A San Luca festa per sant’Antonio Maria Zaccaria con il cerimoniere pontificio Agostini
L’inno in onore di sant’Antonio Maria Zaccaria, eseguito dal Coro Polifonico Cremonese diretto dal maestro Federico Mantovani, ha aperto la solenne celebrazione nella festa del santo cremonese che nel pomeriggio di sabato 5 luglio a Cremona, nella chiesa di San Luca, è stata presieduta dal cerimoniere pontificio monsignor Marco Agostini.
Il sacerdote veronese, che dal giugno 2009 fa parte dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, che nell’omelia ha ripercorso le tappe che nella pur breve vita del santo nato in città nel 1502 e che fondò l’Ordine dei Chierici regolari di San Paolo (più noti con il nome di Padri Barnabiti), oltre che la Congregazione delle Suore Angeliche di San Paolo e i Laici di San Paolo.
Nel 1510, quando sant’Antonio Maria Zaccaria era ancora un bambino, il monaco agostiniano Martin Lutero era a Roma e nel 1517 a Wittenberg diede inizio alla Riforma con la pubblicazione della “Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze”, meglio nota come “Le 95 tesi”, che nel 1521 costeranno a Lutero la scomunica da parte di Papa Leone X, nonché il bando dal Sacro Romano Impero comminato dall’imperatore Carlo V d’Asburgo (Editto di Worms).
Agostini ha anche ricordato come solo qualche anno prima, nel 1506, Papa Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV, «iniziava la demolizione della Basilica Costantiniana di San Pietro, per far spazio all’opera nuova di Michelangelo, architetto e pittore degli affreschi della volta della Cappella Sistina, mentre Raffaello gli decorava l’appartamento privato».
Nei suoi 37 anni di vita sant’Antonio Maria Zaccaria fu dunque testimone di un periodo di incredibile fervore artistico, politico, filosofico e bellico. «Il 6 maggio del 1527 – ha ricordato ancora monsignor Agostini – Roma fu messa a ferro e fuoco dai lanzichenecchi luterani dell’imperatore Carlo V. Un evento catastrofico che superò per crudeltà il sacco di di Roma del 410, sul quale pianse Sant’Agostino. La città fu oltraggiata e profanata nei suoi simboli religiosi e nelle sue memorie più sacre». Una tragedia che il popolo cattolico interpretò come un meritato castigo per i propri peccati e che Papa Clemente VII decise di ricordare commissionando a Michelangelo “Il giudizio universale” della Cappella Sistina. Zaccaria non vedrà mai terminato quel capolavoro, finito nel 1541, due anni dopo la sua morte nella natia Cremona.
Sei anni prima della morte di Zaccaria, nel 1533, lo stesso Clemente VII aveva approvato l’ordine dei Barnabiti con il breve apostolico “Vota per quae”.
Fu grazie a esperienze come quella di sant’Antonio Maria Zaccaria che Papa Paolo III poté iniziare, il 13 dicembre 1545, il Concilio di Trento con queste parole: “A lode e gloria della Santa e indivisa Trinità per l’incremento e l’esaltazione della fede e della religione cristiana, per l’estirpazione delle eresie, per la pace e l’unione della Chiesa, per la riforma del clero e del popolo, per la remissione e l’estinzione dei nemici del nome di Cristo”. «Quel concilio, concluso e attuato dall’opera dei successori di Paolo III, produsse un’epoca di restaurazione dottrinale e di profondo rinnovamento dei costumi, che costituisce l’esempio di ogni autentica riforma cattolica».
Prima delle letture e dell’Omelia è stata data lettura di un breve ritratto della vita e delle molteplici opere di sant’Antonio Maria Zaccaria.
La liturgia è stata concelebrata dalla comunità barnabita di San Luca con il superiore padre Emiliano Redaelli insieme anche ad alcuni altri sacerdoti della città, tra i quali il vicario generale mons. Massimo Calvi, il parroco dell’unità pastorale Cittanova don Irvano Maglia, e in rappresentanza delle comunità religiose maschili il superiore dei Camilliani padre Virginio Bebber e il guardiano dei Cappuccini padre Andrea Cassinelli.