A Ca’ del Ferro Messa giubilare presieduta dal vescovo Gianotti
Anche nella Casa circondariale di Cremona è stato vissuto il Giubileo delle persone detenute, che culminerà domenica 14 dicembre con la Messa presieduta da Papa Leone XIV nella Basilica di San Pietro. La celebrazione a Ca’ del Ferro è stata presieduta da mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la pastorale carceraria, nella mattinata di sabato 13 dicembre. Una ulteriore occasione per accendere una luce di speranza nel carcere cremonese in prossimità del Natale, quando proprio la mattina del 25 dicembre a celebrare l’Eucaristia insieme ai detenuti sarà il vescovo di Cremona Antonio Napolioni.
La celebrazione giubilare è stata vissuta nel teatro della struttura penitenziara alla presenza delle persone detenute nella struttura di via Palosca insieme anche agli operatori e i volontari che operano in carcere, la polizia penitenziaria e la direttrice reggente Giulia Antonicelli, che il vescovo Gianotti ha ringraziato per aver reso possibile di «essere qui a celebrare con voi il Giubileo. Quando lo ha indetto – ha ricordato il vescovo – Papa Francesco ha avuto una particolare attenzione alla condizione delle persone detenute e a tutti quelli che lavorano negli istituti penitenziari: ha voluto che la speranza, che ha messo un po’ come parola chiave di questo Giubileo, potesse risuonare in modo particolare in questi luoghi». Per questo oltre alle quattro Basiliche di Roma, Papa Francesco ha voluto che una Porta Santa ci fosse anche nel carcere di Rebibbia.
Prima dell’omelia uno dei detenuti ha espresso la riconoscenza per la celebrazione a nome di chi sa «che cosa vuol dire essere in carcere: sofferenza, dolore, perché abbiamo lasciato le famiglie all’esterno. Ma nutriamo anche speranza. Le attese sono alte, perché ognuno di noi ha espresso l’intenzione di tornare in libertà. Anch’io spesso guardo il cielo e vedendo gli uccelli che senza confini solcano gli spazi aperti godendo della bellezza del creato vorrei essere con loro. L’uomo non dovrebbe mai conoscere il carcere, in una società evoluta come la nostra». E ancora: «Noi detenuti viviamo nella speranza del domani e il sole che splende qui dentro è il volto di Cristo che ci conforta, facendoci pensare che non siamo degli emarginati, ma delle risorse».
Carcere che non può essere considerato soltanto un luogo di espiazione, semmai «un’occasione per ricucire lo strappo con la società», ha sottolineato poi il vescovo Gianotti facendo riferimento alla detenzione di Giovanni Battista, alla sua umanità dietro le sbarre, ai dubbi che espose a Gesù attraverso un discepolo e alla fragilità che il carcere porta a chi vi entra per scontare una pena. «Forse però – ha proseguito il vescovo di Crema – ciò che Giovanni chiede a Gesù è soprattutto una conferma, un sostegno alla speranza, un aiuto a credere nella potenza di Dio, proprio nel momento in cui sembra che le sue promesse siano smentite: “Io sono qui, sono in prigione, non posso parlare, non posso far niente, Dio mi sembra lontano”. Tutto ciò che il Battista aveva annunciato sembra essere diventato un fallimento».
Se Giovanni è definito il “precursore”, colui che viene prima di Cristo e gli prepara la strada, è anche precursore di tutti noi, «perché cammina davanti a noi per comunicare le fatiche dello scoraggiamento, del dubbio, della speranza che viene meno, della confusione, dell’incertezza che tante volte ci sovrastano», ha affermato ancora monsignor Gianotti.
Dubbi e paure che san Giacomo fuga con l’invito “cercate di avere un animo grande”, capace di non misurare Dio e nemmeno se stessi secondo i propri criteri, come riportato nella seconda lettura.
«Un animo capace di far credito a Dio, anche quando il suo modo di comportarsi, non corrisponde a ciò che noi ci aspettiamo, anche quando sembra che Dio contraddica se stesso. Ma serve un animo grande anche nei confronti di noi stessi. Un animo che sappia guardare al di là delle prove, dei limiti, delle fatiche del presente, al di là dei peccati o dei reati che abbiamo compiuto», ha concluso il vescovo Daniele Gianotti. Che ha aggiunto: «Chiediamo dunque al Signore un animo grande, che ci serve oggi a prepararci a celebrare bene il Natale. Chiediamo di non essere scandalizzati e di riuscire sempre di più a sintonizzare la nostra vita, i nostri desideri, le nostre speranze sul Salvatore che Dio ci ha mandato e al quale possiamo affidarci pienamente».
Dopo la celebrazione – concelebrata dai cappellani don Roberto Musa e don Graziano Ghisolfi – la direttrice Antonicelli ha ringraziato il vescovo spiegando che «la celebrazione giubilare deve essere un momento in cui ci fermiamo a riflettere sulle sugli errori e sulle scelte sbagliate. Questo non nell’ottica di sostenere che la persona corrisponde all’errore fatto e nemmeno per dire che questo è un momento in cui cancelliamo quell’errore, ma questo deve essere la base della ripartenza e della ricostruzione. Il momento – ha concluso – in cui inizia veramente la ricostruzione del futuro. La permanenza qui deve essere vissuta sempre come un’opportunità per ascoltare se stessi e gli altri».
Con Caritas Cremonese raccolta di pandori per il Carcere di Cremona














