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Agiografia del prete cremonese fondatore delle Figlie dell’Oratorio beatificato il 1° novembre del 1975 dal beato Papa Paolo VI

Vincenzo Grossi nasce il 9 marzo 1845 a Pizzighettone (Cremona) da una umile famiglia. È il penultimo dei dieci figli (tre muoiono in tenera età) di Baldassarre Grossi e Maddalena Cappellini, proprietari di un mulino. È subito battezzato nella chiesa parrocchiale di San Bassiano, a Pizzighettone.

Dinanzi alla richiesta di Vincenzo di diventare sacerdote non c’è opposizione da parte dei familiari, che si limitano a fargli presente che possono ancora aver bisogno di lui; c’è già un altro figlio – Giuseppe – che studia da prete, non possono permettersi le spese per entrambi. Così, mentre lavora con il padre nella consegna dei sacchi di farina, il ragazzo si ritaglia del tempo per studiare privatamente le materie del ginnasio sotto la guida del parroco.

A diciannove anni, nel 1864, entra in Seminario: è ordinato sacerdote il 22 maggio 1869. Da allora tutta la sua attività pastorale si svolge in diverse parrocchie della diocesi.

I suoi primi incarichi sono nelle parrocchie di S. Rocco in Gera di Pizzighettone e a Sesto Cremonese, seguiti, nel 1871, da quello come economo spirituale a Ca’ dei Soresini.

Nel 1873 è nominato parroco di Regona di Pizzighettone. La popolazione del luogo era da tempo lontana dalla pratica religiosa, ma don Vincenzo vi si dedica con tanta cura che dopo pochi anni trasforma il piccolo borgo in un “conventino”, come appunto viene definito dai suoi confratelli.

Don Vincenzo spende tutta la sua vita nel ministero pastorale: animazione delle comunità a lui affidate, predicazione di missioni al popolo, formazione spirituale delle coscienze, attenzione ai poveri, educazione dei fanciulli e dei giovani.

Per le ragazze, in particolare, don Grossi ha una sincera preoccupazione. Dà il nome di “oratorio” – sulle orme di don Giovanni Bosco a Torino – al piccolo locale che è riuscito a ricavare nella sua canonica, perché le sue giovani parrocchiane possano ritrovarsi. Vivendo in continuo contatto con la popolazione delle campagne, si rende conto che la gioventù, soprattutto femminile, cresce in situazioni molto fragili e complicate. Inizia, quindi, a radunare alcune delle sue giovani e ad avviarle alla vita comune tra loro.

Nel 1883 il vescovo Geremia Bonomelli lo destina come parroco a Vicobellignano, dove ha preso piede il protestantesimo metodista. Da subito, mostra gran carità e apertura: lo stesso pastore va più volte ad ascoltare le sue prediche quaresimali e le famiglie protestanti mandano i loro figli alla scuola parrocchiale.

La nuova destinazione, che lo allontana da Regona, non fa desistere don Grossi dal progetto della nuova comunità femminile. Il nome scelto è quello di “Figlie dell’Oratorio” per richiamarle a un modello spirituale ben preciso: la letizia spirituale di san Filippo Neri, fondatore della Congregazione dell’Oratorio. Non è previsto un abito definito, in modo da poter avvicinare meglio le giovani.

Le prime basi per il nascente Istituto sono poste nel 1885 a Pizzighettone. L’approvazione diocesana arriva il 20 giugno 1901 con l’assenso del vescovo Bonomelli. Per garantire la formazione scolastica di quelle tra loro che avrebbero dovuto dedicarsi all’insegnamento, sceglie la città di Lodi, dove si decide di acquistare una struttura: l’attuale Casa madre dell’Istituto.

Nel 1917, mentre si trova a Lodi per sistemare alcune faccende urgenti per l’Istituto, don Grossi si sente male. Vuole tornare a Vicobellignano dove, nei primi giorni di novembre, le sue condizioni si aggravano. Fatica a parlare, pronuncia solo pochissime parole: «La via è aperta: bisogna andare». Alle 21.45 del 7 novembre, a 72 anni, don Vincenzo Grossi rende l’anima a Dio.

La fama di santità di don Grossi non viene meno, tanto da domandare l’apertura della sua causa di beatificazione. Nel 1969 è dichiarato Venerabile. La sua beatificazione è celebrata il 1° novembre dell’Anno Santo 1975 a Roma da Papa Paolo VI, che lo definisce «apostolo della gioventù» ed «esempio sereno e suadente per i sacerdoti direttamente impegnati nella cura d’anime». «Nella solidità delle sue generose virtù, nascoste nel silenzio, purificate dal sacrificio e dalla mortificazione, raffinate dall’obbedienza, egli ha lasciato un solco profondo nella Chiesa, che oggi lo propone a modello e lo prega come intercessore».

Papa Francesco, definendo miracolosa la guarigione di una bambina avvenuta per intercessione del Beato, il 27 giugno 2015, nella sala del Concistoro del Palazzo apostolico vaticano, presiede il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione del beato Vincenzo Grossi, oltre che della beata Maria dell’Immacolata Concezione (superiora generale della Congregazione delle Sorelle della Compagnia della Croce) e dei beati Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin (coniugi e genitori). La canonizzazione il 18 ottobre 2015, Giornata missionaria mondiale, nel corso della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Il fatto miracoloso riguarda una bambina di due mesi di Pizzighettone affetta da una grave malattia ematica: una anemia eritropoietina di tipo 2. Elemento risolutivo può essere solo il trapianto di midollo, ma nessun familiare risulta compatibile. Mentre la bambina è sostenuta con trasfusioni e trattamenti palliativi, una suora delle Figlie dell’Oratorio invita a pregare il beato Vincenzo. I familiari iniziano a pregare insistentemente e dopo un certo periodo la bambina risulta guarita. A 25 anni e sta bene: quella patologia non si è più manifestata.

I resti mortali di san Vincenzo Grossi, già traslati nel 1944 dal cimitero di Vicobellignano a quello di Lodi, nel 1947 sono collocati nella cappella della Casa madre delle Figlie dell’Oratorio, a Lodi, dove tuttora vi riposano.

 

Preghiera al beato Vincenzo

Cuore adorabile di Gesù,
modello dei cuori sacerdotali,
che nella tua ineffabile Provvidenza
hai fatto del beato Vincenzo Grossi
un parroco operoso ed esemplare,
e lo hai scelto a fondare
una nuova Famiglia religiosa
per l’educazione
della gioventù femminile,
noi ti preghiamo
affinché possiamo imitarlo
nelle sue virtù
e ricevere, per sua intercessione,
le grazie di cui abbiamo bisogno.