Profilo del Monastero

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Anche oggi, suscitando spesso la sorpresa di amici e conoscenti, non poche giovani abbandonano carriere professionali promettenti per abbracciare l’austera regola di un monastero di clausura.
Che cosa le spinge ad un passo tanto impegnativo se non l’aver compreso che, come insegna il Vangelo, il Regno dei cieli è un tesoro per il quale vale la pena abbandonare tutto? (cfr. Mt 13, 44)
In realtà la vita delle Monache Domenicane prolunga e rinnova il sì di Maria.
Come la Vergine di Nazareth le monache accolgono con fede la Parola di Dio, la custodiscono con amore e la mettono in pratica con umiltà.
Tutta la loro vita è ordinata a custodire il continuo ricordo di Dio ed è protesa al compimento docile della Sua volontà.

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“Beato chi abita la tua casa, Signore,
sempre canta le tue lodi”
(Sal 83)
Sì, davvero beata colei che varca la soglia della casa del Signore ed entra per rispondere col dono di sé stessa all’amore infinito di Dio.
In Monastero si entra e si rimane solo per amore. Nel suo interno tutto è retto dall’amore. Tutto è luce, vita, bellezza e gioia.
Raccolta dalle distrazioni esterne e liberata dalle agitazioni mondane, la monaca lo abita protesa all’unione con Dio, nell’incessante e amorosa ricerca del Suo Volto.
Come il mercante del Vangelo (cfr. Mt 13, 44-46) ella, trovata una perla preziosa di grande valore, offre con gioia il sacrificio di ogni altro bene, scegliendo Dio come l’unico, sommo, vero Bene della sua esistenza.

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La particolare struttura architettonica del Monastero e la clausura hanno lo scopo di creare uno spazio di separazione, di solitudine e di silenzio, dove la monaca può cercare Dio più liberamente e tendere verso di Lui con totalità di dedizione e unità di sentimenti.
Nel chiostro la domenicana è chiamata a perpetuare la grazia singolare che ebbe San Domenico per i peccatori, i miseri, gli afflitti, che egli portava sempre nell’intimo santuario della sua compassione.

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La clausura, che è limitazione di spazi e di contatti, vissuta con amore e per amore, diviene per lei luogo di comunione spirituale con Dio e con i fratelli.
Dedita a Dio solo, la monaca domenicana si pone così nel cuore della predicazione evangelica.

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La clausura monastica è come una scala orientata verso il cielo che, nel dinamismo della speranza, tiene vivo il desiderio della dimora eterna. In Monastero, infatti, tutto è orientato alla ricerca del Volto di Dio e la monaca vive raccolta e protesa all’essenziale, custodendo il silenzio e unificando mente e cuore nella vigile e gioiosa attenzione alla presenza di Dio.
La monaca che lo abita impara ad ascoltare.

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Maria, la Vergine del silenzio, le insegna a custodire la Parola in un cuore docile e generoso.
Giuseppe, il falegname di Nazareth, le mostra col suo umile esempio come avvolgere di silenzio e di orazione ogni lavoro quotidiano.
Domenico, che parlava raramente eccetto quando parlava con Dio – pregando – o di Dio – predicando – le indica l’ascesi della parola.
La bellezza di un Monastero è proporzionata alla sua pace e al suo silenzio

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La solenne celebrazione della liturgia è la fonte e il culmine della vita monastica. Mediante la preghiera la monaca realizza la sua specifica chiamata all’unione con Dio nella contemplazione e adempie la sua missione di “apostola degli apostoli” a vantaggio di tutta la Chiesa.

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La Messa quotidiana è il centro della vita della Comunità.
Nella partecipazione consapevole e attiva al Sacrificio dell’Altare e nell’ assidua e prolungata adorazione del Santissimo Sacramento, le Monache trovano il nutrimento della loro vita di fede, il vincolo della loro carità fraterna, la fonte prima del loro ardore apostolico.

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Come S. Domenico, che era perseverante nelle veglie notturne e trascorreva le notti in preghiera gemendo: “Mio Dio, mia misericordia, che ne sarà dei peccatori?”, le monache sono assidue all’orazione e non desistono nell’intercedere per i loro fratelli.
Sostando in adorazione davanti a Cristo presente nell’Eucaristia, esse si pongono nel cuore della Chiesa. Nutrendosi del Pane di vita, esse alimentano quell’amore che, per il mistero della comunione dei santi, le apre alla maternità spirituale e rende la loro esistenza un dono per la Chiesa e per il mondo intero.

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Le monache sono riunite insieme in Monastero per avere un cuor solo e un’anima sola in Dio, come i primi cristiani, unanimi nella preghiera e assidui nella frazione del pane.
Sull’esempio di San Domenico si propongono di mettere ogni cosa in comune: i beni materiali e le esperienze spirituali, i talenti e le ispirazioni, gli ideali e il servizio di carità.
La loro vita fraterna si alimenta quotidianamente all’Eucaristia.

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Davanti ai loro occhi è l’immagine di Gesù che “prese il pane, lo spezzò, lo diede ai discepoli dicendo: “Fate questo in memoria di me’”.
Dalla comunione eucaristica imparano ad amare come il Signore ci ha amati, con un amore sollecito e premuroso, umile e paziente, dimentico di sé e aperto al perdono.
La comunità domenicana è scuola di vita fraterna, segno vivo del mistero della Chiesa, forza irradiante che fa crescere in estensione e in profondità la comunione ecclesiale.

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Durante l’ultima cena Gesù ci ha donato il comandamento dell’amore: “Amatevi
gli uni gli altri come io vi ho amati”.
La vita fraterna in comunità è essenziale per le Monache Domenicane: esse mettono in comune i loro beni, gareggiano nello stimarsi a vicenda, sono a servizio le une delle altre.
La loro comunità si costruisce a partire dalla liturgia: esse celebrano insieme il Signore e innalzano a Lui la preghiera di lode, di ringraziamento e di intercessione.
La comunità domenicana è una scuola di amore dove si impara quotidianamente a crescere nella carità verso Dio e nell’amore vicendevole.

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In un Monastero domenicano la vita fraterna si rafforza e si approfondisce anche tramite regolari incontri comunitari.
L’adunanza delle Monache è chiamata “Capitolo”. Esso si riunisce, sotto la presidenza della Priora, per esaminare e decidere le cose più importanti, con il positivo contributo di tutte le Consorelle.
Compete al Capitolo eleggere la Priora del Monastero, ammettere una novizia alla Vestizione o alla Professione religiosa, esaminare e promuovere la fedeltà alla Regola e al Vangelo, coltivare un’intensa formazione permanente, decidere questioni relative all’amministrazione economica.

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La sapienza secolare dell’Ordine domenicano insegna che “quando tutte sono d’accordo nel compiere qualcosa di buono, lo si fa più presto e facilmente (LCM, 7)”.
In un clima di dialogo, di sincerità e fiducia reciproca, ognuna apporta il suo servizio al bene comune. Le anziane offrono la loro saggezza ed esperienza. Le giovani il loro entusiasmo. Insieme si cerca con umiltà di comprendere e attuare ciò che è gradito al Signore.

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La cella monastica non è solo un luogo di riposo ma, come chiostro nel chiostro, è la stanza chiusa dell’orazione segreta (Mt 6,6), è il luogo della studio e della “lectio divina”.
Lì le monache, ad esempio di S. Domenico, approfondiscono la Sacra Scrittura meditandola. Spesso, infatti, S. Domenico si ritirava in cella “per leggere o pregare, stando con sé stesso e con Dio. Sedeva quieto ed apriva un libro davanti a sé. Dopo essersi munito del segno di croce leggeva, e nella sua mente provava un senso di dolcezza come se udisse il Signore che parlava, come è scritto nel salmo: “ascolterò che cosa dice Dio, il Signore…”. E passava dalla lettura all’orazione, dall’orazione alla meditazione, dalla meditazione alla contemplazione. E mentre così solitario leggeva, venerava il libro, si inchinava su di esso ed anche lo baciava, soprattutto se era un codice dei Vangeli o se riportava le parole che Cristo aveva proferito dalla sua stessa bocca” (Anonimo del sec. XIII, I nove modi di pregare di S. Domenico).

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Un Monastero domenicano senza biblioteca è come una cucina senza pentole, come un fiume senza pesci, come un giardino senza fiori, come un borsellino senza denaro.
Le monache si applicano con assiduità alla lectio divina ed allo studio della verità sacra facendo proprie le esortazioni rivolte da S. Tommaso Aquino ad un giovane studente:
Mi hai chiesto in che modo ti convenga studiare per acquistare il tesoro della scienza. Eccoti il mio consiglio.
Non pretendere di avventurarti subito in mare aperto, ma cerca di arrivarvi attraverso i ruscelli perché bisogna passare dal facile al difficile. Ti esorto a frenare la lingua e a non frequentare il parlatorio oltre misura. Fa’ di mantenere sempre pura la coscienza; sii assiduo alla preghiera; ama il raccoglimento della tua camera, se desideri partecipare al convito della sapienza. Mostrati amabile con tutti; non ti immischiare nei fatti altrui. Non t’intromettere per nulla nei discorsi e nelle faccende mondane: soprattutto rifuggi dal bighellonare. Attieniti agli esempi dei santi e dei buoni. Conserva nella memoria tutto ciò che ascolti di buono, senza badare alla persona che ti parla. Cerca di capire ciò che leggi e ciò che senti; metti in chiaro i dubbi; e studia di riporre più cose che puoi nello scrigno della mente, come se cercassi di riempire un vaso. Non interessarti delle questioni che sono troppo alte per te.
Seguendo quest’indirizzo darai fronde e produrrai frutti utili nella vigna del Signore. E se farai così, raggiungerai la meta sospirata. Addio!

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Le monache domenicane amano molto la Madonna, cantano in suo onore e La pregano; dialogano con Lei. Gioiscono delle sue feste e si affidano alla sua protezione. Guardano a Lei come esempio di perfetta consacrazione a Dio e modello di totale donazione al Signore. Desiderano essere “tutte sue” e vogliono imitarla nella radicalità della loro vocazione.
Il Rosario occupa un posto importante nelle loro giornate. Con la monotonia delle gocce di pioggia primaverile che feconda la terra o dei piccoli fili d’erba che rinverdiscono i prati, le Ave Maria si susseguono con la perenne novità dell’amore.
Dalla Vergine di Nazareth le monache imparano a fare ogni cosa per Gesù, con Gesù e in Gesù.  Così anche il lavoro quotidiano, spesso semplice, umile e nascosto, acquista valore di servizio di amore ed esse vi impiegano liete l’abilità delle mani, le energie della mente e della volontà, i doni di natura e di grazia.

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Tutta la vita delle monache è ordinata a custodire il continuo ricordo di Dio.
Adempiuta la preghiera liturgica, la monaca non viene meno all’orazione, ma permane in un rapporto intimo e personale con il Dio vivente. L’intera sua esistenza è dono a Cristo Sposo ed espressione della sua consacrazione a Lui. Ogni atto, anche quello in apparenza più semplice e insignificante, acquista valore eucaristico e si trasforma in lode, in rendimento di grazie, in supplica e intercessione.
La claustrale ascolta e mette in pratica le esortazioni che l’Apostolo Paolo rivolge ad ogni cristiano: “Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1 Cor 10, 31). “Qualunque cosa facciate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che, come ricompensa, riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore” (Col 3, 23-24).

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L’amore di Gesù è senza esclusioni. Non vi è, non vi è stato e non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto (CCC 605).
Nei loro contatti con gli ospiti le monache testimoniano e ricordano l’amore infinito di Dio per ogni persona.

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Le Sorelle impegnate nelle relazioni esterne sanno di essere il volto della loro Comunità. Cordiali e premurose, riflettono ciò che l’intera Comunità si augura di poter comunicare: comprensione, stima, ascolto, testimonianza discreta resa all’assoluto di Dio, luce e gioia. Esse sono monache e claustrali, e sanno che la loro vera, prioritaria e fondamentale missione si realizza nel nascondimento, nella preghiera e nel dono della loro vita per la salvezza dei fratelli. Tuttavia, accolgono quanti desiderano attingere alla loro esperienza spirituale e sono assetati di una parola di fede e di speranza per la loro esistenza.

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L’unguento prezioso versato nella cena in casa di Simone, il fariseo, è il simbolo della vita contemplativa “sprecata” nella dedizione piena ed esclusiva a Dio, riconosciuto e adorato come l’unico Signore.
Qualcuno si chiede che senso e che valore possa avere nel nostro tempo la presenza di persone “rinchiuse” per sempre tra le mura di un monastero.
In effetti la vita monastica testimonia che, in mezzo alle vicende quotidiane, unico sostegno che mai vacilla è Dio, roccia incrollabile di fedeltà e di amore.
L’esistenza delle monache,interamente donata al servizio della lode divina, proclama il primato di Dio e diffonde nella Chiesa e nel mondo il “profumo” della Sua presenza.

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Un monastero contemplativo costituisce un dono per la Chiesa locale cui appartiene.
Ne rappresenta il volto orante ed è per tutti richiamo alla vocazione fondamentale alla preghiera, all’incontro e alla comunione con Dio.
I monasteri di vita contemplativa si offrono come “oasi” dove si può attingere meglio alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino.
Questi luoghi, apparentemente inutili, sono invece indispensabili, come i “polmoni” verdi di una città: fanno bene a tutti, anche a quanti non li frequentano e magari ne ignorano l’esistenza.
Chi si dona tutto a Dio diventa dono di Dio per tutti.

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