1

Al cimitero di Soresina la Messa del Vescovo per tutti i morti nella pandemia: «Siamo debitori d’amore» (Audio e Foto)

Una croce, segno degli effetti del male ma insieme della forza della vita che vince la morte. È questo il simbolo della speciale giornata vissuta, domenica 6 settembre, dalla comunità di Soresina. Radunata nel locale cimitero per vivere un momento di suffragio per tutte le vittime dell’emergenza sanitaria.

In questa, che è stata una delle realtà maggiormente messe alla prova, tra il 21 febbraio e il 15 maggio sono stati 164 i decessi, molti dei quali proprio a motivo della pandemia. Per tutti loro non è stato possibile celebrare i funerali, così la celebrazione presieduta dal vescovo Antonio Napolioni ha avuto un significato particolare per molti.

La liturgia, in questo tempo di distanziamento, si è svolta quasi in un ideale abbraccio attorno al tempietto centrale del camposanto, sulla cui cima proprio per l’occasione è stata ripristinata la croce, assente da tempo.

«Siamo debitori d’amore», il messaggio sottolineato nell’omelia dal vescovo Napolioni che, aprendo la sua riflessione, non ha voluto dimenticare le difficoltà di tante famiglie a seguito di settimane di chiusure e lavoro interrotto.

“Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole”, recitava la seconda lettura (Rm 13,8-10). «Siamo qui – ha affermato mons. Napolioni – perché in debito con i nostri familiari, con i quali non abbiamo potuto condividere gli ultimi atti». «Siamo qui – ha detto ancora – per onorare questo debito di affetto e di fede».

La fonte di questo debito d’amore si trova nel Cristo crocifisso, «volto di solidarietà salvifica». Ecco allora che «in questo momento e in questo luogo riaffermiamo il bisogno di non eliminare il pensiero della morte». «Umanizzare il momento della morte – ha affermato il Vescovo – ci serve a non illuderci, a non delirare. E dunque a gustare la vita in ogni istante: non nella maniera di chi la vuole bruciare perché non la ritiene un cantiere in cui costruire cose belle, ma la subisce». «Se la morte umana ci serve, la morte cristiana ci salva – ha sottolineato -. Noi non dobbiamo essere salvati dalla morte per evitarla, ma attraverso la morte siamo salvati».

Ecco allora la necessità di una fiduciosa speranza, con l’impegno a mettere in circolazione l’amore ricevuto. «Questo guarirà anche il mondo, questo sarà il vaccino più potente contro tutte le prove che dovremo ancora affrontare», ha concluso il Vescovo.

Dopo la Messa, animata da alcuni rappresentanti dei cori parrocchiali, il suono del silenzio eseguito alla tromba da Simone Lanzanova e Federico Luccini, della banda cittadina, ha introdotto il toccante il momento di commemorazione in cui il sindaco Diego Vairani ha letto, uno per uno, i nomi di tutti coloro che non ci sono più: padri, madri, nonni, nonne, fratelli, sorelle, figli e figlie. Un momento che ha avuto come sottofondo la musica del maestro Alessandro Manara e Claudia Galvani (rispettivamente alla tastiera e al violino) ed è stato accompagnato da molte lacrime.

Da ultimo un altro gesto di particolare significato: la benedizione della nuova croce posta sulla cime della cupola che sovrasta l’altare centrale del cimitero. Una croce in ferro battuto realizzata dall’artigiano cividalese Angelo Brunoni su disegno del parroco, don Angelo Piccinelli. Legati alla croce un tralcio di vite con un grappolo d’uva e alcune spighe di grano, piegate e spezzate. Immagine della vigna biblica, di una storia di infedeltà ma anche di straordinario amore.

Photogallery della celebrazione