CDV, il convegno nazionale ad Assisi

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E’ stato organizzato in grande stile il convegno nazionale dei direttori di CDV, dal titolo “Una Chiesa amica e prossima”, che ha avuto luogo ad Assisi tra il 5 ed il 7 settembre presso l’hotel Domus Pacis, a due passi dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli. Ecco qualche immagine della location, qualche appunto di don Davide e una piccola parte del materiale fornito ai partecipanti

Incontro Nazionale Direttori1

Famiglie voc-compressed

              

Don Michele Falabretti, pastorale giovanile vocazionale

 

Molti sinodi passati, più che le persone, avevano messo al centro questioni teologiche. Oggi, invece, è più spontaneo mettere al centro le persone.

Quando ci troviamo davanti al sinodo dei giovani, la domanda è come trasmettere il Vangelo alle nuove generazioni. E’ una esigenza che la chiesa percepisce nei confronti degli uomini del nostro tempo.

Se tale questione arriva perché i vescovi percepiscono l’urgenza, evidentemente è condivisa in tutto il mondo.

Fede e discernimento vocazionale. C’è una questione pastorale, che è quella educativa, dell’educazione cristiana.

C’è una fatica educativa, che c’è sempre stata, ma che oggi è percepita a livelli mai visti. I nostri confratelli non sempre considerano l’istanza educativa come istanza pastorale. Se si dice che si occupa dei giovani solo chi ha capacità e passione, non ci si dedica all’educazione.

L’instrumentum laboris dice che l’educazione è un tema trasversale.

La vocazione come scelta di vita può essere l’elemento trasversale dell’educazione cristiana.

Il nostro tempo è molto segnato dall’individualismo. Secolarizzazione e individualismo.

Si vede come l’origine dei mali di questo tempo il fatto che l’uomo si sia allontanato da Dio. L’individualismo tocca tutti, anche i consacrati, che sono un po’ più al riparo dalla secolarizzazione.

Se la fede con mi viene proposta come piace a me, posso attaccare tutti, anche il papa.

In questo clima di individualismo non potremo mai parlare di vocazione e non potremo mai prendere la dimensione vocazionale come trasversale alla vita, perché la vocazione, innanzitutto, è riconoscere che la vita non comincia da me.

Una pastorale giovanile vocazionale deve fare i conti col fatto che siamo noi ad aver perso un po’ la bussola su come accompagnare i ragazzi e col fatto che non dobbiamo attaccarci ad un unico modo di presentare la fede.

La pastorale vocazionale si gioca nelle relazioni. Avere a che fare con le persone che stanno accanto. Se non vedo la tua carità, non posso credere al Vangelo che cerchi di propinarmi. La mia crescita va insieme a quella degli altri.

Dobbiamo tornare a essere tutti discepoli, rispettosi della Chiesa e innamorati della parola di Dio.

3 istanze importanti alla vigilia del sinodo.

  • Il discernimento. C’è una fatica enorme a chiedere agli adulti di fare discernimento. Usciamo a raggiungere riusciamo a fare delle belle cose. IL giovane è anche disponibile a lavorare su se stesso. Non si trova la stessa disponibilità negli adulti. Ma anche in noi preti. Non siamo mai alla ricerca delle ragioni, dei meccanismi, della profondità delle cose. Siamo più alla ricerca di colpevoli a cui addossare le colpe degli insuccessi. Nel pensiero alla morte di Paolo VI, egli chiede alla Chiesa di conoscere, studiare il mondo per poterlo amare.
  • L’ascolto. L’esperienza di questa estate ci dice che i giovani ascoltano chi li ascolta. La disposizione all’ascolto non è da dare per scontata. L’ascolto vero non è solo sapere cosa dicono, ma comprendere i meccanismi del loro modi di sentire, di amare, di aver paura. Io a Facebook o Instagram, ma quali sono le conseguenze dell’uso di queste cose nella loro vita. Dei pellegrinaggi hanno costretto adulti a mettersi insieme, ma soprattutto adulti e ragazzi hanno camminato insieme. Un padre ha deciso che, per recuperare il rapporto con suo figlio, ha deciso di andare a camminare con lui. Questo gesto aprirà spazi di ascolto e confronto che renderanno le parole dell’adulto più credibili. Bisogna anche essere disposti a sentire cose poco piacevoli.
  • Le competenze e le specificità. Chi deve fare che cosa? La vocazione è una scelta di vita. Poi c’ la vocazione alla vita consacrata, al matrimonio ecc. la cura delle vocazioni di speciale consacrazione non è qualcosa da dover camuffare in un calderone generico. Dobbiamo riconoscere che la pastorale giovanile vocazionale non coincide esattamente con la pastorale delle speciali consacrazioni. Se mi prendo cura dei giovani, lo faccio perché possano trovare il modo più bello di vivere, la vita cristiana.

Don Michele risponde alle domande.

Come collaborare tra pastorale giovanile e vocazionale? In Italia abbiamo situazioni diverse, non c’è una risposta omogenea. Bisogna partire dal vissuto e dalla storia della diocesi. Bisogna arrivare ai formatori dei giovani. Occorre iniziare a lavorare insieme. Parlarsi, rendersi disponibili alle richieste, cercare sinergie… Il gioco più intelligente riesce sia a mettere insieme, sia a rispettare le specificità. La pastorale integrata non è quella in cui tutti fanno la stessa cosa, ma in cui si condividono le competenze e si mantengono le specificità. Ci sono insiemi che si sovrappongono parzialmente. La tensione vocazionale della pastorale giovanile è unica. Ma gli ambiti operativi possono diversificarsi. Per molte forme e di vita non c’è bisogno di una particolare proposta, ma per quelle di consacrazione particolare sì. Ci sono sempre personaggi che ci hanno ispirato.

Come passare dalla pastorale degli eventi ad un nuovo tipo? La generazione di oggi non si lascia radunare per essere istruita. Se facciamo delle cose insieme, allora ti ascolto, allora se ne può parlare. Questa estate, diverso è stato fare solo l’incontro finale o camminare insieme. Camminare insieme crea relazioni. Occorre tornare a tessere relazioni.

L’adulto nella relazione educativa è un tema strategico.