che vuoi vincere ma puoi anche perdere». Così genitori ultras, allenatori scatenati, ragazzi che vivono attività sportiva come incubo per i continui giudizi: «Non diamo per scontato che riguardi solo gli altri», avverte don Albertini, che però – citando il Papa – invita a non accettare che la competizione tratti i ragazzi meno dotati come scarti: «Nessun ragazzo viene alla polisportiva perché vuole essere educato, ma perché vuole giocare. Ed è quella passione che un educatore deve tenere alta. Anche per chi ha meno talento: la grandezza di un allenatore non è nel gestire chi è meno bravo, ma nell’insegnargli ad essere sempre più bravo».
Allora come distinguersi, senza scadere nella falsa retorica de «l’importate è partecipare»? Con simpatia ed efficacia don Albertini lo spiega con la formula efficace delle 4D: «Dove: perché devi sapere dove andare per avere un obiettivo che motivi le tue scelte, ma dev’essere un obiettivo realista. Disciplina: la capacità di darsi delle regole, di mettere in ordine le priorità e fare rinunce, anche con l’aiuto di bravi maestri. Determinazione, ovvero la volontà di raggiungere un obiettivo nonostante il tempo che richiede, perché nell’epoca dell’iper–velocità dove tutto è a portata di clic, lo sport richiede ancora di accettare le lacrime e rischiare con tanta speranza. Di più: perché del talento dobbiamo rendere conto, e il talento che ciascuno di noi ha in modo diverso richiede di superarci sempre un centimetro alla volta». Ecco la ricetta per «vincere bene». Oltre le medaglie: «Perché – conclude citando la meravigliosa storia della coppia di alpinisti Nives Meroi e Romano Benet – la più grande vittoria è accorgersi che c’è qualcuno che ci sta aspettando e che ha bisogno di noi. Quando scopriamo che siamo destinati a qualcuno a cui dare il meglio di noi stesso, che sia una persona in carne e ossa o Dio, è la più grande vittoria».

 




Il 2 giugno il mandato ai giovani che in estate vivranno esperienze tra missione, solidarietà e servizio

Domenica 2 giugno  il vescovo Napolioni presiederà un incontro di preghiera presso la chiesa del Migliaro, a Cremona, per la consegna del mandato ai giovani che durante l’estate partiranno per esperienze individuali, parrocchiali, associative o diocesane di missione, mondialità e servizio. E proprio l’apertura al mondo e all’impegno solidale costituiscono il filo rosso che lega le proposte di gruppi e realtà diocesane che già da oggi invitano a lasciarsi raggiungere dalle diverse chiamate. La serata si aprirà alle 19.30 con l’apericena offerto dalla parrocchia, cui seguirà – dalle 20.45 – l’incontro con il vescovo.

Scarica la brochure con tutte le proposte

Ci sono le esperienze ormai consolidate della associazione Drum Bun che propone i campi educativi in stile grest in Albania e Romania con i bambini e gli adolescenti in alcune parrocchie cattoliche, in una parrocchia ortodossa e presso alcune case famiglia o villaggi per bambini in situazione di abbandono, dove i giovani sono chiamati ad affiancare per due settimane il personale e i volontari locali (due settimane compreso tra il 26 luglio e l’11 agosto), e il GreenCamp presso la cooperativa il Segno di Fuscaldo in Calabria, per una settimana di scambio e di lavoro con gli operatori e un gruppo di adolescenti stranieri accolti dalla cooperativa Nazareth (16–23 agosto oppure 23–30 agosto).

Una nuova esperienza di conoscenza e di servizio è poi quella organizzata dalla Caritas Cremonese, in due turni (7–14 luglio e 22–28 agosto) presso le strutture segno della Caritas cremonese, nel cuore dell’impegno diocesano nei confronti dei più deboli e svantaggiati. Sarà allestito un campo–base per il pernottamento e momenti di confronto presso Cascina Moreni, la struttura cittadina che conserva la memoria di Fabio, morto in Ex Jugoslavia durante un trasporto umanitario, mentre durante le giornate sarà possibile affiancare gli operatori presso Casa Accoglienza e altri servizi–segno della Caritas.

Saranno invece il Brasile e il Senegal le due mete delle esperienze estive di «vita di missione». Dal 17 luglio al 9 agosto a Salvador de Bahia, dove opera il cremonese don Emilio Bellani, i giovani svolgeranno attività di conoscenza e animazione, servizio e condivisione dei ritmi feriali della comunità, ma anche laboratori e la distribuzione della «cesta basica» per le famiglie bisognose. Dal 6 al 21 agosto invece le Suore Adoratrici di Rivolta d’Adda propongono alle ragazze un’esperienza in Senegal nei pressi di Dakar, dove la missione dell’Istituto fondato da San Francesco Spinelli gestisce un centro estivo e un dispensario.

Come ogni anno poi l’Unitalsi proporrà il pellegrinaggio con gli ammalati a Lourdes dal 4 al 9 agosto, mentre torna l’esperienza di spiritualità ecumenica a Taizé (11–18 agosto) proposta dalla Federazione oratori.

 




Tavola della Pace di Cremona, vertice in Prefettura

A seguito della richiesta inoltrata dalla Tavola della Pace di Cremona, si è tenuto un incontro presso la Prefettura di Cremona che ha visto presenti, per la Prefettura, il capo di Gabinetto, dott. Alfonso Sadutto, e i referenti di Anpi, Acli, Arci, Cgil, Cisl, Uil, Caritas, Forum del Terzo Settore in rappresentanza di tutti gli aderenti alla Tavola.

Le associazioni presenti hanno espresso preoccupazione per le provocazioni cui si è assistito negli ultimi tempi in città, con affissione di striscioni e con alcuni messaggi sui social dai toni forti indirizzati principalmente contro i cittadini immigrati, ma rivolti anche contro tutti quei soggetti che agiscono per la pacifica convivenza, la tolleranza e la tutela dei diritti umani.

Particolare indignazione ha suscitato, inoltre, l’ignobile atto vandalico con cui sono stati deturpati e danneggiati alcuni giochi presenti nei parchi cittadini.

Altro tema discusso è stato quella della sicurezza dei cittadini e delle associazioni che aderiscono alla Tavola della Pace, impegnate nel pieno rispetto delle norme vigenti, in iniziative di espressione della loro attività e dei valori che difendono.

A seguito del confronto in Prefettura, la Tavola della Pace esprime sincero apprezzamento non solo per la solerte e puntuale risposta alla richiesta di incontro, ma anche, nel merito dei contenuti espressi, per la condivisione delle azioni della Tavola e dei valori di cui è espressione.

In modo particolare la Tavola della Pace e la Prefettura hanno convenuto la necessità di proseguire, ciascuno nell’ambito delle proprie responsabilità, nel portare avanti l’indispensabile lavoro di “squadra”, già avviato anche con la collaborazione delle forze dell’ordine, così da poter contrapporre a messaggi di odio e intolleranza messaggi di pace e di tutela dei diritti umani fondamentali, in piena coerenza con i principi e gli ideali sanciti dalla Carta Costituzionale.