VENI, CREATOR SPIRITUS!

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TUTTI FURONO PIENI DI SPIRITO SANTO,

ALLELUIA, ALLELUIA!

E CANTAVANO LE MERAVIGLIE DI DIO,

ALLELUIA, ALLELUIA!

(dalla Liturgia delle Ore)

Carissimi, la festività odierna, celebrata in tutto il mondo, fu consacrata dalla venuta dello Spirito Santo, disceso, come avevano sperato, sugli Apostoli e sul popolo dei credenti cinquanta giorni dopo la Risurrezione dl Signore.

Era atteso perché il Signore Gesù lo aveva promesso, non come se dovesse incominciare allora per la prima volta a dimorare nei santi, ma per accendere di maggior fervore i cuori a lui consacrati e inondarli più copiosamente accrescendo i suoi doni; non incominciando perciò un’opera nuova per il fatto di essere più generoso nel donarsi.

La maestà dello Spirito Santo non è mai distinta dall’onnipotenza del Padre e del Figlio, e quel che il governo divino dispone nell’amministrazione di tutte le cose, proviene dalla provvidenza di tutta la Trinità. Unica è la clemenza della misericordia, unica la severità della giustizia; né vi è divisione di attività là dove non c’è differenza di volontà. Le cose che illumina il Padre, le illumina il Figlio, le illumina lo Spirito Santo; e poiché una è la Persona mandata, altra la Persona di colui che manda e altra quella di colui che promette, simultaneamente ci è manifestata l’Unità e la Trinità, per farci comprendere che l’essenza è uguale ma non è sola, e che identità di sostanza non significa identità di Persone. Che poi alcune azioni, salva sempre la cooperazione dell’inseparabile divinità, le operi il Padre, altre il Figlio e altre propriamente lo Spirito Santo, dipende dal piano della nostra redenzione, dal motivo della nostra salvezza. Se l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, fosse rimasto nella dignità donata alla sua natura, né, ingannato dall’insidia del diavolo e spinto dalla concupiscenza avesse deviato dalla legge impostagli, il Creatore del mondo non si sarebbe fatto creatura, l’Eterno non si sarebbe sottoposto alla temporaneità, né il Figlio di Dio uguale al Padre avrebbe assunto la condizione di servo «in una carne simile a quella del peccato» (Rm 8,3). Ma poiché «la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo» (Sap 2,24), e la nostra schiavitù non poteva essere annullata senza che egli prendesse in mano la nostra causa, diventando, senza nuocere alla sua maestà, vero uomo, il solo che non subisse la contaminazione del peccato, la misericordiosa Trinità si divise l’opera della nostra restaurazione, in modo che il Padre venisse propiziato, il Figlio propiziasse e lo Spirito Santo infiammasse.

Era necessario infatti che anche coloro che devono essere salvati facessero qualcosa in proprio favore, e che i cuori convertiti al Redentore si allontanassero dalla dominazione del nemico; perciò, come dice l’Apostolo: «Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal 4,6). E «dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà» (2 Cor 3, 17). Inoltre «nessuno può dire: Gesù è Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3).

Se dunque, guidati dalla grazia, conosciamo sapientemente per fede ciò che nella nostra redenzione è proprio del Padre, quanto è appropriato al Figlio o allo Spirito Santo, e quello che invece è loro comune, accogliamo senza il minimo dubbio quanto è stato compiuto per noi nell’umiliazione del corpo, senza attribuire nulla di indegno alla gloria dell’unica e identica Trinità. È vero, nessuna mente è capace di comprendere Dio, nessuna lingua di parlarne; quel poco tuttavia che l’umana intelligenza può afferrare sull’essenza della divinità del Padre, se non pensa l’identica cosa del suo Unigenito e dello Spirito Santo, non ha una conoscenza di fede, ma è offuscata dalla carne; e quel che gli sembrava di sentire convenientemente nei riguardi del Padre, in realtà lo perde, perché si fa estraneo a tutta la Trinità chi in essa non conserva l’unità. Non è veramente unica una realtà che sia diversificata da qualche disuguaglianza.

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa.

Immagine: Beato Angelico, Mac Pentecoste (particolare), Armadio degli argenti, Firenze, Museo di S. Marco.