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A S. Agostino al via il restauro del prestigioso organo Tezani-Bossi

All’inizio di aprile, è stato finalmente smontato – dopo un lungo iter burocratico Curia-Soprintendenza – l’organo della chiesa di S. Agostino in Cremona. Si tratta di uno strumento di notevole importanza, la cui costruzione risale in buona parte a ben cinque secoli fa. Nel 1533 infatti, l’organaro cremonese Nicolò Tezani installò un organo di cui restano ancora molte canne interne, la cassa lignea e la campata centrale della facciata.

Curiosa la storia di questo organaro. Dopo alcuni strumenti costruiti nel cremonese, verso la metà del secolo Tezani si trasferì a Roma dove venne chiamato per la collocazione dell’organo della chiesa di S. Spirito in Saxia, a pochi passi dalla basilica vaticana. Questo strumento – nella disposizione delle canne di facciata – era simile all’organo di S. Agostino, cioè con le canne suddivise in tre campi larghi e non in cinque come abitualmente si faceva all’epoca. Tale articolazione della facciata ebbe fortuna, tanto che a Roma fu presa a modello per tutti gli altri organi della città e dell’Italia centrale.

L’organo agostiniano di Tezani rimase in funzione per oltre tre secoli quando, verso la metà dell’Ottocento, divenne oggetto di un radicale ampliamento, operato da una delle più prestigiose ditte del tempo, i Bossi di Bergamo. Venne rifatto il somiere, ma soprattutto vennero aggiunti molti registri secondo il gusto del tempo, ad imitazione dell’orchestra: Trombe, Fagotti, Corno inglese, Flauti, Cornetti, Viole, i due poderosi Contrabassi ecc. Il risultato fu di grande rilievo, a tal punto che per l’inaugurazione del 1853 venne chiamato nientemeno che Vincenzo Petrali, all’epoca ancor giovane, ma già destinato a diventare in breve tempo il maggiore organista italiano (a celebrazione dell’evento venne composto anche un raffinato distico latino).

Dall’Ottocento ad oggi lo strumento è rimasto sostanzialmente integro, ad eccezione di alcuni registri sostituiti che però non hanno intaccato la struttura complessiva. Il trascorrere del tempo ha comunque provocato danni ai meccanismi, all’intonazione e all’accordatura tali da rendere più che necessario un radicale intervento di restauro.

In proposito, prima di assegnare il lavoro all’organaro, il consulente diocesano per gli organi Marco Ruggeri ha effettuato una relazione operativa per determinare le linee guida dell’intervento, ossia la conservazione e il restauro del materiale esistente e la ricostruzione dei pochi registri ora mancanti, secondo il progetto originale del 1851.

A dimostrazione della preziosità di quest’organo, già allo smontaggio sono emersi elementi molto interessanti, tra cui la presenza di non poche canne di Antegnati, il maggiore organaro italiano del Rinascimento, che dunque – dopo la costruzione di Tezani – intervenne anche a S. Agostino con qualche operazione, ora da verificare. Degna di nota anche la scoperta di due gruppi di canne nella facciata, ora assenti, collocati nei due riquadri in alto, nelle campate destra e sinistra (i cosiddetti “organetti morti” tipicamente rinascimentali).

Impressionante poi la quantità e la mole delle canne smontate, dalle numerosissime canne in legno alle canne di Tezani, vecchie di mezzo millennio, la cui costruzione rivela tecniche arcaiche poi abbandonate.

I lavori – tenacemente voluti dal responsabile della parrocchia don Giuseppe Ferri – sono stati affidati a Pietro Corna, uno dei più affermati organari italiani, molto esperto nel restauro degli organi di scuola lombarda ottocentesca (un suo recente intervento, effettuato in diocesi e ottimamente riuscito, è stato svolto sul prestigioso organo Lingiardi 1855 della chiesa parrocchiale di Calcio).

L’impegnativa opera sarà in parte sostenuta con fondi della CEI (dall’8 per mille) e con un contributo di 20mila euro erogato dalla Fondazione Comunitaria di Cremona.

Questo restauro sarà parallelamente affiancato anche da un altro importante lavoro, ossia il ripristino dell’impianto di illuminazione (in corso di approvazione da parte della Soprintendenza), oggi obsoleto e non a norma. Luci e suoni rinnovati, dunque, nella chiesa agostiniana, a testimonianza di un impegno concreto per far conoscere e valorizzare le nostre opere d’arte, a servizio della liturgia e della cultura.