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Il Natale può essere una “chiamata”?

Le nostre parrocchie, le nostre famiglie, i luoghi dove studiamo, lavoriamo o, semplicemente, viviamo, sono gli stessi che Gesù di Nazareth, duemila anni fa, frequentò Lui medesimo, come uomo tra gli uomini. Gesù ha vissuto situazioni tipicamente umane, come le nostre, ma con uno stile superiore, divino. Il mistero dell’Incarnazione ci ricorda precisamente questo.

Allora, perché il Natale non rimanga solo un’atmosfera poetica, da contemplare in maniera distaccata, e per lasciarci invece “smuovere” da questo evento, possiamo domandarci: e io, con che stile vivo le situazioni della mia vita? A che cosa mi “chiama” il Signore? Semplicemente ad adattarmi, a mimetizzarmi, non espormi e stare nella media? Oppure anche io posso portare un “tocco divino” nelle mie vicende quotidiane?

Se ci orientiamo verso questa seconda opzione, possiamo vedere una vocazione su misura per ciascuno nel modo in cui ci comportiamo nei vari ambiti della quotidianità. Il luogo di lavoro può vederci operosi non per smania di successo, ma per offrire i nostri sforzi al Signore, collaborando, con i colleghi, ad un bene più grande. L’università e la scuola possono diventare occasioni non per accrescere l’amor proprio, ma per affinare la nostra capacità di scoprire il vero, in tutte le sue sfaccettature, ed apprezzare le meraviglie di un mondo creato da Dio e delle capacità umane di studiarlo. La famiglia non è più un luogo di convivenza forzata tra persone che si sopportano, ma una palestra di benevolenza reciproca, che, mentre migliora i rapporti tra i membri, li eleva tutti quanti in direzione di Dio.

Ma, in tutti questi ambiti, una cosa da fare ancor prima, è chiarire a noi stessi chi sia il protagonista. Se siamo noi, la nostra diventa una “vocazione” all’insoddisfazione, al fallimento. Se, invece, ci abituiamo a considerarci seguaci, comprimari, dilettanti nella scia di un Maestro, ci sentiremo realizzati. La vita è vocazione, ma ciò comporta che ci siano un chiamante ed un chiamato. Perché la vita funzioni, non devono sussistere dubbi sull’identità di queste due figure, rispettivamente Dio e noi. Se tentiamo di sovrapporle nella nostra sola persona, non ci sarà meta che ci soddisfa o traguardo che ci appaghi. Ma nemmeno una persona (o una famiglia) in grado di renderci felici.

Gesù che nasce in un contesto povero, dimesso, apparentemente abbandonato è l’unico che può ricollocarci nella nostra giusta dimensione di “chiamati”. Chiamati ad adorarlo, ognuno con le sue caratteristiche, qualcuno semplice come i pastori, qualcun altro acculturato come i magi, ma tutti con il requisito imprescindibile di avere il cuore semplice ed onesto ed una grande sete di Verità.

L’immagine poetica del presepe, nella sua dimensione più vera, deve dunque farci sentire chiamati a venire ad adorare Gesù: ovunque siamo, qualunque sia l’attività che stiamo portando avanti, per quanto pressanti possano essere le scadenze e le occupazioni che ci tengono impegnati, se ci mettiamo in cammino per adorare Gesù, siamo realizzati; viceversa, soltanto degli illusi.

Oggi molti fanno fatica a comprendere il proprio posto nel mondo, il senso della propria vita. L’immagine della Natività riassume il perché del nostro esistere e l’attività primaria che deve vederci tutti all’opera: “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2,2). Prima ancora che correre, lavorare, preoccuparci, intraprendere, trafficare… Questo, il Natale, è il tempo di adorare.

Sembra poco? È poco, se lo diamo per scontato. È molto, se lo prendiamo sul serio. Se partiamo (o ripartiamo) bene, con il piede giusto, saremo insieme a Gesù che crescerà con noi, in un percorso di fede che l’anno liturgico ci aiuterà a riconoscere e scandire. È una vocazione che ci fa tutti fratelli, che non conosce distinzioni di sorta, che ci fa intraprendere un cammino che è al tempo stesso personale e comunitario: ognuno ha il suo personale rapporto con il Salvatore, ma possiamo anche incoraggiarci ed aiutarci reciprocamente, nella grande famiglia chiamata Chiesa.

Gesù appena nato non sa ancora parlare, ma già ci chiama. La nostra risposta, che durerà una vita, può iniziare, in questo Natale, con un silenzio di adorazione.

 

don Davide Schiavon

Centro diocesano vocazioni

Pozzaglio, gli adolescenti attendono il Natale

Breve ma intenso ritiro di Avvento, nel tardo pomeriggio di martedì 6 dicembre, per il gruppo di catechismo delle superiori di Pozzaglio – Olmeneta. I ragazzi, con l’aiuto dei loro sacerdoti, catechisti  e don Davide del CDV, hanno riflettuto sul senso dell’attesa cristiana del Salvatore, con qualche sfumatura vocazionale.

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