SAN GIUSEPPE, PATRONO DELLA NOSTRA COMUNITA’

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A GIUSEPPE,

SERVO FEDELE E SAGGIO

IL SIGNORE

AFFIDÒ LA SUA FAMIGLIA.

(dalla Liturgia delle Ore)

    S. Giuseppe ci si presenta come un uomo silenzioso, povero, modesto, umile. Era giusto, questo l’unico attributo con cui lo indica il Vangelo: ma è sufficiente per darci il quadro sociale scelto da nostro Signore per Sé.

    Potremmo quindi ignorare questa figura, non soffermarci dinanzi ad essa? No, affatto: poiché non capiremmo, in tal caso, la dottrina insegnata dal Divino Maestro: la Buona Novella sin dalla prima sua forma caratteristica, quella d’essere annunciata ai poveri, agli umili, a quanti hanno bisogno di essere consolati e redenti. Perciò il Vangelo delle Beatitudini comincia con questo introduttore, chiamato Giuseppe. Ci troviamo di fronte a un quadro incantevole, e che ciascuno di noi, se fosse un artista, potrebbe ideare solo in maniera inadeguata. Ma ecco: proprio Gesù ci presenta questo suo introduttore, come suo custode e padre putativo, nelle forme le più umane, le meno solenni, quelle a tutti accessibili.

    C’è uno speciale aspetto che merita di essere osservato e compreso. Questa sommessa vita che si intreccia con quella del Cristo nascente e con quella beatissima della Vergine, ha qualche cosa di caratteristico, di molto bello, di mistero.

    Ricordiamo il brano di S. Matteo in cui per tre volte si parla di colloqui d’un Angelo con Giuseppe nel sonno. Che cosa vuol dire? Significa che Giuseppe era guidato, consigliato nell’intimo dal messaggero celeste. Aveva un dettato della volontà di Dio che si anteponeva alle sue azioni: e quindi il suo comportamento ordinario era mosso da un arcano dialogo che indicava il da farsi: Giuseppe non temere; fa questo; parti, ritorna!

    Che cosa allora scorgiamo nel nostro caro e modesto personaggio? Vediamo una stupenda docilità, una prontezza eccezionale d’obbedienza ed esecuzione. Egli non discute, non esita, non adduce diritti od aspirazioni. Lancia se stesso nell’ossequio alla parola a lui detta; sa che la sua vita si svolgerà come un dramma, che però si trasfigura ad un livello di purezza e di sublimità straordinarie: ben al di sopra d’ogni attesa o calcolo umano. Giuseppe accetta il suo compito, perché gli è stato detto: “Non temere di prendere Maria quale tua sposa, poiché quel che è nato in lei è opera dello Spirito Santo”. E Giuseppe obbedisce.

    Più tardi gli sarà ingiunto: occorre partire, giacché il neonato Salvatore è in pericolo. Ed egli affronta un lungo viaggio, attraversando deserti infuocati, senza mezzi e senza conoscenze, esule in paese straniero e pagano; sempre ligio e pronto alla voce del Signore che, in seguito, gli ordinerà di tornare.

    Appena rientrato a Nazareth, vi ricompone la vita consueta, di riservato artigiano. Suo è l’ufficio di “educare” il Messia al lavoro, alle esperienze della vita. Lo custodirà e avrà, nientemeno, la sublime prerogativa di essere lui a guidare, dirigere, assistere il Redentore del mondo. E Gesù obbediva a Giuseppe ed a Maria!

    La caratteristica adesione di S. Giuseppe alla volontà di Dio è l’esempio sul quale dobbiamo meditare.

    Intendiamo, quindi, anzitutto riflettere che i grandi disegni di Dio, le provvide imprese che il Signore propone ai destini umani possono coesistere, adagiarsi sopra le condizioni più comuni della vita. Nessuno è escluso dal compiere, e a perfezione, il divino beneplacito.

    Sappiamo che il fare coincidere la nostra volontà capricciosa, indocile, spesso errante, talvolta perfino ribelle; far coincidere questa piccola, ma pur sublime volontà e libertà con il volere di Dio, in una parola, il “fiat voluntas tua”, è il segreto della grande vita. È l’innestare se stessi sopra i pensieri del Signore ed entrare nei piani della sua onniveggenza e misericordia, ed anche della sua magnanimità.

    Nessuna vita è banale, meschina, trascurabile, dimenticata. Per il fatto stesso che respiriamo e ci muoviamo nel mondo, siamo dei predestinati a qualche cosa di grande: al Regno di Dio, ai suoi inviti, alla conversazione, alla convivenza e sublimazione con Lui, sino a diventare partecipi della natura divina.

(Dai “Discorsi” di S. Paolo VI, Papa)

Immagine: Beato Angelico, Fuga in Egitto, (particolare) San Giuseppe, Armadio degli Argenti, Firenze.