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A Ca’ del Ferro la chiusura del Giubileo aprendo le porte del carcere al territorio

Chiusa la Porta Santa del Giubileo della Misericordia, nella Casa circondariale di Cremona si è aperta quella che, consolidando la relazione con il territorio, offrirà sempre maggiori opportunità. Questo anche grazie al progetto “I Buoni di Ca’ del Ferro” che mercoledì 9 novembre ha visto inaugurare nel carcere cremonese un laboratorio di trasformazione agroalimentare. I locali sono stati benedetti del Vescovo, che ha quindi celebrato l’Eucaristia a chiusura dell’Anno Santo.

Quello del 9 novembre è stato un evento importante non solo per quanti sono reclusi o operano nella struttura di via Palosca, ma per l’intero territorio, come mostrava chiaramente il grande numero di persone intervenute. A cominciare dai più alte rappresentanti istituzionali, come il sindaco Gianluca Galimberti, il neo presidente della provincia Davide Viola, il prefetto vicario Roberta Verrusio, il questore Gaetano Bonaccorso e i comandanti provinciali delle forze di polizia.

Senza contare le diverse realtà che negli ultimi tempi hanno iniziato a stringere un legame sempre più forte con la Casa circondariale di Cremona. A partire proprio dalla cooperativa Nazareth di Cremona, attiva sul territorio da 15 anni, impegnata per lo più nell’ambito dei servizi educativi per minori e famiglie, ma che, dalla fine del 2013, per meglio rispondere ai bisogni delle persone prese in carico, si è trasformata in cooperativa sociale mista, implementando un nuovo settore produttivo nel campo dell’agricoltura biologica.

Proprio da qui nasce il progetto “I Buoni di Ca’ del Ferro” che ha portato alla formazione di 15 detenuti con l’assunzione di cinque di loro per la realizzazione, all’interno del laboratorio artigianale ricavato nel carcere, di prodotti conservati a base di pomodoro e giardiniere e la lavorazione di ortaggi di stagione per farne preparati per minestrone.

Dopo il taglio del nastro, da parte della direttrice della Casa Circondariale Mara Gabriella Lusi e del presidente della Coop. Nazareth don Pierluigi Codazzi, e la visita al nuovo laboratorio, che è stato benedetto dal vescovo Napolioni. Quindi nella biblioteca del carcere il progetto è stato illustrato ai presenti.

La direttrice Lusi, sottolineando i termini “condividere” e “capirsi”, ha sottolineato come la cura della persona in carcere sia di primaria importanza nell’ottica della sicurezza sociale, facendo dell’esperienza detentiva un’occasione di riscoperta di sé. Il lavoro, dunque, come nobilitazione e riqualificazione, anche grazie a specifiche competenze e certificazioni da poter poi spendere in società una volta scontata la pena.

Un progetto realizzato non senza difficoltà e che mira a trovare una sua autonomia finanziaria per essere davvero un percorso ti tipo sociale e non semplice assistenzialismo. In questo senso – ha sottolineato don Codazzi – va letto lo slogan “I Buoni di Ca’ del Ferro”: buoni nel senso di prodotti di qualità garantita, ma anche per la rilevanza sociale del progetto.

Non è mancato il grazie alla Fondazione Comunitaria, al Rotary Club Cremona Monteverdi e ai tanti privati cittadini che hanno permesso di dare avvio a questo laboratorio che, pur a fronte di uno “svantaggio” di tipo economico, si impegnerà a formare sempre nuovi detenuti, nella consapevolezza di formare e qualificare persone che, dopo poco tempo, potranno utilizzare quanto appreso al di fuori di questa struttura, che dovrà invece continuamente garantirsi il turnover.

I dettagli del percorso produttivo e del lavoro del laboratorio è quindi stato illustrato da Giusy Brignoli, responsabile Settore agricoltura sociale della Coop. Nazareth. Un processo che inizia dagli ortaggi coltivati a Persico Dosimo attraverso il lavoro di agricoltori “nostrani” e di migranti, con l’impiego anche di persone disabili. Prodotti che, raccolti in giornata, sono venduti freschi sui mercati cittadini a “km 0”. Ora, grazie a “I Buoni di Ca’ del Ferro”, gli ortaggi sono anche trasformati in conserve capaci di “allungarne la vita” e raggiungere i consumatori più lontani. Tra le prospettive ci sono la realizzazione, proprio nel laboratorio di Ca’ del Ferro, di paste fresche e prodotti da forno. Un ventaglio di proposte che nel fine settimana sarà andrà protagonista della vetrina del Bontà.

Ha quindi fatto seguito, nel teatro del carcere, la Messa a chiusura del giubileo, naturalmente alla presenza dei detenuti.

Accanto al Vescovo hanno concelebrato l’Eucaristia don Codazzi, il vicario episcopale per la Pastorale don Gianpaolo Maccagni, il cappellano don Roberto Musa, il direttore di Caritas Cremonese don Antonio Pezzetti e mons. Felice Bosio, a lungo cappellano del carcere. Ha servito all’altare il diacono permanente Marco Ruggeri, operatore della impegnato all’interno della struttura di via Palosca.

La Messa è stata animata con il canto dal coro dei detenuti supportato da alcuni volontari, sotto la direzione dal cappellano don Graziano Ghisolfi.

Aprendo la celebrazione, mons. Napolioni ha sottolineato come «questa iniziativa di collaborazione tra la cooperativa Nazareth e la Casa circondariale, con la possibilità di riallenarsi al lavoro, offra la possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel che si avvicina». Il Vescovo ha preso spunto dal logo del progetto i “I Buoni di Ca’ del Ferro”, dove la lettera “o” è raffigurata come un tunnel all’interno del quale si vede una luce. Luce di speranza, ha precisato il Vescovo, «non solo perché termina una pana, ma perché cresce la dignità».

«Noi celebriamo la fine del Giubileo? – ha quindi domandato – No, noi celebriamo l’inizio della vita nuova che sgorga dall’esperienza di Cristo, che è l’esperienza di uomini e donne che si incontrano guardandosi negli occhi, riconoscendo tutti la propria fragilità e tendendosi la mano». Il Presule ha quindi sottolineato con soddisfazione la presenza per questa occasione di numerose persone, a cominciare dai rappresentanti istituzionali, con il grazie non solo a quanti operano nel carcere, ma anche «a tutta la collettività che a Cremona non dimentica chi fatica, soffre e cammina in questa casa verso un futuro di speranza».

Un particolare ringraziamento mons. Napolioni l’ha voluto rivolgere a tutti volontari, «che sanno che si gioca una partita importante per tutti. Perché tutti dobbiamo diventare migliori! Ne abbiamo la possibilità, il dovere e anche la gioia».

Nell’omelia, invece, guardando alle porte giubilari che si chiudono, il Vescovo ha voluto da subito auspicare che il Giubileo lasci in tutti la voglia di aprire il cuore agli altri. Poi una parola d’ordine: «ricostruire», nella consapevolezza che «si può ripartire». L’immagine è stata quella della casa, prendendo spunto dalla parole di Gesù che, dopo aver scacciato i mercanti dal tempio, invita a non fare «della casa del Padre mio un luogo di mercato».

«Noi stiamo rischiando – ha quindi affermato – di fare della nostra casa, della nostra comunità e della nostra vita un grande mercato. Certo non è sbagliato metter su un’attività, anche commerciale, in cui il lavoro dei detenuti viene valorizzato. Ma non vi fate prendere solo dalla mania del guadagno! Perché la sola mania del guadagno sta riducendo la nostra vita a una idolatria. Il denaro è diventato un idolo ed è la ragione di tanti mali dei quali siamo vittime, chi dentro di qui chi fuori».

«Oggi abbiamo reimparato tutti a stare insieme», ha sottolineato ancora il Vescovo che, guardando ai programmi promossi della Casa circondariale ha auspicato: «Ce ne siano sempre di più! Sia una santa frenesia della carità educativa, della riabilitazione, del rimettersi in carreggiata».

Commovente il saluto che, al termine della Messa, è stato rivolto al Vescovo da uno dei detenuti. Non solo una fotografia della vita in carcere, ma anche un sogno: «Oggi sarebbe bello che chiudere la Porta Santa del Giubileo della Misericordia significasse aprire in modo stabile quella di un carcere che non smette di creare opportunità». «Oggi è stato fatto un altro passo importante», è stato sottolineato, nella consapevolezza che «i primi attori dobbiamo essere noi detenuti», anche se «da soli non ce la si può fare: solo facendo comunità ce la si può fare». Infine il riferimento al disegno dipinto sul muro del carcere: un buco da cui si intravede la città. Nessun sogno di evasione, ma un invito a chi sta fuori perché entri e «per far sì che chi è dentro, una volta fuori, non ritorni più, perché se ne andrà con la libertà».

Prima della fine della Messa, con il canto del Magnificat per rendere grazie a Dio dei frutti spirituali dell’anno giubilare, mons. Napolioni ha voluto fare un regalo ai detenuti, definiti la parrocchia più visitata della diocesi: il pallone che l’Unione Sportiva Cremonese gli aveva donato nelle scorse settimane in occasione della sua visita al Centro sportivo Arvedi: «La Cremonese – ha detto il Vescovo – sta andando avanti in classifica… che possiate vincere il campionato insieme alla cremonese!».

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