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“Parole come pane. Tutto è connesso: ecologia integrale e novità sociali”, il nuovo libro don Bignami e Gianni Borsa presentato a Cremona

 

«L’uomo non è un’isola, ma è dentro a una rete di relazioni» con queste parole don Bruno Bignami, sacerdote cremonese che dal 2018 è direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, ha sintetizzato il principio alle fondamenta della riflessione nel suo nuovo libro “Parole come pane. Tutto è connesso: ecologia integrale e novità sociali”, scritto insieme a Gianni Borsa, presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana.

Il libro edito dalla casa editrice “ITL Libri” è stato presentato presso il Salone dei Quadri del palazzo comunale di Cremona nel pomeriggio di venerdì 10 dicembre.

In collegamento web è intervenuto Enrico Giovannini, da febbraio 2021 Ministro delle infrastrutture e dei trasporti della Repubblica italiana, mentre in sala erano presenti anche Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona e Maria Teresa Antognazza, in rappresentanza della casa editrice “ITL Libri”; a moderare l’incontro Marco Bencivenga, direttore del quotidiano “La Provincia”.

Don Bruno Bignami ha così illustrato il contenuto del libro e le ragioni che l’hanno spinto a fare tali riflessioni: «Il sottotitolo del libro è “tutto è connesso”. Nel libro vengono analizzate diverse parole, come le tante facce di un poliedro dove ogni faccia mette in evidenza un aspetto diverso: le diverse parole che abbiamo analizzato mettono in evidenza un problema diverso dell’oggi».

Ha quindi proseguito il sacerdote cremonese: «Si potrebbe pensare che basti la tecnologia oggi, ma la questione non è semplificabile perché non tutte le tecnologie sono eticamente neutre: ad esempio non è sufficiente mettere una nuova centrale nucleare pensando di risolvere così il problema del sostentamento energetico della popolazione. Oggi si possono creare le comunità energetiche, attraverso le quali si produce l’energia che si consuma in modo consapevole».

Un pensiero umanistico quello di Bignami: «Oggi la riflessione nel nostro tempo è troppo debole, c’è la tendenza a spostare tutto sul versante tecnologico ignorando che l’uomo non è un’isola, ma è dentro a una rete di relazioni: come in un gioco delle parti, le parole servono a mettere in relazione».

Ha quindi concluso Bignami: «Ci dobbiamo abituare a cogliere la complessità degli aspetti, con uno sguardo ampio che sia sociale e relazionale perché il rischio è quello di una semplificazione eccessiva e di non dare gli strumenti adatti per affrontare la realtà: serve avere un modello sociale dove le persone remano nella stessa parte, perché le risorse economiche sono importanti ma non sono sufficienti. Dobbiamo renderci conto che ognuno di noi può essere protagonista e non solo spettatore del futuro che verrà».

Gianni Borsa, co-autore del libro, ha voluto ampliare la riflessione andando oltre il tema dell’ecologia: «Col tema dell’ecologia integrale c’è in gioco il nostro futuro, per questo vale la pena mettersi in gioco e dialogare. Siamo tutti nello stesso mare ma con mezzi diversi e serve più giustizia sociale: ciascuno abbia la possibilità di vivere bene là dove nasce, per questo bisogna ripensare a un’economia diversa. È importante mettere in circolo l’idea che insieme alla sostenibilità ambientale è necessaria un’economia capace di stare al passo coi tempi, il tema della giustizia sociale con la questione della tenuta della comunità con le sue relazioni».

Nel suo intervento, il ministro Giovannini ha voluto insistere proprio sui temi della giustizia fiscale e sociale, della redistribuzione delle ricchezze: «Nella società si aprono divisioni, ora più che in passato, e alcuni strumenti sono stati messi in atto per arginare questi fenomeni, come il reddito di emergenza che ha affiancato il reddito di cittadinanza: come il Papa ha scritto nell’enciclica “Fratelli tutti” non serve solo l’attenzione agli scarti fisici e umani, ma c’è anche l’esigenza di uscire dai problemi insieme, anche al di là della pandemia, come nelle sfide dei grandi cambiamenti climatici, perché la sostenibilità sociale è fondamentale come quella ecologica».

I temi della giustizia sociale sono stati ripresi dal Ministro insieme a quelli delle risorse in arrivo con il Pnrr europeo: «È necessario intervenire sulla retribuzione, oggi in Italia gli stipendi sono più bassi che negli altri Paesi europei, come sulla redistribuzione della ricchezza, qui si parla di salario minimo e del problema di chi rimane povero pur lavorando: i soldi in arrivo dall’Unione Europea devono andare a progetti che rispettino certi principi, e in questo l’Unione Europea è stata molto seria e severa. Non solo efficientamento ma anche rinnovamento per migliorare il benessere a tutto tondo».




Centro di aiuto alla vita, impegno dalla parte delle mamme e delle famiglie

Un incontro sincero e caloroso quello tra il vescovo Antonio Napolioni e le volontarie del Centro Aiuto alla Vita di Cremona (CAV) tenutosi nel pomeriggio di venerdì 10 dicembre presso il Seminario vescovile di via Milano.

Un momento di condivisione utile sia per fare conoscenza, sia per illustrare il lavoro del gruppo che svolge le varie attività del Centro: questa è stata anche l’occasione per presentare il nuovo gruppo di volontarie e la rinnovata presidenza del CAV avvenuta nei mesi scorsi, guidata dalla nuova presidente Barbara Bodini.

 

Durante il pomeriggio, dopo il dialogo introduttivo fra le volontarie e il vescovo di Cremona, è seguito anche un momento di preghiera e riflessione in vista del Natale, con lo scambio degli auguri.

«Il CAV a Cremona si occupa di dar sostegno alle mamme in gravidanza e a quelle con un piccolo già in braccio – ha spiegato la presidente Bodini – seguiamo i nuclei familiari con bambini da 0 a 3 anni, come anche tutta la famiglia con gli altri bambini più grandi».

La presidente Bodini ha poi illustrato i diversi progetti del Centro: «In una prima fase nella quale il bambino è ancora in grembo, cerchiamo di dare supporto alle mamme che hanno intenzione di non portare avanti una gravidanza, che può sembrare un problema o sembra essere indesiderata, cercando di far vedere la gravidanza non come un problema, ma come un’opportunità e un momento di grazia».

Ma il sostegno non si limita al momento della gravidanza e prosegue negli anni successivi: «Quando poi una mamma ha partorito seguiamo il nucleo familiare con aiuti sia materiali, sia economici: per questo ci appoggiamo a “Federvita” con il loro progetto “Gemma” che prevede l’erogazione di un contributo economico per aiutare e sostenere economicamente la famiglia.».

Un sostegno che certamente non si ferma soltanto all’importante contributo materiale, ma che va oltre nella conoscenza della persona: «Il Cav si occupa di aiutare il nucleo familiare grazie alla generosità dei cremonesi fornendo anche abitini per i bimbi, alimenti, pannolini, suppellettili di ogni tipo necessari alla crescita di questi bimbi: a questo sostegno materiale ed economico si affianca uno sguardo buono e positivo sulla maternità»




Giornata di lotta all’AIDS, il Vescovo a Casa Speranza: «Siete testimoni della speranza del Vangelo»

Nella vigilia della “Giornata mondiale della lotta all’Aids”, che ricorre ogni anno il 1° dicembre, il vescovo Antonio Napolioni ha fatto visita alla Casa della Speranza, opera segno di Caritas Cremonese che accoglie e supporta le persone malate di Aids, per la celebrazione dell’Eucarestia e un incontro con gli ospiti residenti nel pomeriggio di martedì 30 novembre 2021.

Presenti insieme al vescovo, le suore Catechiste di Sant’Anna e alcuni volontari che prestano il loro servizio nella struttura, insieme ad alcuni sacerdoti: don Pier Codazzi, direttore della Caritas diocesana, don Vilmo Realini, collaboratore parrocchiale della parrocchia “Beata Vergine Lauretana e S. Genesio” in Borgo Loreto, e don Flavio Meani, segretario vescovile.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha commentato il Vangelo del giorno: «Gesù chiama Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni come suoi apostoli: noi cosa vogliamo fare? Seguire Gesù migliora il mondo perché si diffonde la buona notizia che Dio ti ama, lasciati pescare, aiutare. Sosteniamoci l’un l’altro – ha quindi proseguito il Vescovo – questo è il contagio del bene che cerca e sconfigge il male che si diffonde, non solo i nostri mali personali ma anche quelli della società, ciò che è superficiale».

«Per tutta la terra si diffonde l’annuncio degli apostoli, un loro annuncio silenzioso perché fatto di gesti concreti: la speranza si basa sui fatti e questa casa da anni è segno silenzioso e sicuro di questa speranza che nasce dal Vangelo» ha quindi proseguito Napolioni.

Infine, ha concluso il vescovo Antonio Napolioni nella sua omelia: «Anche ognuno di voi che abita e opera qui è un apostolo, anche se non andate in giro, perché voi potete raccontare un incontro con Gesù che vi ha messo un po’ in piedi, vi ha rimesso un po’ in piedi e vi ha permesso di essere famiglia, testimoni che la speranza è possibile».

Al termine della celebrazione un momento di riflessione tenuto dall’infettivologo Giuseppe Carnevale sul tema del virus dell’Hiv e della malattia dell’Aids: «A quarant’anni dalla scoperta di questa infezione oggi si parla meno, anche per colpa della pandemia, ma ogni anno in Italia vengono scoperti ancora oltre duemila nuovi pazienti con infezione da Hiv e oltre cinquecento da Aids conclamato: questi sono solo i casi di infezione denunciati perché poi nel sommerso ce ne sarebbero anche più del doppio che possono diffondere l’infezione, principalmente tramite via sessuale».

Ha pertanto proseguito il dott. Carnevale: «Nel 1986 la ricerca ha prodotto farmaci molto importanti per questa malattia, senza però mai trovare una vera e propria cura anche se oggi ci sono terapie sempre più innovative con prospettive di arrivare a iniezioni ogni 2 o 6 mesi in sostituzione delle medicine quotidiane che oggi vengono somministrate».

Da questo quadro l’appello di Carnevale: «È importante abbassare questa soglia e informare, soprattutto i giovani, che ci si può infettare per via sessuale. I nostri figli e nipoti devono essere informati, anche se purtroppo è solo una giornata all’anno e soprattutto quest’anno, a causa del Covid, sarà una notizia meno rilevante».

Quindi il ricordo degli anni in cui questa malattia ha colpito più diffusamente: «Negli anni ‘90 il vescovo Nicolini veniva nel mio reparto e vedeva i giovani morire, all’epoca anche sessanta morti all’anno e capì che era importante avere un luogo per poter aiutare persone che non hanno un adeguato sostegno familiare ad affrontare questa situazione: questa casa è andata avanti anche grazie a molti volontari».

Il vescovo Napolioni ha quindi aggiunto un ringraziamento a quanti hanno contribuito negli anni a continuare a sostenere la Casa della Speranza: «Aggiungo che vedo facce splendide, insieme alle suore e agli operatori formate questa grande famiglia e siete un segno di speranza: non vedo l’ora che si possa vivere un momento insieme senza darla vinta al male, quello grande e quelli piccoli di ogni giorno. Ricordiamo anche quanti hanno sostenuto questa opera economicamente come Fondazione Cariplo».

Anche don Codazzi ha voluto augurarsi di poter tornare presto a condividere la vita degli ospiti con visite dall’esterno e progetti al di fuori della Casa con il ritorno della bella stagione. Infine, anche il saluto di don Vilmo Realini, il quale settimanalmente visita questa piccola comunità situata in una delle parrocchie in cui presta il suo servizio.

Al termine non sono mancate alcune poesie lette dagli ospiti e lo scambio degli auguri per il trascorrere di un buon Avvento.




Unitalsi, la Giornata dell’Adesione con il Vescovo: «Riavviciniamoci, con la cautela imposta dalle esigenze sanitarie, ma senza freno rispetto ai bisogni di servizio e solidarietà, di ascolto e condivisione»

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«Sia questo Avvento l’occasione per una rinnovata alleanza tra le generazioni». Questo l’invito del vescovo Antonio Napolioni durante la celebrazione eucaristica della prima Domenica di Avvento presieduta in Cattedrale nella mattina di domenica 28 novembre e che, come ogni anno, è stata occasione per celebrare la Giornata dell’adesione dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali). Per questo nei primi banchi erano presenti le dame e i barellieri della sottosezione di Cremona dell’Unitalsi, insieme anche ad alcuni malati. L’assistente diocesano don Maurizio Lucini ha concelebrato insieme anche ad alcuni canonici del Capitolo.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto mettere in risalto una particolare preoccupazione per il futuro dei più giovani: «Percepiamo con attualità la forza delle immagini che Gesù usò per annunciare ai discepoli le ultime cose, l’angoscia e la paura fra le genti: ieri sera durante la celebrazione di alcune cresime mi si è materializzato il dramma di questa generazione, il conto alla rovescia su di loro con i cambiamenti nel mondo insieme ai rischi per la pandemia, la sensazione di pessimismo e declino che sono sulle spalle di questi ragazzi».

«Questi ragazzi sentono il peso dei messaggi che sentiamo oggi – ha quindi proseguito il vescovo –. Siamo in un’unica macchina e non ci accorgiamo che da un po’ la spia del serbatoio segna che siamo in riserva. Che cosa fare? Cosa fa il Signore? Come pregarlo, come vivere le responsabilità della storia del presente e del futuro? Non possiamo pregare egoisticamente per la salvezza della nostra anima quando ci è stato dato il compito di amministrare il giardino, il mondo e l’umanità da fratelli. Quel serbatoio forse va riempito di giustizia, sobrietà, intelligenza e onestà».

Quindi l’invito ad aprirsi al futuro: «Questa è la benzina di cui abbiamo bisogno per far ripartire la carovana dell’umanità in un’obbedienza fiduciosa come quella che la mia generazione ha avuto in dono quando da bambini pensavamo di avere davanti l’infinito e non la scadenza della nostra vita. Il Signore è fedele alle promesse, verranno i giorni nei quali il Signore fa miracoli, come ci dice il profeta Geremia. Tra questi ragazzi possono esserci quelle luci che si accendono autenticamente, tracce divine da seguire per non perderci, per non sprofondare nella fossa scavata da noi stessi: seguire il bambino che nascerà, il nuovo che il Signore prepara nel cuore delle nuove generazioni».

«Molti giovani hanno le idee giuste, lo sguardo giusto, ma noi non gli permettiamo di essere protagonisti del loro tempo. Sia questo Avvento l’occasione per una rinnovata alleanza tra le generazioni. Non sarà il lamento di noi anziani e adulti a entusiasmare e fare spazio al diritto e alla libertà dei ragazzi e dei giovani», ha proseguito il vescovo Antonio con l’augurio per l’Avvento appena iniziato.

Infine, la riflessione di mons. Napolioni si è incentrata sull’amore del Signore con un particolare riferimento all’Unitalsi: «Mi piace affidarvi il compito di essere uno dei segni di questa sovrabbondanza di amore, di un amore che il Signore nella fede e nella grazia rigenera al punto da farci interessare di chi è nascosto, solo e ha limiti e difficoltà. Quanti fratelli e sorelle non solo sono soli e avrebbero bisogno di fare un pellegrinaggio, ma hanno bisogno di sperimentare che la Chiesa si fa pellegrina verso questo santuario vivente di Dio che è ogni uomo, ogni casa, ogni storia umana, ogni famiglia».

Ha pertanto concluso il vescovo Napolioni: «Riavviciniamoci così, con la cautela imposta dalle esigenze sanitarie, ma senza freno rispetto ai bisogni di servizio e solidarietà, di ascolto e condivisione che ci sono tra di noi: questa testimonianza sarà il fermento che va incontro a Colui che viene e che gli permetterà di realizzare ancora di più il suo progetto di amore restituendo fiducia e speranza a chi rischia di perderla».

Al termine della celebrazione eucaristica la “Preghiera della sorella e del barelliere” proclamata dal presidente dell’Unitalsi cremonese, Tiziano Guarneri. Poi la presentazione dell’iniziativa di solidarietà “Avvento di fraternità”, destinata quest’anno alla parrocchia Gesù Cristo Risorto di Salvador de Bahia, in Brasile.

Infine, il Vescovo ha annunciato la prossima pubblicazione della lettera pastorale “Ospitali e pellegrini”, scritta in occasione del 750° anniversario della morte di san Facio, le cui spoglie sono custodite nella cripta della cattedrale di Cremona: un modo per riscoprirne la figura imparando da lui a prendersi cura del prossimo.

La Giornata dell’adesione è proseguita in Seminario con il pranzo e il pomeriggio in festa con raccolta fondi per l’abbattimento delle quote dei giovani e dei malati che parteciperanno ai pellegrinaggi di sottosezione a Loreto e Lourdes nel 2022.

 

Il video integrale della celebrazione

 

Unitalsi, domenica la Giornata dell’adesione con la Messa in Cattedrale




«I nostri Musei hanno il compito di preservare e condividere la bellezza come seme di pace»

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Dopo la celebrazione dei Primi Vespri di S. Omobono, presieduti dall’arcivescovo di Milano, poco prima delle 17 è iniziata in Cattedrale la presentazione del nuovo Museo Diocesano. E il primo a prendere la parola è stato il vescovo Antonio Napolioni, che ha ricordato come sia nata l’idea di un museo diocesano, facendo riferimento al vescovo Dante Lafranconi e all’allora direttore dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici, mons. Achille Bonazzi, insieme a mons. Pietro Bonometti e don Andrea Foglia. Un’opera resa possibile oggi grazie all’intervento convinto e generoso della Fondazione Arvedi Buschini. «Non saremo mai abbastanza grati – ha detto il vescovo Napolioni – alla sensibilità e al genio del cav. Giovanni Arvedi che, con la signora Luciana, ha voluto così onorare la memoria dei suoi genitori, e mettere a disposizione della collettività le meravigliose opere della sua collezione».

Poi il riconoscente apprezzamento del lavoro svolto dall’architetto Giorgio Palù e dall’incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, don Gianluca Gaiardi. «Con loro – ha detto ancora Napolioni – abbiamo sviluppato il progetto originario, osando quello che ora è lo splendido ingresso al Museo: una scala di luce che, di giorno e di notte, traccerà un percorso dalle radici spirituali più profonde della nostra comunità agli orizzonti di cielo e di futuro che il Signore le schiude lungo il cammino. Questa scala oggi ci porta alle collezioni e alle grandi opere già collocate, che raccontano di tante zone del nostro territorio diocesano: un fraterno grazie alle comunità che hanno prestato alcuni loro tesori, per far risaltare il valore della comunione ecclesiale». Con uno sguardo anche al futuro: «La stessa scala prossimamente ci farà salire ai saloni di rappresentanza dell’episcopio, che saranno restaurati anche con l’importante contributo di Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, per ospitare gli arazzi della Cattedrale, e le aule didattiche per la formazione di bambini e ragazzi. Si arricchisce così la già imponente offerta culturale e spirituale che, al centro di Cremona, è composta dalla Cattedrale e dal Battistero, dal Torrazzo (con il suo Museo Verticale) e finalmente dal Museo Diocesano».

Poi quasi scherzando ha concluso sottolineando il senso di aprire un museo: «In questi mesi – ha concluso – mi gira in testa questa battuta: “la Chiesa fa un museo perché le chiese non diventino musei”. Pregusto infatti l’esperienza contemplativa che, al cuore della nostra città e diocesi, sarà possibile a chi sosterà con fame di bellezza e di verità tra le meraviglie della fede cristiana.
Ne sono felice, perché così la casa del vescovo diventa sempre più casa di tutto il popolo di Dio, luogo di annuncio e racconto della fede».

La parola è passata quindi proprio a don Gaiardi che si è detto «contento e allo stesso tempo meravigliato. Se di fronte a un capolavoro si resta senza fiato, vedere qui riunite tante opere d’arte mi riempie di gioia. Davvero una meraviglia ai nostri occhi». L’incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici ha ricordato l’impegno della Chiesa a «conservare, tutelare e valorizzare i beni culturali», perché «il nostro è un territorio ampio, ed è grande il numero delle opere da valorizzare, nelle Chiese particolari dove sono custodite in primis e ora anche attraverso il Museo diocesano che diviene punto di riferimento per tutti i fedeli. Oggi questa realtà preziosa comincia a vivere sia come luogo, sia come strumento e centro di attività». E ancora: «Il nostro primo impegno è davvero quello della tutela e valorizzazione di questa eredità. Impegno preso principalmente con le comunità del territorio diocesano che hanno rinunciato, spesso con dispiacere, alla custodia dei loro tesori, superando tentazioni campanilistiche, offrendo così a tutti noi la possibilità di godere della meraviglia di questi capolavori. Grazie alle comunità parrocchiali, al seminario, al Capitolo della Cattedrale».

E naturalmente non è mancato il grazie alla famiglia Arvedi, ma insieme a loro anche alle tante associazioni della città che hanno promosso il restauro di molte delle  opere esposte, e quanti – a diverso titolo – hanno dato il proprio contributo per realizzare e allestire questo museo. A cominciare anche dai vari uffici di Curia e il curatore del museo Stefano Macconi.
Quindi un vero e proprio excursus attraverso le diverse sezioni del nuovo spazio museale che si conclude con la possibilità di ammirare la collezione “Giovanni e Luciana Arvedi Buschini”.
«Ci confrontiamo con enormi contenuti di valore biblico teologico, catechistico. Lo scopo principe del Museo, luogo di fede e di umanità, oltre al racconto del Sacro è quello di mostrarci l’umanità delle fede, infondendo il gusto della bellezza che salva», ha affermato don Gaiardi. E ancora: «Sarà davvero emozionante vedere bambini, famiglie, classi scolastiche, gruppi di catechismo, giovani e vecchi, uomini e donne, cremonesi e turisti lontani cercare il bello del credere». E ha concluso: «Diceva Bernardo di Chartres che: “Siamo come nani sulle spalle dei giganti e possiamo vedere cose più lontane, non certo per l’acume della nostra vista, ma perché siamo portati in alto dalla loro statura”. Così con gioia oggi ospitiamo la Direttrice dei Musei Vaticani, la Dottoressa Barbara Jatta che offrirà alla nostra realtà diocesana, l’orizzonte più ampio della Sua esperienza museale e del ruolo che i Musei di arte sacra hanno, in un viaggio fra storia, arte e fede».

La presentazione del nuovo Museo è quindi proseguita con l’autorevole intervento dalla direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, sul tema “Musei Vaticani, un viaggio fra storia, arte e fede”:

Ripercorrendo dal punto di vista storico-artistico la storia e la meraviglia artistica della nostra Cattedrale, Jatta ha detto di essere grata di poter vedere di persona la “Cappella Sistina della Pianura Padana. Con la differenza che la Cappella Sistina a Roma, dall’esterno sembra una fredda capanna fortificata,  mentre il duomo cremonese accoglie già dal suo esterno, nel contesto urbanistico«. Come non notare, ad esempio, la facciata? «Si rimane affascinati dall’architettura romanica, dalla spiritualità degli abitanti di questi territori. Basti pensare al protiro che rende ragione del tempo che scorre nell’uomo medievale, con un lavoro adeguato al ritmo di ogni stagione. Proprio per quella laboriosità di cui diceva l’arcivescovo Delpini».

La Cattedrale di Cremona – ha detto Jatta, «è stata crocevia di arte e devozione. Non c’è bisogno di essere uno storico dell’arte per riconoscerlo: questa è l’arte che parla al cuore. In questo giorno importante sono qui per raccontare il meraviglioso messaggio di questi luoghi, la Cattedrale come il nuovo Museo Diocesano che andremo a inaugurare. La Chiesa costruisce un Museo per non essere museo, sono d’accordo!». Nel ricordare le meraviglie che compongono i Musei Vaticani (dall’arte egizia ed etrusca a quella greco-romana, passando per quella delicata e intima arte del Medioevo fino quella prorompente del Rinascimento), la direttrice ha voluto ricordare «che sono le persone che hanno fatto e ancora oggi fanno questi musei: archeologi, restauratori e conservatori, storici dell’arte, architetti, studiosi, custodi, addetti alla didattica, alla tecnica informatica, guide, fotografi. Tutte queste persone sanno che i Musei Vaticani, così come tutti i musei diocesani, hanno una missione specifica: preservare e condividere».

Ma cosa abbiamo noi cristiani da condividere, si è chiesta la Jatta? La risposta, ha ricordato, è insita nei Musei (e Papa Francesco lo ha ricordato recentemente): «I nostri Musei hanno il compito di preservare e condividere la bellezza come seme di pace. Ecco perché Papa Francesco ci ha esortato ad andare avanti nel nostro lavoro di studio, tutela, valorizzazione delle nostre collezioni… perché “è con la bellezza che andiamo avanti”. La bellezza è la nostra cura. Cura dell’inquietudine e sofferenza», ha detto ancora Jatta.

«Il Papa oggi ci chiede di essere una casa aperta dove ciascuno può trovare le sue radici. Per questo è nata l’associazione dei musei ecclesiastici italiani: per stabilire un coordinamento con tutte le realtà museali diocesani italiani». «Anche il vostro Museo Diocesano è della passione, della dedizione e della generosità di tanti cremonesi», ha chiosato la direttrice dei Musei Vaticani. «Questo Museo è specchio del vostro santo patrono S. Omobono, il primo santo laico della Storia come lo definì Giovanni Paolo II. Lui era l’immagine del lavoratore onesto, che mentre vende e compra stoffe non perde di vista la fede nel Signore e la carità verso i fratelli. Come disse Le Goff, infatti, vi è “Il tempo del mercante e il tempo della Chiesa”. A lui affidiamo davvero questa inaugurazione, certi che questo Museo è un auspicio di bene e ripartenza per il presente e il futuro dopo i mesi infausti e duri della pandemia».

Chi è Barbara Jatta, la prima donna direttore dei Musei Vaticani

 




Gli echi della Settimana sociale nell’incontro promosso dal Circolo Acli di Soncino

Una serata piena di contenuti e di stimoli per il futuro si è tenuta lunedì 8 novembre presso il circolo Acli “Padre Mario Zanardi” di Soncino con l’intervento di Eugenio Bignardi, responsabile diocesano della Pastorale sociale e del lavoro, il quale ha riportato ai presenti l’esperienza vissuta alla 49esima Settimana sociale dei cattolici italiani.

Accompagnato da altre due cremonesi, Bignardi è stato membro della delegazione diocesana che hanno partecipato ai lavori della Settimana sociale tenutasi a Taranto dal 21 al 24 ottobre dal titolo “Il Pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro” alla quale hanno partecipato delegati provenienti da quasi tutte le diocesi italiane. A introdurre l’ospite e moderare la serata è stata Carla Brunella Galimberti, presidente del circolo Acli di Soncino.

Dopo la presentazione e il ricordo del saluto di Papa Francesco e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Settimana, Bignardi ha ripreso lo studio di Gaël Giraud,  gesuita economista che dall’ottobre 2020 dirige il Center for environmental justice della Georgetown University di Washington: «Sulla base degli studi attuali padre Giraud ha calcolato che nel 2040 Africa e Sud Europa avranno una decurtazione del 40% dell’acqua potabile, mentre nel 2100 il bacino della foresta amazzonica sarà completamente disabitato con un aumento delle temperature di quattro gradi e con tre quarti della popolazione mondiale colpita da ondate di calore estremo per almeno venti giorni all’anno. Il creato è soggetto a questa situazione».

«Partendo da questo tipo di scenari un’altra parte della settimana è stata dedicata alle buone pratiche, prendendo ad esempio quelle realtà che hanno provato ad affrontare questa situazione – ha quindi proseguito Bignardi –. Sono state mappate sul territorio nazionale 271 fra aziende, amministrazioni pubbliche, enti del terzo settore e alcune parrocchie che dallo studio dell’economista Leonardo Becchetti sono state catalogate come “buone pratiche”, capaci di coniugare logiche di mercato con la cittadinanza attiva».

Significativo anche l’apporto dei giovani under35 che hanno partecipato a questo evento, come sottolineato da Bignardi: «Come indicato dall’organizzazione, una parte consistente dei partecipanti era composta da giovani, i quali hanno redatto un manifesto intitolato “L’alleanza è un cammino” per creare un’alleanza intergenerazionale con il mondo degli adulti».

«Un ruolo decisivo lo svolgono le istituzioni e noi dobbiamo chiederlo con forza – ha aggiunto nel suo intervento Bignardi – ma anche noi dobbiamo impegnarci: il tema della cittadinanza attiva riguarda tutti, dai bambini, ai giovani, agli adulti, a chi ricopre incarichi collettivi. In questo anche i giovani credenti stanno dimostrando d’interessarsi e si rendono disponibili a riflettere su questi temi. Anche le “buone pratiche” individuate hanno esperienze che coinvolgono i giovani».

Nel concludere Bignardi ha sottolineato come il lavoro svolto durante la Settimana dai molti delegati si è anche concretizzato in proposte concrete rivolte alle istituzioni: «Al termine della settimana sono state fatte anche delle proposte concrete al Governo e al Parlamento italiano, come alle istituzioni europee».

Al termine dell’intervento di Bignardi la serata è proseguita con l’approfondimento di ulteriori temi proposti dai presenti.




Il Cattedrale il ricordo dei vescovi cremonesi, «grandi debitori d’amore»

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«L’amore ricevuto è tanto e l’amore restituito non basta mai». Con queste parole monsignor Antonio Napolioni ha ricordato i vescovi che nel corso dei secoli hanno guidato la Chiesa cremonese. L’occasione è stata la Messa in suffragio dei vescovi cremonesi presieduta come tradizione in Cattedrale all’indomani della commemorazione di tutti i fedeli defunti. A concelebrare l’Eucaristia, nel pomeriggio di mercoledì 3 novembre, anche il vescovo emerito Dante Lafranconi e i canonici del Capitolo della Cattedrale.

La riflessione del vescovo Napolioni nell’omelia si è sviluppata intorno all’amore ricevuto nella vocazione episcopale: «Le parole dell’epistola di Paolo illumina perfettamente la memoria dei tanti vescovi che mi hanno preceduto e che sono già nella pace eterna – ha spiegato mons. Napolioni –. Il vescovo è un grande debitore d’amore. Verso il Signore prima di tutto, perché quando lo chiama ad essere successore degli apostoli e guida del popolo di Dio attira un uomo in una vicinanza e intimità che porta a compimento la chiamata del Vangelo».

Il pensiero è quindi andato all’incontro con i tanti fedeli che il vescovo avvicina nel proprio ministero: «Il legame con la gente è un modo sacramentale di stare nella realtà, perché di qui si acquisisce uno sguardo di fede e una sensibilità spirituale che permette di riconoscere il Signore ovunque». E ancora: «Del rapporto con Dio noi vescovi non possiamo essere possessori unici. Un debito d’amore verso il Signore che si estende al proprio popolo e alla propria Chiesa».

La figura dei sacerdoti diocesani è stata poi al centro della riflessione: «Nonostante un declino dell’autorevolezza della Chiesa, percepisco tanta fiducia e credito da parte delle persone verso chi ha il compito di spezzare il pane della Parola, testimoniare che Cristo è risorto e tenere unita la comunità. Nella consapevolezza che questo debito d’amore non verrà mai onorato completamente, perché si lascia sempre qualcuno scontento – ha quindi proseguito mons. Napolioni -. Conta il cercare insieme la volontà di Dio e la strada da intraprendere: in questo ogni vescovo conta tantissimo sulla vicinanza dei suoi preti. Non è un rapporto umano di obbedienza, ma una scommessa umana e cristiana che rende possibile la fecondità della Chiesa, perché solo chi ha ubbidito è in pace, sereno e porta frutto»

Mons. Napolioni ha quindi concluso la sua riflessione allargando la visione nel tempo e nello spazio: «Dietro di Lui si può osare di dire un “sì” sempre più aperto, perché si moltiplicano i legami: basta mettere da parte il registro dei conti e accogliere ogni giorno ogni incontro con cuore di fanciullo e in comunione con tutti i vescovi nel tempo e nello spazio». Quindi una confidenza personale: «In questi anni mi sono divenute sempre più familiari le vicende della Chiesa cremonese e con tutti i fratelli che nelle Chiese d’Italia oggi conosco e con i quali condividiamo timori e speranze per essere insieme un segno umile ma credibile della fedeltà di Dio al suo popolo».

Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, il vescovo Napolioni ha voluto ricordare anche il ventesimo anniversario dell’arrivo in diocesi del vescovo emerito Dante Lafranconi: infatti mons. Dante Lafranconi prese possesso della diocesi il 4 novembre 2001, nominato vescovo di Cremona da Papa Giovanni Paolo II dopo l’improvvisa morte del vescovo Giulio Nicolini avvenuta nel giugno dello stesso anno.

Infine, il clero e l’assemblea si sono recati nella cripta, dove riposano le spoglie di diversi vescovi che hanno guidato la diocesi, per una preghiera finale in loro suffragio.




L’Africa oltre gli stereotipi raccontata da don Dante Carraro del Cuamm

«Ho voluto scrivere e raccontare un continente che non è unicamente problemi, ma che ci riguarda e che per noi medici del Cuamm è diventato una grande opportunità di vita». Così don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, alla presentazione del libro “Quello che possiamo imparare in Africa, la salute come bene comune”, tenutasi nella serata di mercoledì 27 ottobre presso la sede Avis di Cremona. La serata è stata l’occasione per presentare questo volume in cui don Carraro ripercorre la sua decennale esperienza in Africa come sacerdote e medico Cuamm tentando di andare oltre ai soliti stereotipi di un continente soltanto pieno di problemi irrisolti. Ad aprire la serata anche il saluto del sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti e un video di presentazione con le diverse attività che vengono svolte in Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Etiopia, Uganda, Tanzania, Angola e Monzambico.

L’appassionato racconto di don Carraro è stato accompagnato anche da quelli di altri due medici Cuamm, Alberto Rigolli, ginecologo direttore di Ostetricia all’Ospedale Oglio Po di Casalmaggiore, e Giacomo Ferrari, medico della casa di riposo di Casalbuttano.

Gli interventi sono stati moderati dal giornalista di Cremona 1 Simone Bacchetta, il quale ha sollecitato don Carraro a spiegare le ragioni di questo libro. «Il clima complessivo – ha affermato il sacerdote – dà la percezione che l’Africa sia una disgrazia che ci è capitata così vicino, dall’altra parte di quel laghetto che è il Mediterraneo, e noi siamo la porta di un flusso di gente e di problemi. Ma non è così, perché l’Africa è molto di più. Questo voglio raccontare in questo libro».

La testimonianza di Alberto Rigolli è stata contrassegnata dal racconto della sua esperienza con il Cuamm, fin dall’età giovanile: «Quando rivedo le immagini delle attività del Cuamm in Africa mi rendo conto che la cosa bella è che sono immagini vere, che ti cambiano quando vai là e quando torni a casa nella vita quotidiana».

Giacomo Ferrari ha poi continuato il racconto con uno sguardo rivolto anche al futuro: «Queste esperienze formano in noi un rapporto e un impegno con il Cuamm, perché si crea qualcosa che tiene molto legati all’Africa e a tutto quello che succede continuando a preoccuparsi perché l’Africa possa crescere con il contributo che possiamo dare».

Al termine la riflessione finale don Dante Carraro, in risposta anche ad alcune sollecitazioni dei presenti, si è concentrato sui problemi africani e dei diversi e numerosi finanziamenti che arrivano da varie parti del mondo, anche alla luce dell’attività di collaborazione e formazione delle comunità locali africane, tipica modalità di operare del Cuamm: «Il tema della cooperazione prima di tutto è incontro e formazione del personale in loco: bisogna investire nel capitale umano», ha affermato il direttore di Medici con l’Africa Cuamm.




«Presenti e vicini, anche senza parole»: a Dosolo l’ingresso di don Angelo Ruffini e don Massimo Macalli

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Domenica 10 ottobre hanno fatto il loro ingresso come nuovi parroci don Angelo Ruffini, nominato anche moderatore, e don Massimo Macalli nelle comunità dell’unità pastorale formata dalle parrocchie di Cavallara, Correggioverde, Dosolo, Sabbioni di San Matteo, San Matteo delle Chiaviche e Villastrada. Nella cerimonia di insediamento presso la chiesa parrocchiale di Dosolo i due sacerdoti sono stati accompagnati da mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, che ha presieduto la liturgia eucaristica e da don Davide Barili, vicario zonale.

I sacerdoti prendono il posto di don Stefano Zoppi, che era parroco di Cavallara, Villastrada, Correggioverde e Dosolo, e di don Angelo Maffioletti che era parroco di San Matteo delle Chiaviche e Sabbioni di S. Matteo, unendo così le sei parrocchie in un’unica unità pastorale.

Accompagnato dal Corpo filarmonico G. Verdi il sindaco di Dosolo, Pietro Bortolotti, ha accolto sul sagrato della chiesa, a nome dell’Amministrazione e delle comunità, don Angelo e don Massimo assicurando la collaborazione con senso di responsabilità e del dovere: «In questo cammino di fede incontriamo oggi don Angelo e don Massimo ai quali porgiamo il benvenuto nella nostra casa che da oggi sarà anche la vostra nuova casa: sentitevi a casa vostra e vi porgiamo il saluto più caloroso, sarete e vi sentirete pastori di tutti senza eccezione alcuna e vi accogliamo come guide e come fratelli, segno del Signore tra di noi ed eredità di bene lasciata dai vostri predecessori che vi chiediamo di arricchire con il vostro carisma e con i valori di cui siete portatori».

Al termine dei riti di ingresso della Messa il vicario zonale don Davide Barili ha dato lettura del decreto di nomina. La liturgia è proseguita con l’aspersione dei presenti da parte di don Angelo e l’incensazione dell’altare da parte di don Massimo.

Un membro del Consiglio pastorale ha poi salutato i nuovi parroci a nome di tutte le comunità parrocchiali: «Per i sacerdoti che hanno deciso di mettersi a servizio di queste terre la chiamata è stata una scommessa importante – ha detto – l’esperienza li ha sempre portati ad affezionarsi a questa gente, in terra mantovana tra il fiume Oglio il fiume Po, che è schietta ma accogliente, che non riempie le chiese ma che esprime solidarietà in impensabili azioni a chi è nel bisogno, con fantasia e desiderio di incontrarsi». E ancora: «Inizia il percorso assieme, nella speranza che le strade di ciascuno dei nostri paesi diventino le vostre strade ed ogni chiesa sia la vostra chiesa: come diceva don Primo Mazzolari “il prete non è uno che esige la perfezione ma uno che aiuta a dare il meglio”». Per poi concludere con un augurio e il dono di una casula a ciascun sacerdote: «Cammineremo insieme per il tempo che Dio vorrà e con la grazia della vostra presenza affinché ciascuno possa dare il meglio nella gioia del servizio».

Dopo le letture del giorno, è stata l’omelia del Vescovo a offrire ulteriori spunti di riflessione: «Il Vangelo della chiamata di quel giovane, come la chiamata di ognuno di noi – ha quindi proseguito il vescovo – chi siete voi parroci? Le aspettative le avete sentite, ma prima di fare occorre essere: il primo messaggio è quindi davvero quello di accogliere questo nuovo incarico come quando il Signore vi ha messo nel cuore questa ipotesi di vita, non perché come prete siamo migliori ma perché stiamo dietro al Signore».

«Le parole di Gesù sono “Vieni e seguimi”: le ricchezze non sono solo i soldi ma anche le sicurezze, gli affetti, il proprio io, i propri progetti e le proprie paure che ci paralizzano impedendoci di andare dietro al Signore che non si stanca di chiamare anche oggi ognuno di noi – ha ripreso mons. Napolioni – per essere testimoni del Signore non chiudetevi in ufficio e in casa, ma andate tra un paese e l’altro perché chiunque vi incontra possa incrociare qualcosa di quello sguardo di Gesù».

Il vescovo ha poi proseguito ricordando l’apertura del Sinodo sulla sinodalità aperto in mattinata a Roma da Papa Francesco: «Ascoltare il Vangelo e ascoltare i fratelli: voi iniziate questa missione mentre inizia il cammino del Sinodo della Chiesa universale e della Chiesa italiana, per due anni ci alleneremo ad ascoltarci per mettersi alla ricerca della volontà di Dio. Anche le comunità seguiranno non solo i parroci, ma il Signore stesso e come accade a chi è più ricco e pensa di farcela con le sue forze, sarà più tentato di dire “no grazie, faccio da solo” mentre sono i più poveri, i più deboli e i più fragili che si sintonizzano con l’opera di Dio».

Mons. Napolioni ha quindi concluso l’omelia con un augurio: «Buon cammino, a tutti noi insieme perché siamo tutti protagonisti di ciò che accade oggi. Non è semplicemente la festa a due nuovi parroci ma è la gratitudine al Signore che si fa Eucaristia con noi e per noi affinché ci riconosciamo condotti, nutriti, accompagnati, custoditi e perciò sicuri da ogni turbamento: la comunione con Gesù ci dà la vera pace da invocare, scambiare, custodire e regalare a chiunque».

La celebrazione eucaristica è quindi continuata con la liturgia eucaristica e dopo la Comunione ha visto il nuovo parroco moderatore prendere la parola per un saluto alla comunità che lo ha accolto: «Il fiume Po ci accomuna in questo territorio, vorrei condividere un saluto ricevuto in questi giorni che riprende il messaggio dei percorsi pastorali del vescovo di quest’anno “Va’ avanti e accostati”: sapendovi fare vicino, soprattutto alle famiglie giovani, a chi ha bisogno di una parola o di un consiglio, ma anche di una presenza anche senza parole, l’esserci con i nostri desideri, le nostre fatiche quotidiane nell’attività e nell’azione educativa, tutti possiamo giocare insieme questa scommessa per mettercela tutta nell’essere segno di una comunità che vive con lo spirito di Dio nel cuore».

Ha quindi subito seguito don Massimo Macalli con il suo saluto: «Il cammino di più comunità insieme deve prendere il ritmo giusto come quando si canta: se non c’è ritmo il canto diventa brutto; bisogna un po’ abituarsi a questo ritmo di camminare insieme perché se qualcuno sbaglia ritmo qualcuno resta indietro, qualcuno va’ troppo avanti e allora bisogna un po’ aiutarsi in questo: la grazia del Signore ci accompagni per questo».

Per concludere il pomeriggio di gioia, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un rinfresco accompagnato da un momento di musica dal vivo in oratorio per festeggiare insieme e scambiare le prime parole di conoscenza con i parroci appena accolti.

Matteo Lodigiani

 

 

Biografia dei nuovi parroci

Don Angelo Ruffini (in foto a sinistra), che è stato anche nominato moderatore, è nato a Calvatone nel 1964 ed è stato ordinato il 18 giugno 1994. È stato vicario a San Bassano (1994-1999) e Castelleone (1999-2004). Nel 2004 è stato nominato parroco di Drizzona e Voltido; diventando nel 2005 parroco in solido presso le parrocchie di San Giovanni in Croce, Solarolo Rainerio e Voltido. Dal 2006 al 2011 è stato parroco in solido di Casteldidone e San Lorenzo Aroldo. Dal 2011 era parroco a San Bassano e Santa Maria dei Sabbioni, e dal 2019 anche di Cornaleto, Formigara, Gombito e San Latino.

 

Don Massimo Macalli (in foto a destra), classe 1975, originario di Covo, è stato ordinato il 17 giugno 2000. È stato vicario a Casalbuttano (2000-2008), nella parrocchia Cristo Risorto di Cassano d’Adda (2008-2011) e a Calcio (2011-2014). Nel 2014 il trasferimento, come collaboratore parrocchiale, a Dosimo, Persico e Quistro. Parrocchie di cui nel 2018 è stato amministratore parrocchiale, insieme a quelle di Gadesco, Pieve Delmona e San Marino, di cui sino ad oggi è stato parroco in solido.




Domenica a Dosolo l’ingresso di don Ruffini e don Maccalli

Dosolo accoglierà, nel pomeriggio di domenica 10 ottobre, i nuovi parroci in solido don Angelo Ruffini (il moderatore, in foto) e don Massimo Maccalli, cui il Vescovo ha affidato le comunità “Santo Stefano” in Cavallara, “Santa Maria Assunta” in Correggioverde, “Santi Gervasio e Protasio martiri” in Dosolo, “Nostra Signora di Lourdes e San Ludovico” in Sabbioni di San Matteo, “San Matteo apostolo” in San Matteo delle Chiaviche e “Sant’Agata” in Villastrada.

Alle 16 presso la chiesa parrocchiale dei “Santi Gervasio e Protasio martiri” in Dosolo vi sarà la solenne Messa d’ingresso presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e cui potrà accedere solo su invito personale in rappresentanza di ciascuna parrocchia. Per tutti, invece, sarà possibile seguire la celebrazione dall’esterno della chiesa dove sarà trasmesso l’audio.

In preparazione all’evento nelle serate precedenti alcuni incontri di preghiera: mercoledì 6 ottobre alle 21 la preghiera del Rosario nella chiesa di S. Matteo e giovedì 7 ottobre alle 21 l’adorazione eucaristica nella chiesa di Villastrada.

 

Biografie dei nuovi parroci

Don Angelo Ruffini (in foto a sinistra) è nato a Calvatone nel 1964 ed è stato ordinato il 18 giugno 1994. È stato vicario a San Bassano (1994-1999) e Castelleone (1999-2004). Nel 2004 è stato nominato parroco di Drizzona e Voltido; diventando nel 2005 parroco in solido presso le parrocchie di San Giovanni in Croce, Solarolo Rainerio e Voltido. Dal 2006 al 2011 è stato parroco in solido di Casteldidone e San Lorenzo Aroldo. Dal 2011 era parroco a San Bassano e Santa Maria dei Sabbioni, e dal 2019 anche di Cornaleto, Formigara, Gombito e San Latino.

 

Don Massimo Macalli (in foto a destra), classe 1975, originario di Covo, è stato ordinato il 17 giugno 2000. È stato vicario a Casalbuttano (2000-2008), nella parrocchia Cristo Risorto di Cassano d’Adda (2008-2011) e a Calcio (2011-2014). Nel 2014 il trasferimento, come collaboratore parrocchiale, a Dosimo, Persico e Quistro. Parrocchie di cui nel 2018 è stato amministratore parrocchiale, insieme a quelle di Gadesco, Pieve Delmona e San Marino, di cui sino ad oggi è stato parroco in solido.