«Salire al Torrazzo può essere un’esperienza interiore»

La riflessione del Vescovo all'inaugurazione del Museo Verticale. Presenti anche don Gaiardi, l'architetto Bosio e il Soprintendente Barucca
image_pdfimage_print

E’ stato inaugurato nel pomeriggio di domenica 11 novembre il Museo Verticale del Torrazzo. Dopo la presentazione in un Battistero gremito, è stato il vescovo Antonio Napolioni ad aprire per la prima volta al pubblico la porta della Sala del Meccanismo, la prima delle tre nuove stanze allestite per il percorso del nuovo Museo che accompagna la salita verso la cima della torre campanaria della Cattedrale di Cremona.

«Non si può salire al Torrazzo per sentirsi padroni del mondo. Ma si sale al Torrazzo per scoprire quanto è bello essere piccoli». Così nella sua riflessione, durante la presentazione ufficiale in Battistero del nuovo Museo Verticale, monsignor Napolioni propone una chiave di lettura che va oltre la rappresentazione della torre campanaria come monumento iconico per la città e – da oggi – come percorso di conoscenza storica, artistica e scientifica. «La salita al Torrazzo – suggerisce il Vescovo – può essere un’esperienza interiore: dal tempo al cielo».

Ascolta qui l’intervento del Vescovo Napolioni

E se il Museo Verticale – presentato nella sua idea progettuale e nella sua struttura da don Gianluca Gaiardi, incaricato per i Beni artistici ed ecclesiali, e dall’architetto Fabio Bosio, e apprezzato dal Soprintendente Gabriele Barucca come «una gemma in più di questa bellissima città – offre ai cittadini e ai tanti visitatori una nuova occasione di scoperta del monumento che da secoli è al centro della vita sociale, civile e religiosa di Cremona, le tappe della salita «alla gran torre» (come recita il cartello all’ingresso, sotto la Bertazzola) generano una nuova opportunità per riappropriarsi dell’originario significato della torre del Duomo: «Segni, gesti, visioni, esperienza fisica, stanchezza… – evidenzia il vescovo Antonio – come la vita».

Guarda qui la photogallery

E così l’esperienza della salita può essere anche un’esperienza di riflessione: «Si può meditare sul tempo, sulla diginità della persona, sugli orizzonti che si aprono, sul senso della vita. E gustare quel silenzio per ringraziare e ritrovare la misura del proprio tempo, quella misura che oggi stiamo perdendo, ammalati come siamo del peccato di dismisura, di senso di onnipotenza».

Così salire i 502 scalini del Torrazzo, fermandosi ad ammirare il meccanismi perfetti con cui scienziati e artigiani hanno misurato nei secoli il tempo, gettando uno sguardo che abbraccia la città e la pianura circostante, può davvero diventare qualcosa di più di una visita di conoscenza: un’esperienza. «Perché non pensare – aggiunge il vescovo – ad un’altra brochure con quattro o cinque tappe di meditazione per sostare durante la salita? Magari color oro…». Per tornare a terra, poi, un po’ più ricchi.

Ascolta qui l’intervento del Soprintendente Gabriele Barucca